Capitolo 4: Stelle come regalo

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"Era la cosa più bella e pulita che avessi mai provato nella mia vita. Sai cosa significa trovarti davanti ad una persona e renderti conto che da quel momento in poi nessun'altra potrà più contare allo stesso modo per te?"

(Giorgio Falleti)





Berlino, 1940

Ore 9:30.

Il rumore di una saracinesca, fece svegliare Ariela. Sospirò e volse il suo sguardo verso destra. Natan era steso accanto a lei, con gli occhi chiusi e i capelli neri arruffati. Sorrise osservando il suo amico ancora occupato a vivere i sogni.

Gli lasciò un dolce bacio sulla fronte e scese pian piano dal letto cercando di non fare troppo rumore. Si lavò con l'acqua che trovò nella bacinella e afferrò una mela per poi addentarla.

Si recò nella stanza accanto e si sedette sulla sedia, per poi accendere la radio.

"Hitler continua ad ordinare il rastrellamento degli ebrei, stranieri, zingari ed omosessuali. Ieri ne sono stati arrestati più di 300 tra bambini, anziani ed adulti,, tutti mandati nel campo di lavoro. Inoltre, la Germania è entrata in guerra con l'America e il nostro Paese è in svantaggio, ma Hitler non demorde: dobbiamo vincere!"

Ariela spense la radio. Come poteva un uomo pensare di uccidere un suo simile? Una persona come lui, ma con religione diversa? Perché tutta questa malvagità? Perché loro erano costretti a vivere in un nascondiglio per non farsi trovare? Per non farsi arrestare e farsi uccidere da un uomo così egoista e approfittatore del proprio potere?

"Ari"

La voce di Natan fece sobbalzare la ragazza in sovrappensiero.

"Che è successo alla tua mano?" chiese il ragazzo avvicinandosi.

Solo in quel momento Ariela si accorse di avere entrambe le mani chiuse a pugno: nella destra le unghie erano affondate nella mela, che stava cacciando succo; mentre la mano sinistra era più preoccupante, in quanto le unghie erano affondate nella carne causandone il sanguinamento.

Natan corse in stanza per prendere delle bende e medicare la mano dell'amica.

"Sei impazzita? Non lo fare più!"

Ariela non spiccicò parola, ma si limitò solo ad annuire e osservare il suo amico, concentrato prima a pulire la mano e la ferita e poi fasciare l'arto.

"Che diceva la radio?" chiese Natan.

"Ieri sono stati arrestati più di 300 persone e la Germani è entrata in guerra con l'America." Rispose Ariela.

"Natan, io non ce la faccio più! Voglio scappare, andare via da qui! Sono solo due anni che stiamo qui dentro e non faccio altro che desiderare di vedere la luce del sole il mattino, il tramonto nel pomeriggio e le stelle di notte! Questo nascondiglio è peggio del carcere! E oggi è il mio compleanno, ma tutti questi desideri non si realizzeranno mai!"








A pranzo ci fu una festicciola per il compleanno di Ariela, con Natan, e i rispettivi genitori. L'unico regalo che ricevette fu una armonica, ma non una qualunque, ma quella del nonno. Sopra era stata incisa la frase:

Per Ariela,

con affetto,

papà

"Ti insegnerò il motivetto che suonavo quando tu eri nella pancia della mamma e che poi è diventata la tua ninna nanna quando eri piccola." Alex abbracciò la figlia.

Si sedettero sul divano e cominciarono a suonare. Fortunatamente il negozio era ancora aperto e, tra il coas dei clienti, poterono cominciare la loro piccola lezioncina.

Spesso suonavano anche di notte, quando tutti dormivano e per le strade c'era il caos delle macchine, della musica dei locali o delle urla degli ubriachi che cercavano di tornare a casa.

Ma una notte accadde qualcosa di particolare.

Ariela era sotto le coperte, quando fu svegliata da Natan.

"Che vuoi? Lasciami dormire." La rossa si lamentò dando le spalle all'amico, che le sfilò le coperte da dosso.

"Muoviti!" Natan la incitò ad alzarsi e Ariela, controvoglia, sbuffò a si alzò dal letto.

Natan la prese per mano e la condusse verso la porta del nascondiglio aprendola pian piano cercando di fare meno rumore possibile.

"Natan?" Ariela guardò l'amico che uscì dalla porticina e scivolò fuori.

"Dai vieni!" il ragazzo dagli occhi di ghiaccio le tese la mano, per invitarla ad uscire e seguirlo.

"Non possiamo!" sussurrò la ragazza. In fondo aveva paura che i proprietari potessero ritornare al negozio. Qualche volta il padre lo faceva, specialmente quando aveva molto lavoro da fare.

"Dai, saranno solo pochi minuti!" Natan la convinse.

Si presero per mano e scesero le scale per poi trovarsi nel retro del negozio. Ariela si staccò da Natan per toccare la macchinetta che il padre utilizzava per aggiustare gli strumenti rotti. Sorrise immaginando Alex da giovane, prima della sua nascita: seduto davanti alla macchina, mentre sistemava una chitarra e la madre, con il pancione, che gli portava una tazza di the per farlo riposare un po'. Poi lei si sedeva accanto e parlavano del nome da dare alla figlia, di cosa cucinare per cena, fin quando venivano distratti da un cliente e la mamma era costretta ad andare e il padre a riprendere il lavoro.

"Ariela!" Natan la distrasse, chiamandola e invitandola ad avvicinarsi: la ragazza si distrasse dai suoi pensieri e si avvicinò all'amico. Il ragazzo dagli occhi color ghiaccio fece mettere l'amica davanti a sé e l'abbracciò da dietro.

"Guarda" Natan sussurrò all'orecchio di lei, per poi spostare leggermente la tendina del negozio, quel poco per permettere di osservare il cielo: un velo completamente nero con sfumature blu illuminate dalle stelle, piccoli puntini bianchi e molto lucenti.

Ariela si emozionò: da tempo non osservava un cielo così bello. Un tempo che sembravano secoli.

Ariela si voltò e sorrise a Natan sorridendogli e abbracciandolo. Il cuore di Natan cominciò a battere forte, e quello di Ariela prese lo stesso ritmo, non appena le sue labbra furono toccate da quelle di Natan. Nessuno dei due si staccò: provavano emozioni l'uno nei confronti dell'altro e un affetto ed amore supernaturale.

Ma furono costretti a staccarsi non appena sentirono il rombo del motore di una motoretta.

Dopo essersi staccato (eppur controvoglia) dalle labbra di Ariela, Natan la prese per mano e corsero verso il nascondiglio. Fecero in tempo ad arrivare, per poi chiudersi tutto alle spalle. Ariela si appoggiò alla porta per poi scivolare pian piano per terra e respirare profondamente. Ormai era da tanto che non faceva una bella corsa.

Natan, ancora in piedi, aiutò l'amica ad alzarsi e si recarono in camera da letto, dove si infilarono subito sotto le coperte per poi abbracciarsi.

"Natan" Ariela alzò lo sguardo verso il ragazzo dagli occhi chiari, attraverso i quali si rifletteva la luce della luna "Grazie" affermò lei, per poi ricevere un dolce bacio sulla testa e rannicchiarsi sul petto dell'amico.





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Mi scuso per il capitolo corto, ma vi giuro che i capitoli successivi sono più lunghi.

Anyway, vi sta piacendo la storia? ci ho messo davvero la passione per scriverlo <3

bene, ora ritorno ai miei libri :(

ci vediamo la prossima settimana con un nuovo e avvincente capitolo! <3


-A <3

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