EPILOGO (2): Abbi cura di lei.

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IL (2), è PER INDICARE CHE HA UN LEGAME SOLO ED ESCLUSIVAMENTE CON IL CAP 9 (2)!!

BUONA LETTURA! <3

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20 dicembre 1955, America



"Mamma, Alexander non vuole darmi i colori!" la piccola Chana si stava lamentando.

"Alex, da' i colori a tua sorella!" Chana sgridò il bambino, mentre aveva in braccio il figlio più piccolo, Natan.

Ariela portò il piccolo Natan in camera da letto, dove lo posò nella sua culla. Lo coprì e gli accarezzò le guanciotte rosse per il freddo. Il pargoletto aveva appena due mesi e nacque esattamente il 14 ottobre di quell'anno, data che ricordava la scomparsa di Natan, il suo amico d'infanzia. Inoltre, gli occhi del bambino ricordavano molto Natan: occhi azzurri come il mare, ereditati dal padre, capelli rosi e ricci ereditati dalla madre.

Ritornò in soggiorno, dove si sedette sul divano e osservò i figli: Chana era la più grande e aveva cinque anni; era una bambina molto sveglia, attenta e ribelle, come la madre; aveva lunghi capelli ricci e rossi, occhi verdi e naso piccolino, proprio come la boccuccia. Alexander, invece, era la fotocopia del padre di Ariela: capelli lisci e castano scuro, occhi verde smeraldo e bocca sottile e piccola; era il secondogenito e aveva appena tre anni. Lui, invece, era il più timido e il più tranquillo, non si lamentava mai ed era obbediente.

"Famiglia, sono a casa!" Joseph entrò in casa nella sua divisa da militare e con un borsone sulle spalle. I bambini lasciarono i colori sul tavolo, per poi correre dal padre che li prese in braccio e li fece fare un giravolta.

"Ciao, amore" Ariela lo salutò con un bacio e un lungo abbraccio.

"Bleah, si sono baciati!" commentò il maschietto.

"Invece sono molto teneri! Si vede che sei maschio, non sei romantico!" rispose Chana.

"Dai, andiamo ad apparecchiare, che la cena è pronta!" affermò Ariela incitando i figli che corsero in cucina.

Joseph afferrò il polso di sua moglie, per poi tirarla verso di sé.

"Mi sei mancata" le sussurrò all'orecchio abbracciandola.

"Anche tu, mio soldato" Ariela ricambiò l'abbraccio del marito e lo baciò.








Ariela si sedette sul divano con i figli: Chana e Alex erano seduti per terra mentre giocavano con bambole di stoffa, Natan era tra le braccia della madre.

Joseph lasciò un bacio sulla testolina del neonato, attirando l'attenzione della moglie.

"Dove vai?" chiese Ariela, non appena notò il marito vestito e pronto per uscire.

"Devo incontrare un mio amico soldato. Non trovo più la giacca della mia divisa, quindi penso ce l'abbia lui nel suo borsone. L'avrà presa per sbaglio." Si giustificò Joseph.

"Va bene, ma torna subito" Ariela gli lasciò un bacio sulla guancia e lasciò andare il marito.

Non appena uscì di casa, Joseph imboccò la strada principale che lo avrebbe condotto alla piazza della città.

Come un gigante telo, il buio abbracciava la città, accompagnata dal silenzio della notte e dal sonno dei cittadini. La luce fioca dei lampioni illuminava i passi di Joseph, il quale si stringeva sempre più nel suo pesante capotto. Il rumore dei suoi passi rimbombava nelle piccole strade, segnando il suo percorso.

Arrivò nella grande ed ampia piazza sradicata in quattro strade; il centro era segnato da una alta statua rappresentante un monumento in marmo bianco in onore delle vittime della seconda guerra mondiale: la base quadrata presentava, su una facciata, una lastra in metallo con sopra incisa la frase "In onore delle vittime delle atrocità Hitleriane"; sulla base fu unita una piccola scultura in bronzo che rappresentava la guerra, soldati stesi per terra defunti e figure femminili che piangevano la loro morte, soldati che portavano sulle spalle i propri colleghi o persone dal fisico scheletrico; dal centro di questa scena, si ergeva una colonna altissima di marmo bianco con sopra incisi tutti i nomi delle vittime del razzismo di Hitler, vittime dell'odio del loro stesso simile.

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