2. Strange

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Mio fratello Edoardo non aveva mai capito niente.

Non si accorgeva delle cose che succedevano intorno a lui, nemmeno se gli capitavano sotto il naso. O forse le capiva e faceva finta di non volerle vedere.

Edo ed io siamo sempre stati l'opposto. Io tra i due sono sempre stato il più debole, quello che si faceva sempre male quando giocavamo, quello che si ammalava con più frequenza. Lui no invece, lui era sempre stato forte, non c'era nulla che potesse spaventarlo.

Mentre io crescevo gracilino, con i miei pantaloncini grigi che si tenevano su a mala pena, lui invece già a tredici anni sembrava un sedicenne, dal fisico ben formato e asciutto. E così le ragazze più grandi gli andavano dietro, a loro piaceva il suo modo di fare da "duro". Che poi si sa che le femmine preferiscono gli stronzi proprio come Edo. Io alle ragazze non mi ero mai interessato, non ci avevo mai pensato a dir la verità.

«Leo hai visto che culo che ha quella?» mi disse una volta Edo.

«Che me ne frega a me?» gli risposi tornando a leggere il libro che avevo tra le mani.

Si voltò a guardarmi stupito «Leo tu sei strano»

«Strano?»

«Si, hai qualcosa che non va»

«Che intendi con qualcosa che non va?»

«Cazzo ne so, Leo. Adesso non rompere con 'sta storia e torna a leggere, non c'ho voglia di litigare»

Ma io non avevo nessuna intenzione di litigare. Non ci fu più una conversazione di questo tipo ed Edo da quel giorno non commentò più nessuna ragazza davanti a me. Quel giorno me ne andai via con una sensazione strana tra la gola e la pancia che non mi lasciava in pace.

*

Quando nel nostro palazzo si trasferiva una nuova famiglia, tutti lo sapevano ancor prima che succedesse. Era da un po' di giorni che girava questa voce tra i condomini, ma io mi ero limitato ad ascoltare qualcosa di sfuggita.

«Dicono che siano padre e figlio» dice mia madre a mio padre «probabilmente staranno al piano sopra al nostro»

«Ci voleva qualche viso nuovo finalmente» commenta mio padre sfogliando il quotidiano.

«Leo so che il ragazzo ha la tua età, perché non provi a fare amicizia con lui?»

«Mà, gli amici che ho vanno più che bene» le rispondo seccato inzuppando un biscotto nel latte.

«Ma non ti farebbe male conoscere nuove persone»

«Mamma stai parlando con un asociale» si intromette Edo.

«Zitto broncio rompi palle» gli rispondo a tono. Edo mi guarda storto come se volesse ammazzarmi ed io ricambio lo sguardo assottigliando gli occhi in due fessure.

«Me ne vado che è tardi» sbuffo alzandomi e lasciando la colazione a metà.

Il liceo Virgilio dista più o meno quindici minuti da casa mia a piedi e meno di dieci con la macchina. Io quella mattina ce ne impiegai quasi venticinque perché avevo deciso di soffermarmi a guardare tutte le cose che magari non avevo mai notato nella strada che percorrevo ogni giorno. Come i graffiti sulle mura sotto casa mia, sui quali non mi ero mai soffermato, o il cane della signora Bonetti che nonostante gli passassero migliaia di persone davanti abbagliava ad ognuna di loro o le scritte incise su una panchina della piazza, che avevamo lasciato io Lore e Bea quando avevamo quattordici anni. "Bea+ Leo+ Lore: Amici per sempre" aveva scritto Bea con un pennarello rosso mentre io e Lore accanto avevamo scritto "Juve merda".

La misura di tutte le cose - Vol. IWhere stories live. Discover now