2) THORIN SCUDODIQUERCIA _ Non é un mio problema

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La scuola era ricominciata da quasi tre mesi, e già non ne potevi più. Ti avevano già sobbarcata di compiti e cose da studiare, perché erano oramai gli sgoccioli del trimestre, e poi ci sarebbero stati gli scrutini. Non eri molto preoccupata, infondo andavi bene in quasi tutte le materie,  e nelle altre eri nella media.

Essendo dicembre, le temperature erano bassissime, di notte calavano ancora più giù, fino ad arrivare sotto zero. Stavi camminando per andare a scuola, e mentre ti stringevi nel tuo piumino, rimpiangevi di non esserti assaporata di più la calura estiva, quando potevi. Ma è sempre così, no? Desideriamo le cose quando non le possiamo avere, al momento sbagliato.

Eri talmente distratta dai tuoi pensieri, che avevi sorpassato la fermata dell'autobus. Scuotendo la testa per liberarla dai pensieri, tornasti sui tuoi passi, e ti fermasti affianco al palo grigio e che aveva tutta l'aria di essere freddo come il ghiaccio, quindi per quanto tu fossi stanca e desiderassi solamente appoggiarti a qualcosa, decidesti che quello non sarebbe stata la scelta migliore.

Eh no, ancora un po' e divento un polaretto...

L'autobus arrivò dopo pochi minuti e ti portò a scuola, dove passasti la mattinata intera e parte del pomeriggio, come ogni giorno.

Stavi tornando a casa, rallegrandoti, per quel poco, che le temperature si fossero alzate leggermente, permettendoti di sentire ancora le dita dei piedi e delle mani... Che bella sensazione... Mi erano mancate le mie dita... pensasti ironicamente.

Mentre camminavi, guardavi l'asfalto che scorreva sotto i tuoi piedi, era strano, ma era una tua abitudine, sin da quando eri piccola, e che ti aveva procurato non pochi incidenti.

Poi, di punto in bianco, parve che la luce del sole crescesse sempre più di intensità. Tu ti guardasti attorno, per cercare di capirne la ragione. Ma questa luce diventava sempre più prorompente, finché fosti costretta a coprirti gli occhi con le mani.

Beh, le alternative sono poche: o sono morta arsa viva dal sole che finalmente ha fatto avveare, con un po' di ritardo, le previsioni dei Maya, oppure sono svenuta qualche metro fa, e la luce accecante è stata solo un'illusione, pensasti.

Ma nessuna delle tue opzioni si rivelò azzeccata.

Quando provasti a scoprirti gli occhi, notasti con piacere che la luce se n'era andata, o almeno non picchiava più così violentemente sulle tue palpebre chiuse.

Decidesti di azzardarti ad aprire gli occhi. Quello che ti si presentò davanti, non l'avresti mai immaginato; andava aldilà di ogni tua aspettativa.

Altro che arsa viva dal sole... sono finita in paradiso!

Davanti a te si stagliava un'enorme prato verde, circondato da alberi. Chissà come, quasi per magia, da in mezzo alla strada eri stata catapultata in una raduramagnifica.

Terza opzione: una macchina mi ha investita e sono morta, e questo è il paradiso.

Ti guardasti intorno, sembrava che tu fossi comparsa al centro esatto di quella radura. Guardasti ai tuoi piedi, per essere sicura di non essere caduta in una buca, come Alice, ed eri più che sicura di non aver assunto sostanze allucinogene. Quindi, come si spiegava tutto quello?

Pensasti che, qualunque cosa fosse accaduta, o doveva accadere, tu non avevi alcun potere di fermarla, quindi tanto valeva adattarsi alla situazione.

Andasti verso il bosco, e ti inoltrasti in mezzo agli alberi, decisa a fare un giro, o magari a trovare un essere vivente, preferibilmente parlante, che ti potesse aiutare.

Dopo poco però, sentisti delle voci, voci profonde e gravi che ridevano e parlottavano, e una voce leggermente più soffice, meno cavernosa.

Sembrava che parlassero la tua lingua. Ovviamente, che sciocca. Al massimo possono parlare inglese, e non avrei comunque problemi. E poi non posso essere andata così lontano da non trovare gente che parla italiano. Ogni tanto però sentivi parole che non riuscivi a comprendere, quindi decidesti di avvicinarti.

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