10) INDEFINITO _ Loss - Perdita

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A.N.

In questo capitolo il personaggio maschile non è definito, per cui potete immaginare liberamente voi chi sia. Fatemi sapere se vi piace questo genere.

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"Sapevo che quel giorno sarebbe arrivato, già da qualche mese, quindi si supponeva avessi avuto tutto il tempo per prepararmi emotivamente. Eppure, quella mattina, quando aprii gli occhi, non ero ancora pronta.

Quel giorno avrei dovuto dare un amaro saluto alla persona che amavo di più al mondo. Quel giorno il mio uomo sarebbe partito, partito per andare in guerra.

Andava in guerra per il suo paese e per le persone che amava.

Già m'immaginavo accoccolata sul divano, con le sue maglie indosso, una tazza di thé in mano, e la televisione perennemente accesa sul canale delle notizie, il telefono sempre carico, in attesa di una sua chiamata.

Quella notte avevamo fatto l'amore come non l'avevamo mai fatto, avevo già potuto percepire quel senso di malinconica nostalgia che caratterizza un addio.

Ci preparammo con molta calma, sfiorandoci ad ogni movimento: non eravamo pronti a lasciarci andare, a perderci.

Lo accompagnai in stazione, sarebbe partito da lì.

Sono sicura che anche lui, come me, durante quel viaggio in macchina, non poteva cacciare dalla mente tutti i nostri momenti.

Entrammo in stazione mano nella mano, solo per vedere quelle che parevano un infinità di copie di noi due. Altri ragazzi, altri uomini, sarebbero partiti quel giorno, e salutavano le loro famiglie con la consapevolezza che forse non le avrebbero riviste mai più. Si stringevano tutti in abbracci di famiglia, le coppie si baciavano ardentemente, come se già fosse l'ultima volta, e ovunque scorrevano lacrime.

Ma non riuscivo a pensare a tutti gli altri, tutto quello che vedevo era il mio eroe, che stava andando a combattere, a morire forse, perché altri potessero vivere al sicuro.

Ci salutammo, riluttanti a lasciarci andare e con la promessa di rivederci di lì a qualche mese, ma quando il treno partì e lui sporse la testa fuori dal finestrino e mi sorrise, non so come feci, ma seppi con assoluta certezza che non sarebbe stato così, che non avrei mai più rivisto quel bellissimo sorriso e quegli occhi di cui mi ero follemente innamorata. Gli corsi incontro, anelante ad un ultimo contatto, quasi per fugare ogni dubbio sul fatto che sarebbe tornato da me. Lui si sporse ancora di più fuori dal finestrino, tendendomi le mani, e sul suo viso vidi le stesse lacrime che solcavano il mio. Non riuscii a raggiungerlo: il treno che lo portava via da me era stato più veloce.

Per i primi tre mesi mi scrisse quasi ogni settimana, mi conosceva più di chiunque altro al mondo e sapeva che, per poter superare quei momenti, avevo bisogno di qualcosa di materiale, di tangibile, che mi arrivasse direttamente da lui.

Poi, di punto in bianco, più nulla.

Nell'ultima lettera mi aveva chiesto di sposarlo, dicendomi che quando fosse tornato mi avrebbe comprato un anello e avrebbe fatto le cose per bene. Non lo fece mai. Il mio eroe.

Morì per salvare un suo compagno, durante un'imboscata.

Non tornò mai più a casa, non mi chiese mai di sposarlo. Pensavo che non avremmo mai avuto una famiglia. Al suo funerale, mi diedero una spilla. Era morto con onore, dicevano. Ma io non l'avrei mai più potuto avere, non avrei mai più potuto essere completa."

Guardo mia figlia, davanti a me. Oramai le ha quasi vent'anni e sta per partire per l'università.

Per tutta la vita le è mancata la figura paterna, perché io non ho mai voluto tradire il mio unico amore, ma ora è giusto che sappia la verità. È giusto che sappia chi è suo padre e che non l'ha semplicemente abbandonata.

Riposiziono le lettere e le fotografie nella scatolina di legno con le sue iniziali, e la chiudo.

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