LE COSE BELLE FANNO MALE

237 12 3
                                    

Ci sono due tragedie nella vita. Una è perdere ciò che è il più caro desiderio del nostro cuore; l'altra è ottenerlo.
- George Bernard Shaw


"Perché io non vado mai bene?" fu l'ultimo pensiero di Nico prima di addormentarsi.

Gli stava sorridendo, non uno di quei sorrisi di circostanza ma uno di quei sorrisi bellissimi, che ti fa sorridere a sua volta.
Un senso di felicità lo investi in risposta e gli venne naturale sorridere a sua volta.
Carezze.
Quelle che sentiva ora erano carezze e Dio se le adorava...
Le amava! Non poteva farne a meno..
Non seppe come ma la scena si spostò improvvisamente in un letto matrimoniale troppo grande per due persone.
Nico non ricordava di essere mai stato in un posto come quello, ma non restò a pensarci più di tanto.
A interromperlo dai suoi pensieri fu un bacio.
Un bacio sul collo, seguito da tanti altri fin sotto il suo orecchio, il suo punto debole.
E li il ragazzo sopra di lui iniziò a succhiare.
E fu la sua rovina.
I gemiti gli uscivano senza rendersene conto.
A quel bacio si erano giunti lingua e denti e lui proprio non poteva resistere.
All' improvviso aprì gli occhi e quello che vide lo lascio senza parole.
Degli occhi verde-azzurro, come il colore del mare dopo la tempesta.
Era incantato.
Non riusciva a distogliere lo sguardo.
Un movimento attirò però la sua attenzione.
Un altro sorriso, questa volta accattivante e... sexy!
Dio Nico non ce la faceva più.
Prese l'iniziativa e lo baciò e, cazzo, pure le labbra erano fantastiche.
Sembrava necessitasse di queste, come se non potesse vivere senza, non poteva proprio smettere.

"Nico" Gli sussurrò a fior di labbra.
"Devi svegliarti" aggiunse poi.
"Come?" Chiese allora lui confuso.

Aprì gli occhi e, con amarezza capì che quello era stato solo un sogno.

Aveva appena fatto un sogno su Percy?
Dopo quello che era successo?

Le sue guance erano ancora bagnate, probabilmente durante la notte aveva continuato a piangere senza rendersene conto.
Nico non si seppe spiegare cosa gli stava accadendo da quando aveva conosciuto quel ragazzo.
Il suo corpo e la sua mente reagivano in modo strano.
Si stava spaventando, non si riconosceva più.

"Nico!" lo chiamò una voce che riconobbe essere quella di sua madre.
"C-cosa?" rispose uscendo dai suoi pensieri.
"Tra poco usciamo e andiamo a pranzare fuori, preparati!" lo informò per poi uscire dalla sua stanza.
Nico semplicemente sbuffò, tanto lamentarsi era inutile.

Era veramente l'ultima cosa che voleva in quel momento.
Preferiva rimanere a letto a poltrire e, magari guardarsi una serie tv, dato il suo umore.
Ma nonostante ciò si alzò e inizio a prepararsi.
Prese i vestiti e andò a farsi una doccia calda.
Mille goccioline scivolavano sul suo corpo facendolo sentire rilassato.
Finita la doccia, si avvolse in un asciugamano e poi si asciugò.
Dopodiché si vestii con un paio di jeans chiari strappati e una felpa blu.
Appena finì di prepararsi scese al piano di sotto dove i genitori lo stavano aspettando.
"Giorno" disse Nico salutando al padre.
"Buongiorno" rispose il padre guardando l'ora.
"Eccomi, sono pronta" disse sua sorella con voce roca scendendo le scale.
"Non siate troppo felici che poi mi contagiate!" scherzò il padre.
In risposta Nico alzò gli occhi al cielo e Bianca mugugnò.
In seguito salirono in macchina del padre che li portò da "Le Bernardin".

Il cameriere all'entrata li scortò a un tavolo per quattro per poi lasciare loro i rispettivi menù.

Nico decise di prendere salmone scozzese affumicato e da bere una coca. 
Appena tutti ebbero deciso, il padre chiamò il cameriere che prese i loro ordini e poi se ne andò.

"Allora ragazzi, vi siete abituati a New York?" domandò la madre sorridente.
"Assolutamente" disse Bianca vedendo anche il fratello annuire.
"Scuola e Università come stanno andando invece? Mi devo preoccupare?" chiese Ade.
"Puoi stare tranquillo, sai bene che i tuoi figli sono due grandi studiosi" ribadì la figlia vantandosi.
"Oh certo - disse con tono ironico - Nico, sei più silenzioso del solito" gli fece notare.

Quella frase era solo una constatazione ma Nico sapeva che aveva capito che era successo qualcosa.
Suo padre, strano ma vero, riusciva sempre a capire se c'era qualcosa che non andava.
Questo valeva anche per Bianca.
A causa del lavoro era poco presente ma, per i figli si dava sempre da fare e, anche se non sembrava, si preoccupava sempre per loro.

"La mamma ha detto che ieri siete andati ad una festa, insieme" aggiunge sempre il padre dato il silenzio.
"Oh sì" rispose bianca entusiasta.
"Non me lo ricordare" rispose invece Nico causando la risata della madre.
A quella risposta suo padre ghignò.
"Sai, quando tua madre mi ha informato che ci saresti andato anche tu non ci credevo" ammise.
"Dovevi vedere la mia faccia quando mi ha chiesto di accompagnare lui e il suo amico" aggiunse Bianca.
"Amico?" domandò incuriosito l'uomo.
"Un biondino veramente carino, si chiama Will" chiarì Bianca.
"Mmh" Il padre fece per aggiungere qualcosa ma venne interrotto dal cameriere che aveva portato loro il pranzo.
"A proposito, qualche ragazzo in avvistamento?" chiese poco dopo che avevano iniziato a mangiare.
A quella domanda a Nico andò di traverso il pezzo di salmone appena messo in bocca.

'Perché ha detto solo ragazzo?' - pensò Nico – 'Non può aver capito'.
La sua testa in quel momento era così piena di pensieri che non si era accorto dei colpetti alla schiena che gli stava dando la madre, per cercare di destarlo dai suoi pensieri.
Riuscì finalmente a ingoiare quel maledetto pezzettino e bevve un sorso della sua coca cola.

"Allora?" chiese il padre insistente.
"No papà e, lo sai che, ora come ora, è l'ultimo dei miei pensieri trovare un ragazzo" rispose Bianca.
"Capisco" – "E tu Nico?" aggiunse il padre rivolgendo lo sguardo al figlio.
"C-cosa?" chiese il più piccolo con timore.
"Qualche futuro possibile ragazzo?" domandò una seconda volta Ade.
"Oh dai, come lo hai capito?" sbottò allora la sorella.
"È mio figlio" rispose come se le avesse fatto la domanda più stupida del mondo.
"Tesoro non c'è niente che potete nasconderci, vi conosciamo troppo bene" aggiunse la madre.
"E-e t-ti va bene?" chiese Nico balbettando insicuro.
"Sarò sincero. All'inizio non lo ero per niente, ma poi ho capito che l'importante è la tua felicità" aggiunse.

Nico non poteva credere a quello che aveva appena sentito.
Suo padre e tutta la sua famiglia, accettavano il suo orientamento sessuale.
Senza accorgersene sul suo viso era spuntato un sorriso, uno di quelli rari, che difficilmente faceva vedere.
Era felice.
Perché la felicità è avere persone intorno che ti vogliono bene e che ti sostengano.
E lui le aveva.
Solo allora si accorse di non essere mai stato solo come aveva sempre pensato.

"Quindi?" domandò ancora il padre in attesa di una risposta.

Ma la felicità è un emozione che non dura mai a lungo.
I ricordi della sera prima riaffiorarono subito.

'Non voglio tu ti illuda in un.. qualcosa.. tra noi due'.
'A me non sono mai interessati i ragazzi e tutt'ora non mi interessano'.

"No, nessun ragazzo" disse in risposta il corvino con tono triste.
"Beh in fondo sei ancora giovane" concluse Ade.

Ore 15.30

I genitori decisero di fare una passeggiata per New York ma Nico e la sorella ebbero altri 'piani'.
Lei decise di prendere un pullman con l'unico scopo di tornare a casa e recuperare il sonno perso.
Nico, invece, aveva bisogno solo di una cosa in quel momento.
Un libro.
E non gli ci volle molto per raggiungere la biblioteca, la strada ormai la sapeva a memoria.

Diversamente dal solito non ci mise tanto a trovare qualcosa che lo incuriosisse, per modo di dire.
Il cavaliere d'inverno.

<< Leningrado, 1941. In una tranquilla sera d'estate Tatiana e Dasha, sorelle ma soprattutto grandi amiche, si stanno confidando i segreti del cuore, quando alla radio il generale Molotov annuncia che la Germania ha invaso la Russia. Uscita per fare scorta di cibo, Tatiana incontra Alexander, un giovane ufficiale dell'Armata Rossa che parla russo con un lieve accento. Tra loro scatta subito un'attrazione reciproca e irresistibile. Ma è un amore impossibile, che potrebbe distruggerli entrambi. Mentre un implacabile inverno e l'assedio nazista stringono la città in una morsa, riducendola allo stremo, Tatiana e Alexander trarranno la forza per affrontare mille avversità e sacrifici proprio dal legame segreto che li unisce.>>


Non potè negare a sé stesso il motivo della scelta di quel libro.
Solo ieri aveva capito che tutte quelle strane sensazioni che Percy gli faceva sentire, erano dettate da un'attrazione che inconsciamente provava nei suoi confronti.
Semplicemente si ritrovava nei due protagonisti.
'Un amore impossibile è vero, però almeno loro ci hanno provato' fu il pensiero di Nico, mentre leggeva il retro del libro.

'A quanto pare l'amore di un uomo nei confronti di un altro uomo non è ancora stato accettato da tutti.'

Perso nei suoi pensieri non si accorse di essere già uscito dalla biblioteca.
Così decise di dirigersi al parco lì vicino e iniziare a leggere.

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Il parco distava solo dieci minuti a piedi quindi ci mise poco per arrivare.

Si andò a sedere su una panchina che sembrava essere rimasta l'unica libera.
Vista l'ora, era pieno di genitori che avevano accompagnato i propri figli per farli giocare.
In un primo momento chiuse gli occhi e si rilassò; il sole sembrava essere emerso dalle nuvole e un leggero venticello autunnale si era alzato nell'aria.

Dopo aver preso un bel respiro riaprì gli occhi e sobbalzò nel vedere un viso a due centimetri dal suo.

"Ma sei impazzito?!"
"Scusa, ma dovevo farlo" – "Non sono riuscito a trattenermi" ridacchiò Jason.
A quella risposta Nico lo guardò male.

'Ma tutta questa confidenza?' pensò Nico quasi infastidito.

"Ti ricordi di me?" gli chiese in seguito Jason.
"Come potrei dimenticare l'amico dell'idiota che mi ha colpito con il pallone da basket?" ribattè Nico causando la risata dell'altro.
"Posso sedermi con te? Le altre panchine sono occupate" fece notare il più grande.
"Ormai sei qui" rispose con noncuranza.
"Grazie" rispose Jason sedendosi e aprendo un libro che solo in quel momento Nico si era accorto tenesse in mano.
"Cosa leggi?" Si trovò a chiedere incuriosito il corvino.
"L'interpretazione dei sogni" – "È per scuola, studio psicologia" gli spiegò il più grande.
"Davvero? Tu?" domandò stupito.
"Hei! Cosa vorresti dire?" ribatté Jason un pochino offeso.
"Niente... semplicemente non l'avrei mai detto" spiegò Nico.
"Ho stupito anche a me, ma non mi sono pentito della scelta" affermò il biondo.
Nel mentre, Nico aveva ripreso il suo libro.
"Anche tu sei qui per studiare?" chiese Jason.
"No, semplicemente leggere"
"Capisco"

E così cadde il silenzio tra i due che avevano iniziato rispettivamente a leggere.

Erano entrambi concentrati nella loro lettura che sobbalzarono appena sentirono la suoneria di un cellulare.

Era il telefono di Jason, il quale appena letto il messaggio iniziò ad imprecare.
"Che succede?" chiese Nico con disinteresse.
"I miei amici hanno organizzato una partita di basket a casa mia senza avvisarmi o chiedermi" lo informò Jason alzando gli occhi al cielo, tanto era abituato ormai.
"Fantastico" fu il solo commento di Nico.
Solo immaginare il casino che ci sarebbe stato gli faceva perdere la voglia di tornare a casa.

"Beh io sto tornando a casa e sono in macchina vuoi un passaggio?" si offrì Jason.
Nico si stupì di sè: non ci pensò molto, sarebbe comunque dovuto rincasare da lì a poco.
"Se non è un disturbo" rispose già alzandosi per andarsene via.
"Figurati"

Si diressero nel parcheggio lì vicino e si fermarono davanti all'unica BMW presente.
"Messo bene eh?" disse Nico ironico salendo in macchina.
"Regalo di diploma" rispose Jason.
"Comunque se vuoi puoi venire anche tu da me" – "Non ti chiedo di giocare perché so già la risposta, ma puoi conoscere i miei amici" propose Jason.

Nico dovette ammettere che non se l'aspettava quella proposta e anche se l'idea non gli piaceva per niente decise di andare.
Al massimo, se si fosse trovato male sarebbe comunque potuto tornare a casa.

"Va bene" accettò Nico.
"Davvero?" chiese Jason sbalordito aspettandosi una risposta negativa e, ricevendo una sguardo truce dal più piccolo.
"Okay – okay scusa!" fece Jason ridendo e, causando uno sbuffo a Nico.

New York stava davvero cambiando la sua vita.
A Venezia si era così abituato ad essere quello 'strano' che, farsi un amico non gli interessava neanche più, nonostante però fosse sempre presente il senso di solitudine.
Ma in quel momento, dirigendosi a casa del suo vicino – di cui conosceva poco o niente- per conoscere i suoi strambi amici, lo fece sentire meno solo.

Perso – come sempre oramai – nei suoi pensieri non si era accorto che, non solo erano arrivati, ma il biondo aveva già parcheggiato nel proprio garage e stava scendendo dalla macchina.

La casa era enorme, sicuramente più grande della sua.
Appena usciti dal garage vi erano due sentieri sterrati che vi portavano ad un'entrata secondaria della casa e all'enorme giardino con tanto di piscina.
A fianco vi era il campo da basket in quel momento occupato da quelli che, Nico suppose fossero gli amici di Jason.
Riconobbe subito il ragazzo mingherlino dell'altra volta.

"Jason! Finalmente amico!" – "Ma dove eri?" urlò quello che gli aveva lanciato in faccia la palla.
"Leo, a differenza tua io studio" gli fece notare l'amico.

'Ecco come si chiamava!' pensò Nico.

"Certo, certo" rispose Leo facendogli la linguaccia.
Nel frattempo il biondo era andato a salutare gli altri amici.
"Ragazzi vi presento il mio vicino, si chiama Nico" – "è nuovo di qui" presentò Jason.
Solo in quel momento i presenti si accorsero del nuovo arrivato, nascosto dal più grande.
"Nico, loro sono Leo, che già conosci, Grover, Reyna, Annabeth e.. dove diavolo è finito Percy?" chiese ai suoi amici.

'Percy?'
'Lui... qui?'
'Non è possibile'.
'No no no'.
'Perché tutte a me?' Si maledì per essere venuto.

"Mi ricordo di te!" disse Annabeth rivolgendosi al più piccolo.
"Vi conoscete?" chiese Jason stupito.
"Ci siamo intravisti alla festa, è anche un amico di Percy" affermò Annabeth
"Ma davvero?" richiese Jason una seconda volta.
"Non siamo amici" esclamò all'improvviso una voce fredda.
Voce che si rivelò essere di quel ragazzo che come sempre gli fece battere forte il cuore.
Ma solo per un momento.
Poi realizzò cosa disse e soprattutto il tono con cui lo disse.
Non negò che ci rimase male.
Con quell'affermazione aveva fatto cadere il silenzio, a quanto pare aveva stupito un po' tutti il comportamento di Percy nei confronti del corvino.

'Fantastico' – 'Credo sia già arrivato il momento di tornare a casa' pensò Nico.

"Non penso tu abbia mai fatto caso a me, ma noi due siamo in classe insieme" disse una ragazza dai penetranti occhi neri e capelli nero lucido legati in un unica treccia, rivolgendosi a nico, interrompendo il silenzio creatosi.

"Oh" fu l'unica risposta di Nico.
Era veramente troppo in imbarazzo, non ci stava più capendo niente.

"Allora, iniziamo questa partita?" disse Annbeth stufa della situazione.
"Si, come facciamo le squadre?" chiese Leo.
"Come al solito" – "Io, te e Reyna contro Percy, Annabeth e Grover" affermò Jason.
Grazie al cielo nessuno aveva fatto domande sul perché lui non giocasse.

'Avrei dovuto immaginarlo che erano amici'
'Alla festa erano insieme' ricordò Nico mentre si sedeva al bordo campo per vedere la partita.

Ore 19.00

La partita terminò con la vittoria della squadra di Jason.
Percy insistette per una rivincita ma quell'unica partita stremò un po' tutti e poi era quasi ora di cena.
Decisero così che per quella giornata poteva anche bastare.
Reyna, Grover e Leo erano da poco tornati a casa, su richiesta dei propri genitori.

"Volete rimanere a cena?" propose Jason ai pochi rimasti.
"E me lo chiedi pure?" disse Percy ridacchiando.
"Io non posso, ho una cena di famiglia" affermò dispiaciuta Annebeth.
"E tu Nico, rimani?" chiese il biondo rivolgendosi al vicino di casa.
"Emm..non so" ammise il più piccolo.
"Daiii" lo pregò il biondo.
"Se non è un disturbo" fece nico timido e insicuro data la presenza di Percy.
"Nessun disturbo, lo sai" lo tranquillizzò Jason.

A quella risposta entrarono in casa dalla porta sul retro.
Si ritrovarono difronte ad una cucina moderna sui toni del bianco; vi erano due porte, una portava alla sala da pranzo e l'altra al salotto che, come tutta la casa del resto, era enorme.
Vi era un tavolo di legno al centro, un televisore da non si sa quanti pollici ma, dalla grandezza si direbbero tanti, e tre divani in pelle.

"Mentre aspettiamo la cena, vi va bene se guardiamo un po di tv no?" chiese sorridendo il biond o.
"Io posso approfittare per una doccia?" chiese Percy.
"Certo" confermò l'amico.
Rimasero quindi solo Nico e Jason, dato che cinque minuti prima i genitori di Annabeth erano venuti a prenderla.

"Allora Nico, cosa vuoi guardare?" domandò il biondo.
"È uguale"
"Mmm ok"

Jason iniziò a fare zapping tra i canali ma, appena sentì l'acqua della doccia scorrere mise il volume della televisione al minimo per poi girarsi verso Nico e chiedere: "Tra te e Percy cosa è successo?"



ANGOLO AUTRICE
E anche questo capitolo è stato pubblicato.
L'ho riguardato molto velocemente quindi potrebbero essermi sfuggiti degli errori.
Quindi come sempre vi chiedo scusa di eventuali loro presenze.
Spero anche questo capitolo vi piaccia!

Vorrei inoltre informarvi che per problemi tecnici potrei pubblicare il capitolo 6 con qualche giorno di ritardo.

Detto questo, vi auguro una buona serata!
-Ilix  

Ti ricordi il primo sguardo? PERCICO [IN PAUSA]Where stories live. Discover now