Capitolo Due

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Il fine settimana era vicino ed Evelyn stava pensando a cosa avrebbe fatto durante quei giorni, mentre si infilava ai piedi dei tacchi neri. Prese le sue cose e corse via, cercando di non arrivare in ritardo in ufficio.

Erano le 9 meno venti ed Evelyn aspettava impaziente l'arrivo di Jason, il fotografo. Dovevano mettersi d'accordo su quando fare il servizio fotografico.

"Ciao." Evelyn si girò nella direzione da cui proveniva la voce sconosciuta. Davanti a lei c'era Jason, un ragazzo di 24 anni, da poco laureato. Aveva sentito che era davvero bravo e voleva vedere con i suoi occhi se ne valesse la pena.

"Ti mostro alcuni scatti e poi mi dici cosa ne pensi."
Jason prese la sua macchina fotografica ed Evelyn si avvicinò a lui.
Le mostrò più di venti foto, tutte raffiguranti modelle in abiti colorati.
Evelyn rimase estasiata nel vederle, le sembravano perfette, erano dei semplici scatti, ma le luci e le angolature davano a quelle foto qualcosa di unico.

"Sono fantastiche." Evelyn si complimentò con Jason, che sorrise. "Sono felice che ti piacciano. Avevo dei dubbi."
Evelyn scosse la testa. "No, sono bellissime. È questo quello che mi serve. Ho bisogno di qualcuno che ci metta passione e impegno in questa cosa." Con queste parole, Evelyn lasciò intendere a Jason che era stato assunto.

"Possiamo fare lunedì, se per te va bene?" Gli chiese.
"Si, va bene. Ci vediamo alle 10?" Evelyn annuì e Jason iniziò a mettere a posto la macchina fotografica. I due si scambiarono i numeri di telefono ed Evelyn lo salutò, ritornando al suo lavoro.

...

Il sabato e la domenica passarono velocemente ed Evelyn non era emotivamente pronta per iniziare un'altra settimana. Odiava i lunedì.
Infondo, chi non li odia?
Era quasi metà luglio e non vedeva l'ora di andare in vacanza. Amava l'estate, il caldo, la spiaggia, il mare, il sole, anche se era capitata nella città sbagliata.
Londra era così cupa, il sole non c'era quasi mai e le nuvole coprivano il cielo gran parte del tempo.

Arrivò in ufficio con un po' di ritardo e si rinchiuse nella stanza, preparando tutto per il servizio fotografico che sarebbe iniziato poco più di un'ora dopo. Era agitatissima, nonostante fosse pratica in queste cose.
Ci teneva molto e dava sempre il massimo quando faceva le cose, figuriamoci quando si trattava del suo lavoro.

Jason arrivò con un po' di anticipo e quel giorno, seppur lunedì, sembrava essere iniziato bene.

...

Dopo ben quattro ore passate a stare in piedi e ad assicurarsi che tutti gli scatti fossero impeccabili, Evelyn si gettò a peso morto sulla sedia di pelle nel suo ufficio, stanca ed esausta.
Voleva solo andare a casa e dormire fino al giorno dopo, nonostante fossero solo le tre del pomeriggio.
Sistemò la sua scrivania, che in quell'ultima settimana era diventata un vero e proprio campo di battaglia, e andò via, rimpiangendo il fatto di aver indossato delle scarpe scomode.

Appena arrivò al suo appartamento, Evelyn sentì gli occhi farsi pesanti e le palpebre chiudersi da sole. Si stese sul letto e cadde in un sonno profondo.

Si svegliò alcune ore dopo per andare in bagno, ma non fece in tempo a tornare sul materasso morbido, che sentì il suo telefono squillare e le ci vollero alcuni secondi per rispondere.
Era Rose.
"Eve..." La voce di Rose era rotta dal pianto ed Evelyn sentì il suo cuore rompersi in mille pezzi, come un bicchiere di vetro che si frantuma sul pavimento.

"Rose." Evelyn era preoccupata.
L'amica non ripose ed Eve continuò a ripetere il suo nome.
"Sei a casa?" Le chiese, ma anche stavolta non ebbe nessuna risposta. "Resta lì e non ti muovere. Io sto arrivando."
Si mise ai piedi un paio di scarpe prese al volo e lasciò il suo appartamento, correndo verso l'auto e mettendo in moto.

Evelyn arrivò come un fulmine a casa di Rose e bussò alla porta di legno un paio di volte, prima che questa venisse aperta. Dall'altra parte c'era Rose, la sua Rose, in un miscuglio di capelli appiccicati alle guance e lacrime.
Evelyn non disse nulla e le circondò i fianchi con le braccia, stringendola in un abbraccio.
Restarono così, sulla soglia, in silenzio.

"Cos'è successo, Rose?" Evelyn aveva ancora le mani sulla vita dell'amica e cercava di confortarla in ogni modo possibile.
Rose cercò di parlare, ma non usciva alcun suono dalla sua bocca umida.

"Mia madre." Disse semplicemente ed Evelyn si immobilizzò.
"Tua madre cosa, Rose?" Le chiese, di nuovo.
"Lei è...è in...coma." La sua voce si ruppe dal pianto e iniziò nuovamente a piangere, mentre Evelyn la stringeva ancora di più a sé.
"Spiegami cos'è successo." Accompagnò l'amica  sul divano e la fece sedere.
"Qualcuno l'ha investita con l'auto mente era in bici e lei...lei ora è in coma." La voce di Rose si ruppe di nuovo ed Evelyn sentì una fitta al petto. Stava pensando ad una marea di cose contemporaneamente: pensava alla madre della sua amica, a Rose e al dolore che stava provando in quel momento, e pensava anche a sua madre, che non vedeva da anni ed improvvisamente le vennero in mente dei ricordi che aveva sempre cercato di dimenticare, ricordi che la facevano stare male.
Scosse la testa, come se quei pensieri potessero balzare via dalla sua mente, e si sentì uno schifo per essere stata così egoista da pensare a se stessa in un momento del genere.

The interview||L.H.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora