Capitolo Ventuno {Lewis}

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Ancora seduto al tavolo, continuavo a tenere gli occhi fissi sul suo corpo in modo insistente, in attesa che si accorgesse del mio sguardo e che si girasse nella mia direzione.

"Lewis?" Uno dei miei amici mi chiamò, ma non ci feci caso.

Era così bella.

Mi soffermai per qualche secondo su ciò che indossava e feci scorrere avidamente i miei occhi lungo la sua figura. Aveva addosso un abito bianco di pizzo e con quei sandali argentati le sue gambe sembravano ancora più slanciate.

Spostai gli occhi sul suo seno, coperto dalla stoffa bianca, e osservai come quel vestito le fasciasse ogni curva del corpo nel modo giusto, mettendo in risalto anche i fianchi larghi e la vita stretta.

Il mio sguardo salì fino al suo viso, incorniciato dai capelli che, sciolti, le ricadevano sulle spalle in morbide onde. In quel momento mi sarei voluto alzare e andarle incontro solo per accarezzarle la folta chioma scura e bearmi del profumo che avevano i suoi capelli. Non ero mai riuscito a distinguerlo bene, ma sapevo che mi faceva impazzire.

La sua solita espressione seria era stata spazzata via da un sorriso smagliante.

Mi chiesi se sarei mai riuscito a farla sorridere in quel modo.

Provai una fitta di dolore al petto.

Le cose tra noi erano iniziate bene, ma il mio carattere difficile aveva messo a dura prova i miei sentimenti per lei. Io però volevo provarci, e negli ultimi giorni non avevo fatto altro che pensare alle sue labbra morbide sulle mie.

Non riuscivo ad esternare i miei sentimenti facilmente, ma se ciò mi avrebbe permesso di conquistarla e di avere un posto nel suo cuore, allora avrei fatto di tutto per riuscirci.

Qualcuno, forse seduto alla mia destra, si schiarì la gola, attirando la mia attenzione. Una ragazza bassa, con una targhetta con su scritto 'Emily', prese in fretta le nostre ordinazioni e andò via.

I miei occhi tornarono, insaziabili, a guardarla.
Non mi sarei mai stancato di ammirare la sua spontanea bellezza.

Mi soffermai poi sulla donna di fronte a lei. Doveva avere una quarantina di anni. Non poteva essere la madre perché non si somigliavano per niente e anche perché ricordo che al nostro primo incontro Evelyn mi disse che non sentiva la madre da un po' di anni.

Il mio sguardo quasi bruciava sulla pelle chiara di Evelyn, in attesa di una qualche risposta da parte sua.

I miei amici continuavano a chiacchierare tra di loro e io, silenziosamente, desideravo di essere da tutt'altra parte, con lei.

Evelyn si voltò di scatto. I suoi occhi mi guardarono attentamente, esaminandomi da lontano. Furono attraversati da una luce strana e il sorriso di poco prima fu sostituito da un cipiglio.

Sentii un'altra fitta di dolore al petto. L'avevo ferita così tanto?

Si girò dall'altra parte, allontanando i nostri occhi.

Anche io mi girai, cercando di guardarmi indietro il meno possibile e di dare tutta la mia attenzione ai miei amici.

La serata passò in fretta e dopo aver finito di mangiare restammo un altro po' seduti al tavolo, mentre il resto della sala si svuotava lentamente.

"Ecco le mie donne preferite." Sentii la voce di un uomo e mi voltai, forse per la terza o la quarta volta quella serata.

In effetti, c'era un uomo sulla cinquantina che si avvicinò con passo svelto al tavolo di Evelyn.
Aveva i capelli corti brizzolati e la barba dello stesso colore. Indossava una divisa da cuoco e intuii fosse lo chef del ristorante. Avrei dovuto seriamente fargli i complimenti.

Lo guardai, con curiosità, prendere una sedia da un tavolo vuoto e avvicinarla all'altro, proprio accanto ad Evelyn. Li guardai. La somiglianza era incredibile. Era suo padre.

"Allora, la cena è stata di tuo gradimento?" Le chiese, portandole una mano tra i capelli.
"Non c'è nemmeno bisogno che tu me lo chieda." Rise.

Mi soffermai sul modo in cui il suo petto si alzava e si abbassava velocemente, felice di risentire finalmente la sua voce. Mi era mancata così tanto.

Cercai di ascoltare la loro conversazione, anche se non era una cosa da persone educate, ma non ci riuscii e mi accontentai di sentire Evelyn ridere di tanto in tanto.

La sala era ormai vuota, ma non avevo alcuna voglia di alzarmi. Sentii la voce di Evelyn avvicinarsi, segno che si era alzata. Si avvicinò lentamente al bancone del bar e si sedette su uno sgabello rosso. Dall'altra parte c'era un cameriere, alto e moro, che la guardava sorridente.

Evelyn appoggiò entrambi gli avambracci sul piano di legno e con uno movimento deciso estrasse la sua carta di credito dal portafogli, porgendola al cameriere.

"Stai scherzando, spero." Le sorrise di nuovo. Perché quel tizio sorrideva così tanto? Non aveva male alla faccia?

"No, mai stata così seria." Evelyn tenne stretta fra le dita la carta di credito. "Dai, per favore."

Sorrisi d'istinto. Non avrebbe mai lasciato che qualcun altro pagasse al posto suo, orgogliosa com'era.

"Non se ne parla. Stasera ha offerto la casa, e lo sapevi quindi non lamentarti."
Aprì di nuovo il portafogli, mettendo la carta di credito al suo posto e sfilando una banconota da 20 dollari. "Si accettano le mance, qui?" Questa volta fu Evelyn a sorridergli.

Il cameriere le passò una specie di vaso con tante banconote all'interno.

"Mi sei mancata, lo sai?" Disse lui, all'improvviso.

Un'ondata di gelosia mi travolse. Ma chi era questo?

Evelyn annuì, aggiungendo "Anche tu." Il cameriere oltrepassò il bancone di legno e le si avvicinò, sedendosi su uno degli sgabelli.

"Vuoi qualcosa da bere?" Le chiese e le posò una mano sul braccio.

Strinsi gli occhi, cercando di restare calmo.

"Ho già bevuto troppo vino, mi sa." Si spostò velocemente una ciocca di capelli dal viso.

"Vieni qui." Disse lui, alzandosi dallo sgabello e portando il suo corpo sempre più vicino a quello di Evelyn. Il cameriere le circondò la vita con le braccia, mentre lei portò le mani dietro al collo di lui.

Stavo per esplodere.

"Evelyn." In quel momento ringraziai mentalmente il padre, che si era cambiato in un paio di pantaloni classici e in una camicia.

I due si staccarono, sorridendosi di nuovo.

"Dobbiamo andare, è tardi." Disse poi la donna bionda, avvicinandosi sempre di più all'uomo.

"Sì, devo usare un attimo il bagno. Faccio subito." Disse semplicemente prima di sparire dalla mia vista.

Mi alzai, senza dire niente, e lasciai che il mio cuore mi guidasse verso di lei.

Ci pensai su prima di entrare nel bagno delle donne, ma il ristorante era completamente vuoto.

Spinsi le porte di vetro per entrare e lei non mi vide subito. Poi si girò e i nostri occhi si incontrarono di nuovo e si scrutarono con attenzione, come se quella fosse stata la prima volta.

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N/A
Eccoci di nuovo! È il primo capitolo che scrivo dal punto di vista di uno dei protagonisti quindi non ho idea di come sia venuto. Fatemi sapere cosa ne pensate e in caso di errori, per favore, segnalatemeli!!

P.s. Volevo ringraziarvi di cuore per le visualizzazioni e anche per i voti e i commenti che mi lasciate ogni volta. Grazie, grazie, grazie!!! Vi voglio bene💖

The interview||L.H.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora