Capitolo 6

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Era il giovedì prima della festa, prima dell'inizio della scuola. Era il giorno in cui Alex cominciava con i suoi allenamenti di hockey su ghiaccio, uno sport che scoprii essere molto in voga in Canada, e mio fratello non perse tempo a farmi vedere tutti i suoi idoli della Toronto Maple Leafs attaccati alle pareti della sua camera e a raccontarmi le regole del gioco. Avevo già imparato la strada per la Downtown, non distava molto da casa, così quando Alex mi disse che non poteva accompagnarmi in giro quel giorno gli dissi di non preoccuparsi, avrei dovuto imparare prima o poi a cavarmela da sola. Avendo la casa libera decisi di dedicarmi un po a me stessa prima di uscire. Nel bagno principale del primo piano cera una Jacuzzi che urlava il mio nome, quindi decisi di riempirla, accendere un paio di candele e rilassarmi un po'. Ero così appagata dal fatto che poco a poco mi stessi ricostruendo una vita, e detto onestamente non sarei andata a quella festa solo per fare un favore a mio fratello. Non avrei fatto la timida quella sera, me lo promisi quello stesso istante in quella vasca. Mi sarei buttata e non avrei permesso alla me introversa di rovinare tutto. Uscii dalla vasca e mi misi subito a districare i nodi dei miei capelli corvini, non erano particolarmente lunghi o setosi, ma mi piaceva un sacco come incorniciavano il mio viso minuto. Li legai velocemente e optai per una larga felpa nera con i miei jeans scoloriti e le converse. La vista della piuma che luccicava sotto al mio collo mi provocò una fitta al cuore e mi ripromisi che una volta di ritorno avrei chiamato la mamma. Arrivai in città e decisi di fare un po di sano shopping: dopotutto avevo ancora il cuore a pezzi, e poi non avevo la minima idea di cosa mettere alla festa. Tra un negozio e l'altro persi la cognizione del tempo, avevo quattro buste che pendevano dai miei gomiti ed era quasi ora di cena. Avvertii mio padre e presi subito la via del ritorno. Fu quando arrivai ad un isolato da casa che sentii nel buio del marciapiede delle voci.

«Hei ragazzina, cosa ci fai in giro da sola a quest'ora?»

Decisi di ignorare i ragazzi e velocizzai il passo, ma questo non gli impedì di raggiungermi e accerchiarmi. Iniziai ad avere paura quando mi accorsi di loro attorno a me, erano più o meno della mia stessa età, ma non riuscivo a distinguere bene i loro volti.

«C-cosa volete.» la voce mi si strozzò in gola, nel panico riuscii a intravedere dietro di loro un altro ragazzo con un cappello nero in testa, non capivo perché se ne stesse lì impalato.

«Perché non vieni con noi?» disse il ragazzo difronte a me. Vedevo solo le sue spalle larghe e il suo ghigno sfacciato.

Il panico più totale attraversò i miei pensieri, cercai di fuggire e quasi ce la feci, ma uno di loro mi fermo e fu allora che urlai, più forte che potei. Il ragazzo dalle spalle larghe sembrava incazzato, i cani dei vicini cominciarono ad abbaiare.

«Sei davvero una stronza» era furioso. Strinse la mano sotto al mio collo e mi strappò via la catena di mia madre.

«Correte, veloci!» disse agli altri. Urlai contro di loro mentre si allontanavano e caddi in ginocchio piangendo. Non potei fare altro.

TWINWhere stories live. Discover now