Capitolo 24°

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Capitolo 24°

Paila, Drestrania 2051: sulla strada per l'ovest.

Erano passati ancora 15 minuti, ma evidentemente Dumai friggeva come su un graticola.

"La temperatura, Grino?" chiese ancora una volta, mostrando stavolta molta apprensione.

"Per ora sembra che si sia stabilizzata, ma non è abbastanza bassa."

"Accidenti Grino! Dimmi a quanti gradi Gruer stiamo: mi sembra di sentire la TV che se non la guardi non capisci un'acca."

"Scusa capo, siamo a meno tre."

"Finalmente comincio a capirci qualcosa! Ebbene ragazzi, potremo stare tranquilli almeno per qualche ora."

Mezzora prima, nel palazzo di città a Drestrania.

Molleg, ritenendo che il tempo passato fosse stato sufficiente a dimostrare che aveva subito un'aggressione, che sotto minaccia aveva aiutato i malavitosi a sovvertire le direttive e che alla fine si era slegato, si avviò al piano attico del palazzo di città.

Non sapeva come i controllori avrebbe preso le sue parole, lui sperava che gli credessero e tutto rientrasse nella normalità, ma sapeva che con quelli c'era poco da scherzare.

Prese l'ascensore che l'avrebbe portato al 23° piano, in pratica all'attico del grattacielo, e ancora una volta sperò che gli credessero.

Dire che Molleg non temesse per la sua vita, non è la verità, perché la paura lo attanagliava e come!

Per due volte, durante il tragitto, pensò di fermare l'ascensore e tornare nel suo ufficio, ma poi,  si convinse che fosse l'unico modo per cavarsela.

Già è difficile che mi credano se mi consegno, figuriamo se non lo faccio.

Poi, quando l'ascensore si fermò e aprì i battenti, ogni pensiero che lo aveva accompagnato durante il tragitto scomparve di colpo, lasciando che a focalizzare l'attenzione, fosse quella porta viola.

Ho paura, ammise fra sé Molleg, ma credo di non avere scelta.

Girò lo sguardo intorno e appurò che l'occhio impersonale di una telecamera lo fissava, allora si sentì come un bambino pescato a rubare la marmellata.

Spero che non si accorgano di questa mia indecisione: quando ci si mettono sono tremendi.

Ancora una volta aveva permesso che la paura prendesse il sopravvento, ma si trattenne dal mostrarlo apertamente e, con noncuranza e sicurezza, si avvicinò a quella porta e pigiò il pulsante.

Il suono del campanello lo mandò nel panico: era forte al punto che quasi lo stordì, ma, poiché presso la porta non era inquadrato dalla telecamera, poté sobbalzare, dando libero sfogo alle sue emozioni.

"Benvenuto Sindaco" salutò l'uomo che aveva aperto, "prego si accomodi."

"Grazie" aggiunse Molleg, lontano miglia dall'apparire turbato.

"Il motivo della sua visita?" chiese l'uomo.

"Vorrei parlarne con il suo superiore, se non è di disturbo."

l'uomo guardò Molleg chiedendosi il perché di quella richiesta, ma poi pensando che non lo riguardasse, aggiunse: "Come vuole Sindaco, aspetti qui."

L'uomo lasciò l'atrio ed entrò in uno spazio chiuso ancora da una porta.

Una volta solo, Molleg si lasciò andare su una delle sedie che componevano l'arredamento del posto.

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