Capitolo 49

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Foresta Amazzonica, ottobre 2042

Erano trascorse già due settimane dalle ultime rivelazioni e, dopo un primo litigio durato giorni, finalmente il gruppo cooperava con l'agenzia governativa per venire a capo della questione ma, nonostante l'archeologo avesse messo da parte la delusione e le recriminazione, esse erano sempre presenti e si potevano percepire nitidamente nell'aria, ogni volta che lui e Adam si ritrovavano da soli nella stessa stanza.

"Non capisco con che faccia si guarda allo specchio!" brontolò Pablo a mezza voce, parlando più con se stesso, che con l'uomo seduto al tavolo per la colazione.

"Guarda che ti sento", precisò Adam sollevando gli occhi dalla tazza scura per puntarli sull'altro, "e, se proprio lo vuoi sapere, quello che vedo allo specchio mi piace moltissimo!" Un sorriso sprezzante gli modellò il volto.

"Mi hai mentito. Tu e quell'altro, mi avete preso in giro!"

"Quell'altro ha un nome", replicò duro, "attento a come ne parli."

L'archeologo deglutì a vuoto e abbassò per un solo istante lo sguardo, contrariato.

A quel breve diverbio seguì un lungo silenzio colmo di pensieri. Da un lato c'era Pablo, che si sentiva tradito e umiliato, dall'altro c'era Adam, che era dispiaciuto per la situazione, ma non aveva alcuna intenzione di chiedere scusa. In fin dei conti aveva fatto solo il suo lavoro.

L'ostilità in quel silenzio divenne quasi palpabile.

"Smettila di guardarmi storto!" sbottò il soldato incrociando le braccia al petto con fare aggressivo.

"Non posso", sbuffò passandosi una mano tra i capelli corvini, "almeno, ammetti di aver sbagliato."

"Non posso", lo imitò con un'espressione indecifrabile, "io ho solo eseguito gli ordini."

"E con questa scusa pensi di giustificare il tuo tradimento?"

"Pablo", espirò umettandosi le labbra secche, "tu, non avresti neanche dovuto saperlo."

"E questa per è una giustificazione?" ripeté il concetto. "Io mi fidavo di voi, mi stavo aprendo e vi stavo rivelando..." si fermò, passandosi nuovamente tra i capelli con un gesto esasperato.

Adam rimase fermo a scrutare il suo risentimento, mentre si mordeva il labbro inferiore in modo pensoso. Una parte di lui, quella più nascosta, era dispiaciuta per la sua esperienza amara e, senza neanche accorgersene, essa trovò la voce e prese a parlare.

"Ascolta", iniziò con un tono completamente diverso, "so di averti ferito e non sono contento di averti mentito, ma cerca di capire che non potevo fare diversamente. Ovviamente, lo stesso vale per John."

"Quindi, un po' ti dispiace?" ritentò l'archeologo lanciandogli uno sguardo strano.

Il soldato si illuminò con un sorriso ironico. "È davvero così importante?"

"Per me sì", confessò Pablo. "sono stato ingannato troppe volte e la ragione non mi è ancora del tutto chiara."

Adam si massaggiò più volte il mento ispido soppesando le sue parole. Era vero. Era stato bersaglio di molti e ancora non se ne capiva il motivo.

"Mi dispiace" mormorò a denti stretti, lottando con l'impulso di mandarlo al diavolo.

"Così, va meglio!" sospirò l'archeologo andandosi a sedere davanti a lui.

"Bastava un semplice mi dispiace, per farti tornare il sorriso?" incalzò scettico.

"Certo che no", contestò scuotendo il capo, "ma mi fa piacere sapere che non sei così indifferente alla mia situazione."

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