first connection.

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L'odore di gomma bruciata, ruggine e sudore, tipico della metro di Seoul, era ormai dentro le sue narici, quando Park Jimin arrivò alla sua fermata. Si guardò attorno, aggiustandosi gli occhiali da lettura nuovi, prima di sedersi su una panchina e aprire il suo portatile. Lo aspettava parecchio lavoro da fare; il caporedattore della rivista "Young", una delle più famose, lì in Corea del Sud, gli aveva raccomandato di avere il suo articolo pronto per quello stesso pomeriggio.
Jimin era ormai incaricato degli articoli più scandalosi sulle celebrità amate dalle ragazzine o dai ragazzini. Non gli piaceva parlare della gente che non conosceva, eppure era quello ciò che il destino aveva riservato per lui. Sperava di poterlo cambiare, un giorno, magari continuando a scrivere il suo romanzo, per poi pubblicarlo e avere successo.
Quell'articolo al quale stava lavorando, tra l'altro, era su un artista fino a due giorni prima a lui sconosciuto, che pareva aver parecchio successo fra il pubblico femminile invece. Si faceva chiamare Agust D, era un rapper di poco calibro, ma stava iniziando a scalare le classifiche grazie al suo gruppo di ammiratrici accanite. Ad essere onesti, a Jimin non faceva impazzire. Era il solito bel faccino, sfruttato dalla propria casa discografica per fare soldi.
Seppure quello fosse il pensiero che aleggiava nella sua mente, era obbligato a parlarne in maniera intima, come se fosse stato il suo confidente più caro e sapesse tutti i dettagli più succosi. Doveva inventarsi una possibile love story fra lui e la cantante Jisoo del famoso gruppo delle Blackpink, solo perché, ad un talent show, i due si erano scambiati un saluto, come persone normali. Questi eterosessuali Jimin non li avrebbe mai capiti.
Era ormai arrivato alla fine del suo articolo, quando la voce robotica annunciò l'arrivo della sua linea. Chiuse velocemente il computer, abbastanza soddisfatto, pronto a rovinarsi con le sue stesse mani.
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Jimin si guardò allo specchio un centinaio di volte. Voleva essere impeccabile: se il suo capo aveva intenzione di dargli un aumento quella sera, ci teneva a non fargli rimpiangere di averglielo dato.
Lisciò un paio di volte la giacca, aggiustò con la mano il ciuffo biondo che ogni tanto ricopriva i suoi occhi grandi e si assicurò che la cinta dei suoi jeans rigorosamente neri fosse ben allacciata. Poi, afferrando le chiavi dell'auto di suo nonno, prestata per l'occasione, si diresse verso il ristorante italiano più elegante di tutta Seoul, nel quale si sarebbe dovuta tenere la cena di lavoro.
Kim Seokjin, il caporedattore della sua rivista, lo aspettava già dentro al ristorante e Jimin, dopo aver chiesto gentilmente alla cameriera di mostrargli il tavolo prenotato, si avviò con passo felino ed elegante al secondo piano, dove una veranda graziosa dava su un laghetto artificiale. Intravide la chioma castana in fondo alla stanza, dove la vista era migliore. Cercando di tenere il suo portamento, Jimin lo raggiunse, e, dopo averlo salutato con un inchino, si sedette sul posto libero proprio di fronte a lui. Sorrise timidamente quando il suo capo gli fece i complimenti per la sua eleganza.
La cameriera portò loro due menù, tinti sulla copertina coi i colori della bandiera italiana.

"Penso proprio che prenderò una parmigiana; tu? Hai già deciso?"
Jimin non aveva molta fame in realtà, era nervoso.
"Prenderò un piatto di spaghetti al sugo, sono i miei preferiti." rise, grattandosi la nuca.
Ordinarono le pietanze e, dopo avergliele servite con del buon vino rosso, la cameriera si dileguò con "buon appetito".
Seokjin bevve un sorso, sorridendo verso il più piccolo.
"Il tuo articolo ha avuto un successone, Jimin, che ne pensi?" Jimin fu colto alla sprovvista, ma non si scompose, semplicemente si schiarì la voce.
"Credo di aver scritto ciò che il pubblico vuol leggere. Sono bravo ad immedesimarmi nella massa, credo sia per questo."
"Sì, lo credo anche io. In molti hanno iniziato a seguire la nostra pagina Facebook e il nostro account Twitter ufficiale, e credo sia merito tuo se in questo periodo la nostra azienda stia acquistando popolarità velocemente, abbiamo avuto un aumento delle vendite del trenta percento in solo due uscite questo mese."
Jimin sorrise di rimando, prendendo un sorso del suo vino, sperando di non ubriacarsi prima che Seokjin potesse proporgli il suo aumento.
"Ed è proprio di questo di cui io volevo-" Seokjin si bloccò, aveva un sopracciglio inarcato, guardava leggermente a destra, dietro il biondo.
Jimin non si voltò per guardare, poteva sembrare scortese da parte sua.
"Kim Seokjin, da quanto tempo!" una voce lo fece sussultare, il suo capo sembrava essere irritato.
Non è il momento adatto per farlo diventare di cattivo umore, signor sconosciuto, si ritrovò a ripensare Jimin.
La figura dietro di lui avanzò, mettendosi letteralmente al tavolo, mostrandosi finalmente. Era un uomo alto, dalle spalle larghe e il naso all'insù. Era sicuro di averlo già visto da qualche altra parte, durante una ricerca per qualche articolo forse.
"Namjoon, stai invecchiando presto, vedo." Seokjin, con il sorriso più falso del mondo, indicò i capelli dell'uomo in piedi, tinti di un grigio argento.
Jimin per poco non sputò il vino italiano sul tavolo. La reazione dell'altro fu del tutto inaspettata perché, dopo aver rubato un grissino dal tavolo, pizzicò una guancia al suo capo, che sembrò andare su tutte le furie, internamente, ma esternamente erano solo i suoi occhi ad ardere.
"Tu stavi meglio in rosa invece, sembravi una fatina." Seokjin sollevò il fazzoletto di stoffa dalle sue gambe e lo appoggiò sul tavolo, non distogliendo lo sguardo dalla sua parmigiana.
"Cosa ci fai qui, Namjoon?" il tono non era per nulla amichevole, anzi.
"Io e il mio cliente siamo qui per una cena d'affari e avevamo voglia di carbonara." Namjoon sollevò la mano indicando qualche tavolo davanti al loro. 

Backbite; taekook|yoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora