capitolo 1

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****Alessandro****

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****Alessandro****

Mi chiamo Alessandro De Santis, ho ventitré anni e sono un pugile professionista.

Ho vinto di recente il titolo di campione Europeo e tra poco più di tre mesi dovrò metterlo in palio; così è previsto dalle regole Federali, così farò.

Vivo a Roma da cinque anni con uno dei miei migliori amici, Valerio. Lui studia Psicologia ed io Scienze Motorie e Sportive. Mentre lui sogna di curare l'animo umano, io aspiro a renderlo più forte attraverso le discipline sportive. So che può sembrare folle, ma in tutti gli sport che prevedono l'uso della violenza, c'è di base un profondo lavoro su se stessi. Bisogna imparare a dosare la forza, a mantenere il controllo, a tenere a bada le emozioni; altrimenti si diventa solo dei picchiatori e non si raggiunge alcun risultato. Io l'ho sperimentato su me stesso. Ho iniziato ad andare in palestra per scaricare la rabbia che mi portavo dentro e dopo, grazie al mio maestro, ho imparato che la boxe è qualcosa di più di tirare calci e pugni: è una filosofia di vita.

Un critico letterario contemporaneo l'ha definita come la poesia, una rappresentazione reale di spasimi, agonie e sangue. È imprevedibilità, sfugge a ogni disegno prestabilito, è diversa dall'arte come la conosciamo, ma anch'essa è comunque una riproduzione della stessa.

Combatto da quando avevo poco più di quattordici anni. Ho iniziato con un altro dei miei migliori amici, Roberto, ma a causa di un infortunio alla cuffia dei rotatori della spalla destra, lui ha dovuto rinunciare alla sua carriera. Questo evento ci ha allontanati, o meglio ha allontanato lui da me. Mi vede come un promemoria di quello che non potrà mai essere, gli leggo negli occhi il conflitto che lo assilla. Da una parte c'è la nostra amicizia, vent'anni trascorsi come fratelli, sempre presenti l'uno per l'altro; dall'altra parte c'è l'invidia, quella che nasce da sola negli animi addolorati, che per quanto sai essere insensata, non riesci proprio a debellare.

Andare via da Firenze, la mia città natale, è stata una scelta sofferta, ma non potevo restare, farlo avrebbe voluto dire allontanare Roberto ancora più da me e questo non potevo accettarlo. Ho cosi deciso di farmi aiutare dal mio maestro, Alex Nardi, a trovare un'altra palestra nella capitale che potesse seguire la mia preparazione atletica, ho fatto le valige e mi sono trasferito.

I primi mesi sono stati duri, ero da solo, lontano dalla mia famiglia e dai miei amici e non essendo un tipo che fa amicizia facilmente, ho veramente faticato. Poi, Valerio è corso in mio aiuto, ha deciso di trasferirsi da me e da allora viviamo insieme. Lui, dopo Roberto, è quello che mi capisce meglio, riesce a leggermi dentro come se fossi un libro aperto e non riesco a nascondergli nulla.

Ci siamo conosciuti al Liceo e abbiamo la stessa età, ma passioni completamente diverse. Lui e Robi sono diventati amici e negli ultimi anni, a differenza mia, loro si sono frequentati molto spesso.

Ieri, quando è tornato a Roma dal suo ultimo viaggio a Firenze, Valerio mi ha raccontato che le cose al nostro amico non vanno molto bene. Nei due giorni che è rimasto in città, l'ha sempre visto con un bicchiere in mano, lontano dalla sua officina e circondato da gente poco raccomandabile. La cosa mi ha subito messo in allarme e ho deciso di chiamare Arianna la sorella minore di Roberto, volevo capire cosa stesse succedendo e le notizie che ho avuto non mi hanno tranquillizzato per niente.

Parlandone con Valerio abbiamo deciso di rientrare a Firenze per un po' e vedere come vanno le cose. Oggi ho informato il mio allenatore e preparato le valige, partiremo stanotte, ci separano tre ore e mezzo da casa e farle con la compagnia della luna ci garantirà di non trovare traffico.

Quando ho comunicato ai miei genitori la mia decisione, hanno avuto reazioni diverse: mio padre mi ha detto che era fiero di me, perché aiutare un amico in difficoltà è un atto di vero altruismo; mia madre mi ha ricordato che sono già fuori corso e che questa pausa non mi avrebbe avvicinato alla laurea. I miei sono molto diversi, si sono sposati dopo il mio concepimento, il loro è stato un matrimonio riparatore infestato dal fantasma di un'altra donna che mia madre ha sempre visto come una minaccia, ma che mio padre ha sempre giurato di non aver mai frequentato intimamente. La signora in questione era un ex allieva di mio padre di cui lui si era perdutamente innamorato. Proprio quando meditava di lasciare mia madre lei gli ha comunicato che era incinta di me e lui per non venire meno alle sue responsabilità, l'ha sposata. A mio avviso, quello è stato il suo errore più grande. Avrebbe potuto essere padre ugualmente e si sarebbe risparmiato anni di liti, ricatti, e ritorsioni. Mia madre gli ha reso la vita un vero inferno, e di riflesso ha condizionato anche la mia. Mi hanno amato, ma non hanno saputo darmi la serenità che una famiglia dovrebbe garantire ai figli. A causa loro ho sviluppato una specie di avversione per le relazioni serie, non ho mai avuto una ragazza fissa, ho una scopamica e tante avventure, ma niente di importante.

Una parte di me dubita che riuscirò mai a innamorarmi. I vincoli come il fidanzamento e il matrimonio mi spaventano, mi fanno mancare l'aria come ad un claustrofobico in un ascensore guasto pieno di gente, motivo per cui non sono mai stato con una ragazza senza le dovute precauzioni e mai lo farò.

Ad ogni modo, presi singolarmente, sono stati dei bravi genitori, il giusto mix tra comprensione, sostegno e severità. Gli voglio bene, ma allontanarmi da loro mi ha salvato dal collasso nervoso; motivo per cui quando torno a Firenze non abito nella mia casa natale, ma nella mansarda di Luca e Silvia, un'altra coppia di amici fidati.

Sono fratello e sorella, hanno perso i genitori poco prima che mi trasferissi a Roma e la loro vita è cambiata totalmente. Luca ha dovuto dimostrare a soli ventuno anni di poter badare alla sorella ancora minorenne e si è dovuto battere affinché non la affidassero a un istituto. Inoltre, ha dovuto anche gestire le due concessionarie di cui suo padre era proprietario e in questo si è fatto aiutare da Fabrizio, il suo migliore amico e fratello di Valerio. È grazie a lui che Roberto, Arianna, ed io, abbiamo conosciuto Luca e Silvia.

Loro sono i miei amici, le sole sei persone che insieme ai miei genitori e al mio primo maestro Alex, hanno il mio affetto incondizionato. Gli unici cui perdono tutto e che sopportano i miei innumerevoli difetti, sono la mia famiglia, l'unica di cui ho bisogno.

Ed è per questo che tornare a Firenze agita cosi tanto il mio cuore, ho paura di perdere uno dei miei pilastri, di scontrarmi con il muro che ha innalzato tra di noi, di non riuscire a fargli capire che la piega che sta prendendo la sua vita è sbagliata. Temo di perdere il mio più vecchio amico e questo mi rende inquieto.

L'ultimo RoundDonde viven las historias. Descúbrelo ahora