Capitolo 15

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Intanto, prima di iniziare, vi volevo dire una cosa. Amo il fatto che commentiate i capitoli e mi fa piacere che vi prende perché io sacrifico tempo e idee per la ff. Ma mi da un sacco urto il fatto che non capite le ragioni di Eddie. Potrà anche essere scemo, come dite voi, ma il suo non é un raffreddore ma é il cancro ai polmoni. Voi non sapete quanto possa essere grave una malattia cosí ad un organo talmente delicato. Eddie sta avendo un periodo orribile e per sto povero cristiano il destino serba solo una fine orribile. Eddie ha fatto delle decisioni secondo i SUOI punti di vista. Quindi smettetela per favore, perché ferisce anche me. Detto ciò, non finirò mai di ringraziarvi abbastanza per il vostro supporto. Vi ringrazio. (Spero di non esser sembrata dura, mi dispiace se cosí é stato).

Pov's Eddie

Richie sbatté le palpebre.
"Ma tu lo sai che mi hai appena mandato a fanculo la vita, vero? Non c'é bisogno che me la peggiori ancora di piú. So benissimo che quella che ti fa alzare il cazzo é Beverly, ok?" la sua voce era dura e offesa.
L'avevo ferito, ma meglio essere ferito in questo modo che esserlo quando morirò. So bene che la mia vita sarà troppo breve per riuscire ad avere un futuro con lui.
Il mio cuore era come spiaccicato, distrutto da quelle parole. Cosí abbassai il capo e uscii da casa sua. Lo guardai un'ultima volta mentre si passava le dita affusolate tra i capelli boccolosi e scuri e infine, chiusi il portone.
C'era ancora Bill lí, fuori dal cancello seduto sul seggiolino angusto della bici. Appena mi vide gli si illuminarono gli occhi.
"Allora g-glielo hai det-to?" mi chiese.
"Dirgli cosa?" riuscivo a stento a tenermi le lacrime.
"Che lo a-a-ami anche tu-u".
Posai lo sguardo sui suoi occhi chiari ma non dissi niente. Mi si leggeva in faccia che ero innamorato di Richie.
"Eddie... Io l'avevo capito. T-tempo f-fa. L'unica co-sa di cui m-m-mi sono stupito é che R-richie ti potesse rica-mbiare-e. Mi sembrava troppo et-ero per amar-r-rti. Ma evidentemente mi sbagliav-o" lui sorrise leggermente.
Mi sfregai gli occhi inumiditi sorridendo anche io.
"Gliel'hai detto si o-o-o no?" mi diede una gomitata amichevole.
"Non ho potuto Bill. Lui deve pensare che a me piace Bev, come quando glielo ha detto alla cava prima. Non potremmo mai avere un futuro insieme" mormorai.
Lui aggrottò la fronte.
"Per i pol-l-lmoni?" chiese poi.
Io annuii.
"Ma v-verament-te? Vuoi rovinarti la v-vita cosí? Non fartela r-rovin-are ancora di q-quanto lo é già per quella caz-z-zo di malat-tia. Tu m-meriti un futuro felice c-c-con lu-i" mi disse.
Io scossi la testa non troppo sicuro.

Passò un mese da quell'accaduto. Non vedemmo piú Beverly e Bill, Stan e Mike avevano provato piú di una volta a chiamare Richie ad uscire con noi altri. Ma lui non voleva. Diceva che doveva studiare fisica. Ma io sapevo perché non voleva venire. Per me.
Mi alzai di malavoglia dal letto di casa, buttando le coperte alla mia destra. Ero sudato e avevo un caldo infernale.
Mentre prendevo un'asciugamano per andare in bagno incontrai mia madre in corridoio. La ignorai mentre le passavo accanto e appena entrato nella stanza in cui avrei fatto la doccia, sbattei la porta.
"Non potrai ignorarmi per sempre Eddie!" aveva urlato lei.
Io mi appoggiai alla porta. L'avrei ignorata fin quanto avrei potuto.
Sotto lo scroscio dell'acqua ripensai a quello che era successo con Richie in quel periodo assurdo. Mi tolsi qualche ciocca bagnata dalla fronte e con un sospiro tremolante mi ricordai che oggi era il suo compleanno. Il mese di luglio era pieno di compleanni, tra cui quello di Stan, di Bill, di Ben e pure di Mike. Li ricordavo tutti a malapena ma le feste che avevano fatto mi aiutavano a rammentarli. Il mio sarebbe stato a fine agosto e Dio mio, mi ero appena ricordato, anche, che avrei avuto sedici anni. Si, sedici anni di rincoglionamento da quando ero nato.
Non sapevo bene cosa regalargli. Sapevo che amava i videogiochi, ma non ero esperto in materia quindi scartai subito l'idea. Mi sbattei una mano sulla fronte ripensando che forse non avevo neanche i soldi per regalargli una cartolina di augurio.
Poi mi venne mente un'idea.

Pov's Richie

Scesi di sotto e quando vidi mia madre davanti ad una torta e circondata da palloncini colorati, mi preparai alle urla e infilai le dita nelle orecchie.
"BUON COMPLEANNO RICHARD!" urlò lei, riuscendola a sentire anche tra le dita che mi chiudevano i timpani.
Io sorrisi leggermente, dove in fondo mi sentivo felice per quel piccolo gesto.
Soffiai le sedici candeline celesti e alzai gli occhi al cielo divertito quando mia madre applaudí eccitata.
"Mamma é solo il mio sedicesimo compleanno, smettila" risi.
Lei mi abbracciò baciandomi la fronte.
"Cresci cosí in fretta tesoro" si staccò poggiando le mani calde e lisce sul mio viso. "Come sei diventato bello amore mio" mi disse.
Io mi sciolsi con delicatezza dal suo abbraccio e mentre mi dirigevo in bagno urlai:
"Bello come il sole!".
La udii ridere dalla cucina.
Quel pomeriggio era uno dei tanti dove avrei dovuto passare il tempo insieme ai miei amici, che mi invitavano di continuo ma io mi ostinavo a rispondere di no. Mi sentivo a disagio, sbagliato di fronte a loro che erano perfettamente etero e normali, mentre io ero gay. E poi Eddie. Le parole che un mese prima mi aveva rivolto mi avevano pugnalato. Ero ben consapevole dei suoi sentimenti contrari nei miei confronti ma c'era proprio il bisogno estremo di dirmelo in faccia? Non si rendeva conto che cosí stavo anche peggio?
Mentre mi lavavo il viso sentii suonare alla porta. Ero sicuro che fosse uno dei miei amici, e feci per gridare di non aprire la porta, ma le voci di Stan, di Mike e di Ben avevano già raggiunto il salotto.
Io uscii dal bagno e li salutai in imbarazzo, e poco dopo mia madre se ne andò in cucina.
Io mi misi le mani in tasca, estremamente a disagio.
"Buon compleanno bro!" mi sorrise Mike dandomi una pacca sulla spalla. Io lo ricambiai.
"Senti, per quella cosa alla cava..." iniziò Ben ma Mike e Stanley lo guardarono male e lui si fermò.
Io liguidai la faccenda con un gesto.
"Ragazzi tranquilli. Non dovete sentirvi a disagio nel riparlarne" dissi.
Gli altri si scambiarono sguardi preoccupati. Io risi.
"Ragazzi, sono serio. Ditemi" li spronai.
"É che... Sappiamo che non volevi venire con noi alla cava perché ti sentivi a disagio. Ma non devi, davvero. Noi siamo preoccupati per te e ci manchi nel gruppo" spiegò Stan.
Io fischiai mettendo un braccio intorno alle sue spalle.
"Michia che sentimentalismo".
Mike fece un risolino mentre Ben mi fissava la mano sulle spalle del ragazzo ebreo stranito. Io subito mi scostai da Stan.
"Ehm... Grazie di essere passati ragazzi. Lo apprezzo molto" dissi io raccogliendo la busta che mi porgeva Ben.
"Di niente. Allora ci vediamo?" chiese speranzoso il ragazzo di colore.
Io annuii non troppo convinto e loro se ne andarono.
Poco dopo non tardò ad arrivare anche Bill.
"Ehy Rich..." mi sorrise.
Io mi girai a guardarlo quando ero sul diavano.
"Ehm... As-scolta, non av-vrei dovut-to difendere Bev. Mi d-dispiace" mi disse lui.
Io sbattei le palpebre, essendomi scordato di quell'avvenimento avvenuto tempo fa.
"Ah no... Ahm... Stai tranquillo amico. É tutto ok" gli sorrisi cercando di essere rassicurante.
Lui allora si sedette accanto a me.
"Pos-so parlart-i di Ed-die?" mi chiese con un sussurro. Io serrai la mascella ma annuii.
"Senti... Perché lo av-vevi detto solo a-a Bev? Io... Noi eravamo disponib-ili." disse poi.
Io sospirai guardando il soffitto.
"Non lo so Bill. Mi sentivo al sicuro se lo avesse saputo solo lei. Mi sarei sentito a disagio se lo aveste saputo anche voi. Mi sento sbagliato sul fatto di essere gay, sul fatto che il cazzo non mi si alza quando vedo la figa ma quando vedo un uomo, capisci?" cercai di spiegare gesticolando.
Lui sembrava attento a cosa stessi dicendo. Poi sorrise.
"Dovresti par-lare con Ed-die" mi propose.
"É lui che deve venire fa me. Mi deve chiedere scusa per cosa ha fatto" ribattei io.
"Si ma..." iniziò ma io scocciato lo interruppi.
"Bill, no. É lui." mi limitai a rispondere.
Lui allora annuí, e mi porse una scatola rossa con un nastro giallo acceso.
"Non so cosa sia" mi disse, riuscendo a non balbettare e uscendo poi di casa.
"Eh?" chiesi non capendo, ma lui era già fuori.
Mi misi a gambe incrociate sul letto e sciolsi il nastro che si aprí facilmente. La scatola era chiusa con un filo di schotch: chi aveva richiuso il regalo era un tipo attento. Vidi poi un orologio scuro, di un colore metallico opaco, con le lancette tichettanti color argento. Era un modello decisamente curato e raffinato. Feci una smorfia divertita pensando che quel regalo sarebbe potuto essere di Bill. Poi, curioso, lessi il biglietto sul fondo della scatolina:
"Mi dispiace.
Eds"

"I don't want you, Richie" //ReddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora