14) Il comunicato

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14) Il comunicato

Il Dottor Lo Monaco stava vivendo uno dei giorni più brutti della sua vita. 
Era rimasto d'accordo che non avrebbe avvisato le Autorità della scomparsa della Trita, per almeno due giorni, ma il fatto che non riuscisse a mettersi più in contatto con Valery lo impensieriva parecchio. Non solo era da più di quarantottore che non riceveva notizie da Efisio, ora, nemmeno lei rispondeva al telefono. Aveva timore di perdere il posto di lavoro e che la Trita potesse essere in possesso di qualche malintenzionato. Se il Dipartimento avesse saputo che la Trita nel Museo era falsa, ci sarebbe andato di mezzo lui, per non averla fatta controllare al momento del ritrovamento. Rifugiato nel suo ufficio, continuava a fumare una sigaretta dietro l'altra, sperando di sentire squillare il telefono.

Il telefono squillò. Sua moglie aveva ascoltato il notiziario sulle vicende di Orgosolo e gli riferì di aver sentito che un Ricercatore Archeologo fosse in fin di vita. Ovviamente, lui pensò a Efisio, non poteva minimamente immaginare che si trattasse dell'Assistente della Dottoressa Valery. Chiuse il telefono e si precipitò fuori dal Museo. Salì sulla sua BMW e partì velocissimo in direzione di Orgosolo.

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Valery si trovava, ancora una volta, a dover percorrere al buio un percorso sotterraneo. Le sembrò come una specie di condanna. Quando decise di fare l'Archeologa, immaginò che avrebbe dovuto lavorare sotto terra, qualche volta, ma mai avrebbe pensato di passare giornate, quasi intere, nel sottosuolo e, completamente al buio (non era né la prima né la seconda volta che le capitava). Era furiosa e aveva voglia di mettere le mani al collo di quel farabutto dell'Agente Novellino. Da quando si era messa in cammino aveva percorso, per circa una decina di metri, un piccolo corridoio; poi aveva girato a sinistra, trovando così due stanze, sulla destra della parete. Trovò anche gli interruttori delle luci, ma la corrente elettrica non funzionava. Dentro le stanze, tastando alla cieca, arrivò a toccare degli scaffali con dei raccoglitori; capì subito di essere negli archivi del Municipio. Uscita dalla seconda stanza, aveva proseguito sulla destra ed era arrivata a delle scale. Salì fino all'ultimo gradino dopodiché, inciampò e cadde per terra sbattendo di nuovo la testa. Si mise in ginocchio, non riusciva a vedere niente, non filtrava nemmeno una luce, ma poteva sentire il rumore delle ruspe che, sopra di lei, rimuovevano le macerie. Tastò il pavimento con le mani fino a trovare un corpo. Una mano andò a finire in mezzo alle gambe del malcapitato. "E' un uomo!" Lo capì all'istante. Tolse la mano da lì e la spostò verso il torace, poi sulla faccia. Si bloccò di colpo, aveva toccato qualcosa di rigido e di una forma strana. Dopo un po' comprese che si trattava di una maschera antigas. Capì di aver trovato un Agente dell'ICS; provò a muoverlo augurandosi che fosse ancora vivo, ma senza molte speranze. Infatti, non si mosse. Appoggiò l'orecchio sul petto per sentire il battito del cuore... Niente; era morto. "E con questo, sono quattro! Maledetto!" Sempre nel buio più completo, lo frugò dappertutto, con la speranza di trovare una radio, o un cellulare, ma trovò soltanto una pistola. Non aveva mai sparato un colpo in vita sua, però, se si fosse trovata di fronte a Novellino, non ci avrebbe pensato due volte a premere il grilletto. S'infilò la pistola tra la cintura dei pantaloni e si sollevò in piedi. Il colpo alla testa fu tremendo; cadde tramortita, ancora una volta. Rimase senza fiato per qualche secondo, ma per fortuna riuscì a non perdere i sensi. Il mal di testa era fortissimo, un continuo martellamento, incessante. Si alzò lentamente e con le braccia rivolte verso l'alto, toccò il soffitto che era crollato e che si trovava a nemmeno un metro sopra di lei. Si mise a gattoni e proseguì il suo cammino, lasciandosi alle spalle il corpo dell'Agente. Si fermò dopo pochi metri; un altro corpo intralciava il percorso. Toccò le gambe, le braccia e la faccia. Nessun segno di vita.  Aveva i capelli corti e al tatto sembrava  indossasse una camicia e probabilmente dei jeans. Non poteva sapere chi fosse, ma di certo sapeva che non si trattava di un Rexur. Loro erano vestiti, quasi tutti, con pantaloni di cuoio e con gilet di lana e poi, avevano i capelli lunghi e puzzavano da far paura. Quell'uomo davanti a lei profumava di dopobarba. Gli toccò le mani. Sembravano ben curate.   Poteva essere un impiegato, non c'erano calli. Pensò che si sarebbe potuto trattare di un dipendente del Comune, ma cambiò subito idea nel momento in cui gli trovò una pistola infilata nei pantaloni, dietro alla schiena. Era molto diversa da quella che aveva trovato sul corpo dell'Agente, anche una non esperta come lei, se ne sarebbe accorta. La prima era liscia, lineare. Quella invece, era panciuta nel mezzo e aveva dei solchi a forma di proiettile poco sopra al grilletto. Le ricordava una pistola che aveva visto in un film Western. Chi poteva essere? Si chiese. Poi, riflettendo bene, capì che era un terrorista. Le venne un leggero brivido, ma solo temporaneo, si riprese subito. S'infilò la seconda pistola nella cintura, scavalcò il corpo e proseguì tastando il pavimento attorno a lei. Doveva trovare la Trita. Era certa che dovesse essere lì, da qualche parte. La presenza di quel terrorista confermava la sua ipotesi. Pensò a Efisio... Avrebbe potuto trovarsi anche lui all'interno del Municipio, durante l'esplosione. D'altronde Agox era stato rianimato dal Capitano proprio lì, nelle vicinanze. Si augurò di ritrovarlo ancora vivo, anche se le probabilità, man mano che il tempo passava, diventavano sempre di meno. Ad un certo punto, sentì un odore dolciastro e nauseante (Era il residuo dei fumogeni utilizzati da Agox.), le venne quasi il vomito e gli occhi cominciarono a lacrimare. Si fermò a riprendere fiato e, proprio in quel momento, udì un lamento...

La Trita ScomparsaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora