Capitolo 8: Attrazione fatale

3.9K 212 25
                                    

Adrien non capiva.
Non comprendeva che strano turbine stessero generando i suoi pensieri. Un turbine che portava il nome di Marinette.
Quel pomeriggio, dopo una lunga sessione di pulizie nella silenziosa, quanto incredibilmente spaziosa – se n'era tristemente reso conto solo qualche ora prima – aula di chimica, la minuta moretta si era addormentata tra le sue braccia, permettendogli di assaporare a pieno il suo profumo. E quell'aroma zuccheroso, accattivante, familiare, aveva dato inizio alla tempesta che infuriava, prepotente, nel suo cervello stanco.
Perché lui conosceva quell'odore.
Aveva paura ad ammetterlo – un timore irrazionale, spontaneo, che ribolliva nei meandri più oscuri della sua mente – ma quello era il profumo che aveva imparato ad associare alla fonte del suo rinvigorimento in quelle ultime settimane. Poteva sempre darsi che fosse una coincidenza. Una bizzarra – curiosa, senz'altro – coincidenza, che l'avrebbe portato a ridere istericamente di un sollievo bramato, quando si sarebbe reso conto dell'autenticità di essa.
Ladybug. Quello era l'odore di Ladybug.
L'aroma inconfondibile di dolci, zucchero e semplicità, capace di fargli spuntare un sorriso sul volto in anticipazione dell'apparizione della persona che lo possedeva.
Il ragazzo tentava di distogliere la sua focalizzazione dal sospetto che gli era stato quasi spinto tra le mani in seguito a quel pomeriggio di pulizie e carezze, dandosi dell'invasato ed illuso a credere di concepire, agguantare ed accettare quel pensiero.
Non era umanamente possibile che Marinette fosse Ladybug!
Sarebbe stato troppo bello per essere vero. Il pensiero di associare alla figura dell'amore della sua vita una ragazza tanto dolce, tenera e a tratti divertente, che aveva a che fare con lui anche nella vita civile era più vicino ad un desiderio mai espresso – sebbene implicitamente bramato – che alla realtà. Il fatto che il profumo delle due ragazze fosse così simile non gli pareva poi così strano. Fin dove era in grado di arrivare la sua conoscenza, era anche probabile che entrambe utilizzassero lo stesso profumo, shampoo o frequentassero luoghi simili o ambienti familiari dalle caratteristiche non differenti.
Dopo più di una mezz'ora di riflessioni turbolente, sorgere di dilemmi rimasti irrisolti e frustrati sbuffi e lamenti, un pensiero trafisse il cervello del biondo come una saetta in un cielo senza nuvole.
Marinette.
Adrien aveva voglia di vedere Marinette.

Chat Noir si perse nella libertà di lanciarsi nel vuoto tra gli edifici imponenti della sua città, per poi recuperare l'equilibrio grazie al bastone allungabile in dotazione nel suo costume, che aveva imparato a maneggiare in modo impeccabile, in quei due anni e mezzo di servizi di protezione offerti da lui e la sua bella partner alla capitale francese. I battiti del suo cuore aumentavano a ritmo con il diminuire dei metri che lo separavano dal raggiungere il suo obiettivo, in un perfetto esempio di proporzionalità inversa. Non appena i piedi – le zampe? – del gatto si posarono con un leggiadro e quasi impercettibile tonfo sul tetto di un edificio che gli offriva una perfetta visuale di quell'abitazione – che lo chiamava a sé con la provocante melodia del canto di una sirena – lui si sorprese di notare la ragazza che stava cercando così impazientemente seduta ad un tavolino da tè, un blocco da disegno tra le mani ed uno sguardo ispirato nei suoi occhi zaffirini. Quasi si sentì in colpa all'idea di distrarla da tutto quell'interesse, ma sapeva che non sarebbe riuscito a resistere ad un'altra notte insonne dominata da pensieri contrastanti e moine per cui Plagg gli avrebbe sicuramente riservato una gamma di insulti gratuiti e disturbanti persino alle orecchie di un sedicenne come lui. Così, con un ultimo respiro profondo, il supereroe si fece coraggio, ed ebbe l'accortezza di atterrare sul balcone della ragazza così silenziosamente da non farsi notare prima di aver simulato un colpo di tosse.
La vide spostare lo sguardo su di lui con calma, ma spalancare gli occhi non appena notò quella particolare presenza proprio accanto a lei. Il biondo fu leggermente sorpreso della sua reazione: si aspettava un sussulto improvviso da parte della sua giovane amica – cosa che parve avvenire, invece, in seguito alla realizzazione ed associazione di un'identità a quella nuova figura. In sostanza, sembrava che quell'agitazione iniziale fosse stata provocata dal fatto che l'aspirante stilista si fosse resa conto che fosse proprio lui quell'intruso serale.
«Chat!» Marinette lo accolse in quel modo. «Mi hai spaventata!» lo rimproverò, chiudendo il blocco da disegno ed alzandosi in piedi.
«Désolé, prrrincesse.» lui miagolò di scuse, con un breve inchino, affiancandola ed abbozzando un sorrisetto enigmatico.
La vide sospirare leggermente e rivolgergli uno sguardo in cui danzavano ammonimento e divertimento in contemporanea. «Dimmi, mon petit chaton, che cosa ti porta qui?» gli rivolse un sorriso che, inaspettatamente, gli spezzò il fiato in gola. Un miscuglio perfetto di audacia, innocenza e pura felicità che solamente lei – Marinette – sapeva combinare, che lo colpì dritto al centro del petto, smorzando le sue parole sul nascere. Il ragazzo-gatto deglutì in modo da ritrovare la forza di esprimersi, e cercò di agire come se nulla fosse successo, come se nessun batterista stesse dando sfogo al proprio talento all'interno della sua gabbia toracica.
«Passavo da queste parti, ti ho vista qui tutta sola ed ho pensato che avresti apprezzato la prrresenza del gatto più sexy di tutta Parigi.» mentì spudoratamente, il tono gongolante e falsamente vanitoso.
«Oh... è così?» gli domandò la corvina, mostrandogli un lieve sorrisetto birichino, accompagnato ad una strizzatina d'occhi. «Non è che questo gattino si è preso una cotta per me?» scherzò, abbandonandosi ad una risatina leggera e fresca, libera da preoccupazioni o dubbi.
L'Adrien sotto la maschera sicura e maliziosa dell'eroe parigino sudò freddo. Era così evidente che forse – soltanto forse – Marinette fosse riuscita a scavare con delicatezza nel suo cuore, tanto da riservarsi un posto d'onore al suo interno, che lo stesse pian piano conquistando con dolcezza, un gradino per volta? La bella Dupain-Cheng gli aveva riservato un'altra sorpresa, mostrato una nuova sfaccettatura del suo carattere. Che stesse scherzando o meno, aveva colpito nel segno, centrato il bersaglio ad occhi chiusi.
«Saresti onorata di aver fatto breccia nel mio cuore, non è così, principessa?» evitò subdolamente quella domanda, non essendo pronto a fornire una risposta sicura nemmeno a se stesso, figurarsi a lei, tra tutti quanti.
«Se il tuo ego fosse proporzionato alla realtà, micetto, ne potremmo parlare.» rise la minuta fashion designer, cacciando fuori la lingua in una smorfia intesa come un'infantile presa in giro.
Chat Noir si finse colpito nell'animo, portandosi una mano ad un petto fintamente dolorante. «Vorresti dirmi che non sono una totale benedizione per i tuoi occhi?» pronunciò quelle parole con la voce di un soldato tradito da una persona di cui aveva sempre creduto di potersi fidare.
«Oh, povero gattino.» sussurrò Marinette, mordendosi un labbro per non scoppiare a ridere.
Il biondo mise su un broncio degno di un bambino di sette anni. «E' stato un colpo basso.» borbottò, prima di permettere alle labbra di curvarsi nuovamente nel solito sorriso da Stregatto che era abituato ad indossare, quasi fosse la sua giacca preferita.
La corvina gli permise di bearsi un'altra volta della sua risata dilettata. «Ti posso lasciare un po' di privacy, mentre ti lecchi le ferite.» lo punzecchiò, colpendogli leggermente il naso con un dito.
«Io ho un'idea migliore.» fu quasi soddisfatto di notare l'espressione dell'amica mutare in uno sguardo leggermente più serio al cambiamento del suo tono di voce, ora poco più udibile di un mormorio. «Con un bacio si risolve tutto.»
Eccolo di nuovo, quel sorrisetto smaliziato, sulle labbra carminie della giovane.
Dovette abbandonare la sua espressione sicura quando si sentì spingere contro il muro dietro di sé da quella ragazza tanto minuta quanto forte.
«Dovresti davvero fare attenzione a ciò che pretendi, minou...» bisbigliò lei, alzandosi sulle punte dei piedi per permettere ad un unico soffio di brezza primaverile di interporsi tra le loro labbra. «Potresti davvero ottenerlo.» quel mormorio lo fece inaspettatamente rabbrividire, di un desiderio sconosciuto, mai provato prima.
Il cuore di Chat Noir aveva probabilmente coronato il record di maggior numero di battiti concepibili al minuto. Le iridi color zaffiro – inevitabilmente, così dannatamente familiari – di Marinette sembravano tremendamente sincere, di un'onestà quasi gelida. Un nuovo desiderio si fece strada nello stomaco del gatto, che si contrasse quasi piacevolmente su se stesso.
La cupidigia guidava le sue azioni, annebbiava la sua mente, lasciando ben visibile un solo pensiero: baciarla.
Scoprire se quelle labbra così invitanti fossero vellutate come apparivano, se anche loro avessero un sapore dolce, come l'intera essenza di quella ragazza, se fossero capaci di sedurlo nella stessa maniera provocante con cui si muovevano per dar voce alle sue frecciatine.
C'era una cosa che proprio non gli andava giù, tuttavia. Un boccone che gli era andato di traverso, provocando una fastidiosa sensazione alla base della sua gola.
Nessuno metteva Chat Noir con le spalle al muro.
Nemmeno un'attraente quindicenne dalla parlantina accattivante e gli occhi dal blu così profondo da far vergogna all'oceano più limpido. Era una questione di principio, punto e basta. Così, con la fretta di riprendere il controllo, il gatto ribaltò la situazione, arginando la giovane – che cambiò immediatamente espressione – al muro, in un miscuglio perfetto tra delicatezza ed urgenza. Marinette l'osservava con gli occhioni cerulei spalancati in aspettativa, incertezza e desìo, mentre intrappolava il labbro inferiore nella presa dei suoi denti bianchi. Avvicinò lentamente il volto al suo, il battito del cuore ormai incontrollabile, l'adrenalina in circolo nelle sue vene pulsanti. Il suo sguardo si spostò su quelle labbra carnose, ora dischiuse e tremanti, umide di dubbio. Il desiderio si accresceva sempre di più, mentre i centimetri diminuivano a vista d'occhio, lenti, inesorabili. Quattro, tre, due, uno...
E poi un dito. La punta di un dito indice affusolato si poggiò, insicura, sulla sua bocca, interrompendo quell'avanzata dalla calma straziante.
«Chat...» fu un richiamo strozzato, incerto, quasi deluso, a spezzare la pesante membrana del silenzio che si era librata tra i due adolescenti.
Chat Noir si costrinse a riportare lo sguardo sugli occhi di Marinette, le labbra leggermente spalancate in un "perché?" mai pronunciato.
«Stiamo... stiamo esagerando...» soffiò, fievole, la corvina, scuotendo lentamente la testa. «Non posso, io...» la vide strizzare gli occhi, come se non fosse pronta a reggere il suo cipiglio perplesso. «Io sono innamorata di qualcun altro, Chat...» gli confessò, tutto d'un fiato, ritraendo poi le labbra in una smorfia, quasi avesse ingerito una medicina eccessivamente amara.
Così, come un rapido lampo che annunciava l'arrivo di un temporale, l'immagine di Ladybug si sovrappose a quella di Marinette, facendosi notare per la prima volta in quella serata. Anche lui era innamorato di un'altra, dannazione! Che cosa stava facendo?
Baciare Marinette... sarebbe stato come tradire la sua lady, la sua signora, la ragazza a cui aveva affidato il suo cuore.
«Anch'io...» rispose, piantando i denti sul suo labbro inferiore. «Anche io amo... – deglutì, e per la prima volta gli parve difficile confessare quel sentimento mai celato – amo un'altra...»
E allora perché il pensiero di una Marinette innamorata di un altro ragazzo lo infastidiva tanto? Non era suo diritto provare gelosia nei confronti di una ragazza che non era quella che affermava di amare. Era scorretto, riprovevole, imperdonabile.
Un paio di esili braccia gli circondarono il busto, portandolo contro ad un corpo gracile dalla forma e morbidezza familiare, in un abbraccio triste, avvilito, confortevole nella sua amarezza. Non ebbe la forza di allontanarsi. Sorrise mestamente e ricambiò, premendo il viso contro la pelle perlacea dell'aspirante fashion designer, ritrovandosi nuovamente a contatto con quel maledetto profumo terribilmente confondente. Le sue labbra si posarono – quasi di loro spontanea volontà – sul collo della corvina, delicatamente, in un contatto casto. Il ragazzo-gatto sapeva che doveva rimanere un gesto isolato, sfuggito al suo controllo, ma non gli risultò possibile allontanarsi.
Dunque, quel bacio innocente, lasciò spazio a lievi movimenti delle sue labbra, che si alternarono presto al lento sfiorare della sua lingua, che carezzò quella pelle calda e da lui tanto desiderata.
«Ch-Chat...» un avvertimento lieve, incerto di essere tale, e delle mani che raggiunsero i suoi capelli per formare un contrastante incoraggiamento, s'intromisero in quel piccolo momento in cui tutto sembrava essere concesso.
Le dita del ragazzo scesero sul corpo della corvina, disegnando quella schiena tesa in aspettativa. Un morso delicato si aggiunse alla danza della lingua sul collo di Marinette – che non trattenne un gemito sorpreso – seguito ben presto da un altro.
Chat Noir sembrò riacquistare la consapevolezza delle sue azioni solo qualche minuto dopo. Spalancando gli occhi, posò lo sguardo incredulo sul punto vezzeggiato dalle sue labbra pochi secondi prima, che ora presentava l'accenno di un segno rossastro, che creava un già forte contrasto con la sua carnagione lattea. I suoi occhi smeraldini incontrarono quelli dischiusi e stanchi, quanto sorpresi ed increduli di Marinette.
«Io...» fu il bisbiglio che abbandonò le sue labbra.
Avrebbe continuato con un "mi dispiace" mortificato... se gli fosse dispiaciuto sul serio.
Non poté che percepire uno strano senso di soddisfazione, proprio al centro del suo stomaco, in quello che aveva appena fatto, come se avesse inciso un marchio su quella ragazza. Pensiero che gli sembrava eticamente scorretto, ma stranamente piacevole, quasi fosse stato il suo modo di affrontare implicitamente il ragazzo che tanto piaceva a lei.
«Chat!» lo interruppe un grido sconvolto, che lo portò a rivolgerle nuovamente lo sguardo color smeraldo.
Marinette lo fissava sbalordita, la mascella spalancata e gli occhi che presto si strinsero in due fessure, in un cipiglio che non prometteva niente di buono.
Oh-oh.

E con la tanto desiderata MariChat, aggiorno in ritardo con il mio capitolo preferito!!!❤️

Si prosegue con i nostri stupidotti innamorati ma confusi😌

Lo so che mi odiate perché non li ho fatti baciare e, sì, un po' mi odio anch'io, ma tranquilli, arriverà anche quel momento😉

E, fino ad allora...

Alla prossima❤️

Call it what you want ~ Miraculous LadybugWhere stories live. Discover now