Capitolo 16: Talmente tanto da far male

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«Ho bisogno di aiuto!» il grido di Ladybug spezzò la quiete dell'ospedale più vicino allo scenario del combattimento contro l'ultima vittima akumizzata dal malvagio detentore del Miraculous della Farfalla, allertando un paio di infermiere impegnate davanti alla cartellina di un paziente.
La ragazza teneva il partner ormai privo di sensi ben stretto a sé, muovendo piccoli ma rapidi passi verso il bancone che si ritrovava davanti.
Un medico le si parò di fronte. «Mademoiselle Ladybug, possiamo fare qualcosa per lei?»
La supereroina annuì con frenetica aspettativa. «Chat Noir è ferito alla testa, è svenuto e ha perso molto sangue. La prego, dottore, ho bisogno che lei lo aiuti.» il tono implorante della giovane adolescente dettò l'apparizione di uno sguardo d'urgenza sul volto del medico, che annuì.
«Issatelo sulla barella, immediatamente.» ordinò, con tono fermo, alle stesse infermiere che la corvina aveva subito notato.
«Le devo chiedere una cosa.» fece ancora la detentrice del Miraculous della Fortuna, mentre lasciava, a malincuore, il compagno nelle mani delle due donne, che adagiarono il suo corpo immobile su una barella. «Per favore, cercate di curarlo mentre ha il costume addosso.»
Il dottore le mostrò un cipiglio perplesso, dietro agli occhiali da vista dalla montatura sottile e professionale.
«So che può sembrare una stupidaggine, ma deve darmi ascolto: nessuno può scoprire chi si nasconde sotto la maschera. La ferita è sulla testa, il costume non sarà d'intralcio, e credo che la cerniera vi permetterà di scoprire almeno il suo busto.» la mora intrecciò le mani di fronte al proprio viso bagnato di lacrime, in una silenziosa preghiera.
L'uomo la osservò in silenzio per meno di un paio di secondi, prima di annuire. «Rispetto i suoi desideri, Ladybug.» cominciò, ordinando alle colleghe di scortare il ragazzo nella sala adibita alle emergenze. «Ma l'avviso: se ci renderemo conto di una ferita troppo profonda o addirittura letale, saremo costretti a domandargli di togliere il costume.»
La supereroina annuì rapidamente, osservando il medico sparire dalla sua vista, dietro ad una porta dall'inquietante bianco spento.
L'aspettava un lungo tempo di straziante attesa.

Adrien aprì gli occhi, esalando un gemito di dolore. Non aveva idea di dove si trovasse, ma si ritrovò immerso in un odore quasi nauseante, mentre un bippettio regolare e fastidioso spezzava, ogni secondo, il silenzio di quel luogo. Permise agli organi visivi di inquadrare i suoi dintorni, e si rese conto di trovarsi nella stanza d'ospedale dalle pareti dipinte di un monotono e tenue color menta. Abbassando lo sguardo sul proprio corpo, si rese conto della cerniera del suo costume abbassata fino all'ombelico, che scopriva parte del suo torace, tana di numerosi tagli e lesioni di cui non rimembrava l'origine. Solo dopo un'osservazione più accurata di ciò che lo circondava, si accorse di portare ancora la tuta audace del supereroe parigino, nonostante questa fosse stata slacciata per permettere ai medici di constatare quanto fossero gravi le ferite sul suo busto, e per collegare la miriade di fili che lo tenevano ben attaccato a diversi macchinari.
D'improvviso, la consapevolezza lo trafisse al centro della fronte: rammentava di aver combattuto a piene forze contro un supercattivo particolarmente violento e tenace, contro cui aveva avuto la peggio, finendo ricoperto da macerie dall'esorbitante peso. Ricordava, poi, di aver improvvisato qualche battuta, tra le braccia di Ladybug, prima che l'oscurità annerisse i suoi ricordi. Prima di abbandonarsi ai pensieri preoccupati rivolti alla sua lady, al ragazzo venne in mente un altro nome, di qualcuno che poteva aver subito più danni di ciò che ci si potesse immaginare. Assicurandosi di essere completamente solo, nella stanza, ordinò a Plagg di sciogliere la trasformazione, e si ritrovò il piccolo essere accasciato sul petto.
«Plagg, stai bene?» domandò, schiarendosi una voce dopo aver notato quanto il bisogno di idratarsi stesse provocando una sensazione raschiante nella sua gola.
«Sono solo stanco e ho bisogno di camembert.» pronunciò il kwami, allungando una zampetta verso un punto che sembrava non concedergli possibilità di essere raggiunto.
Il biondo abbassò gli occhi sul proprio abbigliamento, riconoscendo il pigiama che stava indossando quando quel boato aveva spezzato in due la quiete della notte.
Per fortuna, il sedicenne era stato previdente, e aveva nascosto nella tasca ad un lato del suo torace una fetta del suddetto formaggio, per qualsiasi evenienza. La indicò alla divinità quantistica, che immediatamente si fiondò al suo interno, abbracciando il latticino come se fosse stata la sua unica ragione di vita.
«Plagg, so che sei stanco e tutto...» introdusse il sedicenne, abbandonando la testa dolorante sul cuscino scomodo del letto d'ospedale. «Ma se quando mi sono svegliato ero ancora trasformato significa che mi hanno prestato soccorso senza che io sciogliessi la trasformazione, quindi—»
«Sì, sì, ho capito.» brontolò il dio millenario, inghiottendo ciò che restava del suo riverito pasto.
Il ragazzo sorrise e, ben presto, s'addentrò nuovamente nelle vesti del gatto più carismatico di Parigi.

Call it what you want ~ Miraculous LadybugWhere stories live. Discover now