Mi ci vedi in Spagna per uno scambio interculturale?

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Non ho mai visto Jessica Mahone così arrabbiata.
Anzi definirla "arrabbiata", era un eufemismo.
Era sul punto di strangolarmi.
E non centrava nulla quell'ennesimo brutto voto in Trigonometria da dover spiegare ai suoi genitori.
Erano state le mie parole a mandarla in bestia.

Mi conosceva, l'aveva detto lei stessa.
Sapeva che non scherzavo e che in quel momento ero abbastanza seria.

«Tu sei completamente impazzita. Non puoi buttare al vento tutti i progressi che hai fatto, semplicemente non puoi. Io ho bisogno di te...»

Mi sorprese che invece di una sfuriata, senti quelle parole accompagnate con il tono calmo della sua voce spezzata dal dolore.

La mia migliore amica non piangeva mai davanti a qualcuno, riteneva la sofferenza un qualcosa di personale da tenere per sè.

Eppure, non mi fu difficile scorgere nei suoi grandi occhi color caramello, da sotto le sue folti ciglia, un luccichio che tentava in tutti i modi di reprimere.

Per un attimo, vedendola così, ho dubitato di me stessa e di quello che facevo.

«Jess...guardami. Non posso più vivere così. Ho smesso di farlo da un sacco, ormai io sopravvivo. E credimi, c'è una grande differenza tra vivere e tenersi in vita.»

Diedi più enfasi pronunciando "tenersi".

«I tuoi genitori non te lo permetteranno.» disse in un sussurro debole.

«Tra un paio di mesi compirò diciottoanni, e non avrò bisogno di un adulto per dovermene andare da questo posto. Quindi, che senso avrebbe opporsi?»

Ci fu qualche minuto di silenzio, poi lei lo spezzò.

«E cosa hai intenzione di fare appena uscita?» ancora non mi guardava, non ne era in grado.

Sospirai.

«Voglio tornare a scuola. Sono ancora in tempo, dato che siamo solo agli inizi di Settembre.»

Ci fu di nuovo silenzio.

«Stai commettendo l'errore più stupido, che tu potessi mai fare.» si fermò un attimo. Finalmente mi guardava.

«Però sei mia sorella e ti sosterrò sempre, anche se non sono d'accordo.
Per niente d'accordo.» detto questo, si fiondò fra le mie braccia, e mi strinse forte a sé.

«Promettimi però, che se qualcosa va storto, non esiterai a dirmelo, e che ritornerai qui.»

Io annui.

Lei continuò.

«Cosa dirai a tutti? Insomma sei stata via un anno. Quando chiedevano a me dove fossi, sono sempre stata molto vaga.» disse ancora abbracciata a me.

Non ci avevo mai riflettuto. Ero certa che non volevo sapessero della malattia. Involontariamente mi avrebbero trattata in modo diverso. E io non volevo essere diversa.

Io volevo essere Chloe Evans, non una malattia.

«Ehm...Mi ci vedi in Spagna per uno scambio interculturale?» buttai lì la prima cosa che mi passava per la testa, come mio solito.

Rise.

Sentirla sghignazzare mi alleggerì il cuore, ero più serena.

«Per niente.» disse con una finta smorfia di disgusto,facendo ridere anche me.

«Beh, se lo faranno andare bene, è l'unico che la nostra scuola abbia mai organizzato.» dissi infine.

«Ti voglio bene.» continuai.

La mia ultima chance sei tu.Where stories live. Discover now