Prologo

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Smile, always.

Una mano è tra i capelli di Blythe e con forza lo spinge a tener ferma la testa, sempre più al centro, sempre più in profondità. Il respiro è assente, la bocca aperta, l'acqua che entra nei polmoni. Attorno a sé non riconosce i suoni, le parole che gli vengono dette; sente solo il battito incessante del suo cuore.

Stringe forte il lavabo sotto di sé e prova, ancora, ad alzare il capo. Vuole respirare, ne sente il bisogno, ma quella mano è più forte di lui, è più forte della sua volontà. Sa bene che alla fine tutto cesserà, compreso il suo dolore, eppure non riesce a smettere di avere paura per la sua vita. L'acqua continua a entrargli nella gola e spalanca gli occhi quando il suo naso tocca il fondo.

A quella mano se ne unisce un'altra e i suoi capelli, ormai bagnati dalla radice alla punta, vengono tirati più forte, ma stavolta verso l'alto. Tossisce scompostamente e sputa tutti i liquidi che gli ostruivano le vie respiratorie.

Respira, finalmente. Tuttavia, non gli sembra affatto di stare bene, soprattutto quando incrocia, attraverso lo specchio che ha di fronte, le pupille di Matt, il bullo della scuola. Gli sorride e il suo ghigno sembra parlare da sé.

«Che c'è?» gli chiede, scuotendolo appena e facendogli finire il ciuffo di capelli castani davanti agli occhi. «Hai qualcosa da dire?»

Blythe ha tante cose da dirgli e sceglie di farlo nell'unico modo che conosce: con le espressioni del suo viso. Si assicura di incrociare il suo sguardo, prima di fingere un conato di vomito. Quello è il suo modo per dire che Matt fa schifo. Il cervello bacato del bullo, però, non recepisce il messaggio e si ritrova a chiedere spiegazione ai suoi due bracci destri: Lucas e Jasper.

«Credo che abbia detto che gli è venuta la nausea...» ipotizza Lucas.

Blythe alza gli occhi al cielo e scuote più volte la testa, negando. Punta il dito verso il vetro dello specchio, a indicare Matt.

«Io?» domanda quest'ultimo. «Io ti faccio vomitare?»

In risposta, il ragazzo annuisce.

«Brutto...!» inizia Matt, ma i suoi scagnozzi lo avvertono che sta per arrivare uno dei professori e allora lo spinge verso il muro.

Blythe perde l'equilibrio e finisce seduto a terra. La sua schiena striscia contro la parete dura e i suoi capelli bagnati gocciolano sulla maglia scura. Sposta lo sguardo e nota, alla sua sinistra, il suo zaino aperto. Anch'esso è zuppo d'acqua, ma a Blythe non importa, adesso. Ciò che conta, ora come ora, è riuscire a frenare le palpitazioni impazzite del suo cuore. Infila una mano nello zaino e va alla ricerca del suo inalatore; appena lo trova, se lo porta alla bocca e inspira due volte.

Soffia profondamente dalla bocca e agita ancora l'inalatore, mentre le sue orecchie avvertono dei passi pesanti.

☻☻☻

L'acqua scorre sulla sua testa stavolta per un motivo diverso: sta facendo la doccia. È sera e i suoi genitori l'hanno spedito a lavarsi perché lo scroscio dell'acqua calda possa attutire le urla che provengono dal salotto.

Blythe si insapona i capelli folti e lascia che il vapore entri nelle narici, tranquillizzandolo. Quando le sue vie respiratorie sono libere, lui si sente bene. Eppure, la sua testa è pesante, il cuore palpita forte e la sua mente non smette di ritornare a qualche ora prima.

«Com'è possibile che ha iniziato la scuola da soli due giorni e già l'hanno preso di mira?!» ha urlato suo padre.

Il professor Jackson, quando ha trovato il ragazzo riverso sul pavimento, ha provveduto seduta stante a chiamare i suoi genitori per informali dell'accaduto. Blythe ha sorriso ai suoi genitori quando loro gli hanno chiesto se fosse vero, e ha annuito. Sorridere per Blythe vuol dire che, anche se sta confermando ciò che gli viene domandato, in fondo sta bene.

«I bulli sono ovunque, James» ha replicato sua madre.

«Sì e chissà perché prendono sempre di mira lui!»

«Cosa stai insinuando?» Furiosa, Samantha si è avvicinata al marito, puntandogli contro l'indice della mano destra. «Stai dicendo forse che è colpa sua?»

Gli occhi della donna lampeggiano di una rabbia cieca, mentre aspetta con pazienza che James parli e, nella sua mente, spera che non commetta errori nel formulare una risposta.

«No, ma lui...»

Io li istigo, pensa Blythe.

È ciò che avrebbe voluto dire suo padre, ciò che pensa lui e ciò che è la verità. Il suo sorriso, stampato perennemente sul suo volto, ha sempre infastidito i peggiori soggetti. Tutte le volte è così, non importa quante città ancora potrà cambiare o a quante scuole potrà iscriversi. Blythe sa che, anche quella volta, andrà così. E non può farci niente.

«Perché lo fai?» gli chiede sempre la sua psicologa, la dottoressa Britney Murphy. Una scrollata di spalle, di solito, è la sua risposta.

«Perché non dovrei farlo?» vorrebbe rispondere. Invece, si limita sempre a chiudere lì il discorso.

Sono molte le cose che Blythe vorrebbe dire, sono molte le persone che non capiscono; ma più questi provano ad affossarlo e più lui spalanca la bocca in un sorriso, ogni volta sempre più ampio. Molti potrebbero pensare – e in effetti lo fanno – che quella sua espressione da furbetto sia un modo per prendere in giro, invece è solo il suo modo per difendersi. Altrimenti, sopraggiunge la pena, le espressioni di tenerezza... neanche fosse un cucciolo smarrito! Non lo è e non lo è mai stato. Sa che i bulli, in fondo, fanno bene a prendersela con lui: non è un debole.

Chiude l'acqua, apre la tenda della doccia e, prima di uscire, disegna uno smile sulle piastrelle umide.     

Attraverso i tuoi occhiWhere stories live. Discover now