35. Sei veramente tu?

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James è fuori la porta di casa McLean e, con un grosso dolore che gli preme lo stomaco, sta aspettando che gli aprano. Karl l'ha chiamato con estrema urgenza e lui è stato costretto a chiedere un permesso per uscire prima dalla fabbrica in cui lavora. Se pensa che quelle ore non gli saranno pagate gli viene da gridare, lì, davanti alla porta del farmacista più ricco della città.

«Ciao, James.» Karl lo accoglie e gli fa cenno di entrare in casa.

«Dov'è mio figlio?»

Non ha molta voglia di parlare né di restare tanto a lungo in quella casa, vuole solo tornare da sua moglie con suo figlio e chiudere al più presto questa storia. L'idea di rimettersi a litigare di nuovo con Karl perché Blythe si è ancora arrampicato sul tetto di casa sua gli fa venire voglia di vomitare e avverte il suo stomaco stringersi ancora di più. Anche se non sembra e nessuno se lo aspetterebbe da un ex pugile, James odia i litigi e le discussioni.

«Ciao, James» sussurra Amy, pulendosi le mani con uno straccio bianco a righe rosse, quando si ritrova James di fronte. L'uomo è entrato in casa senza rispondere al saluto di Karl, ma vuole solo prendere suo figlio e scappare via di lì.

«Ciao. Allora dov...» comincia, ma si blocca quando vede un ragazzino seduto al tavolo in cucina. «Che ci fai tu qui?»

Si aspettava qualsiasi cosa da quella giornata, tranne di trovare il bullo che ha reso i primi giorni di scuola un inferno in Terra per suo figlio. Trovarsi davanti quelle pupille così scure, quel viso da mascalzone e i vestiti sempre lugubri che indossa gli fanno scattare qualcosa dentro che non sa spiegare. Non picchierebbe mai un ragazzino, nemmeno sotto tortura, ma in questo momento sente l'istinto irrefrenabile di farlo, lo avverte formicolargli i polpastrelli e il palmo della mano destra.

"Il tuo gancio destro è perfetto" gli ripeteva il suo coach, ed è da moltissimo che non si sfoga nemmeno sul suo sacco da boxe. Ma si dà dell'imbecille per quello che sta solo pensando e scuote la testa in un movimento involontario, segno che sarebbe una stupidaggine.

Però, d'istinto, James si muove verso di lui e Matt fa strusciare la sedia sul pavimento nel tentativo di farsi indietro; ingoia il pezzo di pane, marmellata e burro di arachidi che stava mangiando e lo fissa impaurito.

«Era con tuo figlio» riassume Karl per lui.

A quel punto, James non può far altro che alzare gli occhi sul vicino di casa e di riservargli uno sguardo interrogativo. Blythe con Matt? Matt con Blythe? E perché?

«Si sono arrampicati entrambi, stavolta» parla ancora Karl, le braccia incrociate sopra al petto e l'espressione arcigna.

«Perché eri con Blythe?» domanda James al ragazzo, stringendo i pugni e nascondendo l'ira che monta dentro di lui sempre di più.

Matt inghiotte ancora, anche se non ha preso un altro morso del suo spuntino, e si schiarisce la gola tossendo appena. «Me l'ha chiesto lui» bisbiglia, lo sguardo basso e le gote che si colorano di rosso. «Ha detto che avrebbe voluto vedere Daisy e io...» Si blocca, deglutisce ancora. «Io l'ho aiutato.»

James non può credere alle sue orecchie, al fatto che davvero Blythe fosse in compagnia del bullo che l'ha riempito di botte e, non solo, gli ha anche chiesto aiuto!

Deve stare calmo, però, tirare un respiro profondo e non arrabbiarsi. Il più presto possibile finirà e sarà steso nel suo letto a riposare, al caldo.

«Vorremo parlare del fatto che tuo figlio era di nuovo sul mio tetto o...» Karl lascia volutamente in sospeso la domanda e James gli scocca un'occhiata di traverso.

«No, in realtà non mi va. Dov'è Blythe? Voglio solo tornare a casa.»

«Non ti va? Sei serio, James?»

Attraverso i tuoi occhiWhere stories live. Discover now