3. L'unico modo per capire

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Blythe è nei corridoi e con Noah alle calcagna non riesce a concentrarsi per capire da che parte deve andare per arrivare all'aula di Biologia. Non riesce a non pensare alla cattiveria dei professori che hanno redatto l'orario scolastico: mettere nello stesso giorno Geografia astronomica e Biologia è da sadici.

Ha rincontrato Noah durante la terza ora, quella di Letteratura, e ha scoperto che condividono anche le lezioni di Chimica e di Storia dell'arte. Sia Blythe che Noah frequentano il terzo anno. Blythe è stato contento, dopo lo scontro con il bullo, di rivedere Noah, e come prima cosa gli ha riferito della festa; ma tutto si sarebbe aspettato tranne che il ragazzo attaccasse un discorso lunghissimo sulla figata che sarebbe andarci.

«Amico, tu non capisci! Ma, d'altronde, come potresti? Sei nuovo qui!» esclama Noah, in preda al più sincero entusiasmo. «Quella che ti ha invitato è Allyson Black. Allyson Black, amico! Dopo Daisy McLean è la ragazza più popolare della scuola.»

Blythe si mette una mano sul volto, in un chiaro segno di non poterne più né di quel discorso né di quelle frasi che più di chiunque altro ha sentito nella sua vita. Cambiare scuola più o meno ogni anno per lui ha significato dover incontrare almeno venti ragazzi "più popolari della scuola". Ogni volta che gli viene detto, lo stesso pensiero gli riaffiora: popolari per aver fatto cosa? Cos'è che rende questi ragazzi degni di essere osannati dagli altri e di far sperare loro di essere invitati a una di quelle mega feste che si risolvono sempre con ragazzini minorenni ubriachi, risse e l'arrivo della polizia?

Alza le spalle e Noah pare offeso da quel suo comportamento indifferente.

«Non hai capito! Tu ci devi andare e io vengo con te!» Nel dirlo, Noah gli punta l'indice sul petto e Blythe si ferma a fissare quel gesto che non sa come interpretare. È troppa la confidenza che Noah pensa di poter avere con lui: non si conoscono nemmeno.

Lo scansa e per tutta risposta gli mostra il dito medio. Quello che non si aspetta è la risata isterica che segue a quel suo gesto: Noah pensa che stia scherzando.

«Oh, amico, sei fortissimo, lo sai?» gli dice, poi prova a mettergli una mano sulla spalla. Blythe sospira e si arrende ancora una volta.

I due continuano la loro marcia verso l'aula che sembra introvabile, quando Blythe scorge quella di informatica. Non ha né il tempo né la voglia di fare informatica, ma per tutta la giornata non ha fatto altro che pensare e ripensare a quanto gli sta accadendo in questi giorni.

Ferma Noah, prendendolo per il lembo della sua felpa di Harry Potter, e gli mima lo scrivere al computer. Noah capisce subito.

«Sì, ci sono dei computer nell'aula di informatica...»

Blythe socchiude gli occhi e serra le labbra, scrutando il ragazzo con un'espressione che lascia intuire che il sarcasmo di Noah non gli piace per niente. Un altro dito medio è la risposta che dà, per poi entrare nell'aula.

«Oh... okay... ci vediamo dopo, Blythe!» gli urla dietro Noah, rimasto fermo e spiazzato sulla soglia della porta.

Blythe continua a camminare e, senza voltare le spalle, alza un dito, ma stavolta Noah è sollevato nel constatare che è il pollice.

L'aula di informatica non la sta usando nessuno, se non qualche studente che fa ricerche, seduto ai grossi tavoli con sopra i computer e libri sparsi un po' ovunque. A Blythe non piace molto la tecnologia e tutti gli aggeggi informatici, preferisce, se deve fare una ricerca, prendere un buon libro in biblioteca e appuntare tutto ciò di cui ha bisogno. Ma per quanto abbia cercato in casa libri di psicologia o relativi alle funzioni cognitive, non ne ha trovati. La biblioteca della città, senza un apparente motivo, è chiusa e non è chiaro quando sarà riaperta. Quando ha visto quell'aula, quindi, il suo istinto gli ha suggerito che potesse per una volta lasciare andare la sua antipatia per internet e sfruttarla per il suo tornaconto personale.

Appena trova una postazione libera, ci si siede e poggia lo zaino sul tavolo bianco. Accende il computer e aspetta che questo vada in funzione. Quando si trova la barra di ricerca davanti, però, non sa cosa domandare a Google.

Quello che gli succede ha dell'inspiegabile per lui e non saprebbe proprio come riassumere in una semplice frase le mille domande che gli frullano per la testa. È una disfunzione cerebrale? Una magia? Qualcosa che ha a che fare con la spiritualità? Con i riti voodoo? È morto ed è diventato un vampiro che sa leggere nella mente degli altri e vedere attraverso i loro occhi? O forse è uno stregone?

Grugnisce e si passa entrambe le mani nei mossi capelli castani.

Impaziente, comincia a ticchettare sui tasti e a battere il piede sinistro a terra. Tira un respiro profondo e si dice che da qualche parte deve pur cominciare o non saprà mai la verità. Decide, allora, di digitare la prima cosa che gli viene in mente: vedere attraverso gli occhi degli altri.

Si guarda intorno, per essere certo che nessuno lo stia osservando, e scorre i risultati di ricerca. Ciò che trova, però, non lo aiuta per niente.

Vedere attraverso gli occhi degli altri, come spiegano quegli articoli che ha trovato, non è altro che un modo metaforico per dire "mettersi nei panni degli altri", non qualcosa di tangibile, di reale. Andare dritti al senso letterale di quella frase non sembra possibile. Eppure, è spinto a continuare a leggere per saperne di più. Pare che guardare con gli occhi degli altri possa farci capire i comportamenti di chi ci sta intorno, i loro pensieri e le loro azioni.

L'unico modo per capire, si dice. E in effetti è così. Seduto sul divanetto dello studio della psicologa è proprio questo che intendeva: in questo modo e solo così può riuscire a capire.

Si appoggia allo schienale della sedia di plastica e si mangiucchia il labbro inferiore, mentre riflette sulla fortuna che gli è capitata. Non sa mai quando una connessione potrà avvenire con un'altra persona (non lo sceglie lui, ma capita e basta), ma forse può riuscire a rimettere insieme i pezzi rotti e sfatti della sua vita. Può servirsi di questa cosa che ancora non capisce per migliore se stesso e la vita degli altri?

Si dice di sì, può farlo, ma a che prezzo? E se dovesse scoprire qualcosa di terribile, di spaventoso e di inconfessabile che cosa farebbe? Per quanto può avere le migliori intenzioni di questo mondo, ha deciso che non è Superman o un qualsiasi altro supereroe.

I pensieri sono molti e confusi, ma un urletto di una donna li fa sfumare a poco a poco. In quel silenzio che regna nell'aula, tuttavia, sembra l'unico ad averlo sentito. Per cui, dopo aver raccolto le sue cose, si alza con l'intenzione di andarsene; ma la luce accesa in quello che sembra essere il ripostiglio attira la sua attenzione.

Ci si avvicina, lento, e con passi cauti. Accosta il viso e con la coda dell'occhio riesce a scorgere due ragazzi che si stanno baciando. Gli viene da ridere e decide che è meglio filarsela e non farsi beccare a fare il guardone. Eppure, senza che possa controllarlo, si ritrova in quella stanza, di fronte al ragazzo; ed è ancora lui, Matt.

È vicinissimo al suo volto e il cuore gli batte forte nel petto. Avverte l'adrenalina e l'eccitazione sessuale salire sempre di più fino a fargli pulsare al centro dell'inguine. Il ragazzo gli bacia il collo e, per quanto vorrebbe scansarsi, non può muoversi: sa bene che sarebbe del tutto inutile.

«Oh, Matt... piano...» sussurra la ragazza.

Mani invadenti sono sotto la camicetta della ragazza, ma non sta accadendo adesso: è qualcosa di vecchio, di superato. La toccano e la violano senza lei possa dire o fare qualcosa; vorrebbe, ma non ci riesce. Sono quelle stesse lerce mani che la stanno toccando in questo momento.

Aspetta, ti prego, fermati.

A Blythe non serve vedere altro. Spalanca la porta e si scaraventa su Matt. 


Un capitolo un po' cortino, me ne rendo conto, ma aggiornando due volte a settimana ho deciso di non rispettare le regole che mi do quando aggiorno una volta a settimana. Fatemi sapere che ne pensate!

Detto questo, ci vediamo venerdì! 

Mary <3     

Attraverso i tuoi occhiWhere stories live. Discover now