38. Non posso stare qui

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«Non posso stare qui.» Matt lo dice con poca convinzione e forse con un pizzico di paura.

Dopo l'attacco di panico di Matt, nessuno dei due è tornato a lezione e adesso sono a casa Valkut. Blythe ha insistito tanto affinché Matt lo seguisse e lui con riluttanza ha accettato; sinceramente non capisce il tremore nella voce di Matt né perché non la smette di guardarsi intorno, furtivo.

«Tuo padre mi odia e se mi vede...» inizia Matt, cercando ancora di convincerlo che sta bene e che vuole solo tornare a casa sua, ma Blythe lo zittisce ponendogli tra le mani una barretta di cioccolato, lasciata da lui sul tavolo della cucina la sera prima. «Non la voglio, Blythe.»

Blythe scrolla le spalle, come a dirgli "fa un po' come ti pare" e va a sedersi sul divano del salotto. Matt lo segue senza emettere un fiato e, dopo aver posato il cioccolato sul tavolino da caffè, si accomoda di fianco a lui.

Blythe estrae dalla tasca dei pantaloni l'inalatore e si rende conto che è ridotto in tre pezzi. Non sa quando è successo che si sia rotto né come, ma forse ricollega il tutto a quando si è steso di scatto accanto a Matt sull'erba.

«Si è rotto?» domanda Matt.

Blythe non risponde perché in effetti non lo sa nemmeno lui. È la prima volta che il suo fidato compagno si è smembrato in questo modo, ma forse può provare a risanarlo, così come tante volte l'inalatore ha fatto con lui.

Afferra un pezzetto bianco e curvo e lo scruta per un po', cercando nella mente com'era l'inalatore prima che si frantumasse; lo mette da parte, pensando che gli servirà forse più tardi, e ne prende un altro.

«Quella volta...» comincia Matt, distraendo Blythe dalla sua operazione e facendogli alzare gli occhi su di lui. «Quella volta nel bagno. Se non ci fossimo fermati... Insomma, tu...»

È chiaro che Matt gli stia chiedendo cosa sarebbe potuto accadere se lui, Jasper e Lucas non fossero stati interrotti dal professore, il giorno che hanno provato ad affogarlo nel lavandino del bagno dei maschi. Eppure, nemmeno a questo Blythe sa dare risposta. Sinceramente non lo sa. Di certo, a una persona come lui per cui è più difficile di altri respirare, ci sarebbe voluto più tempo per riprendersi, ma alla fine ce l'avrebbe fatta.

Ancora una volta, Blythe alza le spalle per dirgli che non lo sa.

«Comunque mi dispiace» parla ancora Matt, «per quello che ti ho fatto quella volta, ma tu...» Blythe, però, non lo lascia finire perché gli lancia un'occhiata furente.

Lui cosa? Matt vorrebbe avere anche ragione, dopo tutto quello che gli ha fatto?

«Non fare quella faccia» insiste Matt, rimarcando le sue ragioni, «mi provocavi, l'hai sempre fatto.»

Un sorriso furbo spunta rapido sul volto di Blythe, che non può far a meno di dargli ragione: ha provato piacere, soprattutto i primi giorni di scuola, a far saltare i nervi al bullo.

«Visto? Quel sorrisetto del cavolo!» esclama Matt e un dito si muove rapido verso la guancia di Blythe. Tocca la fossetta che gli si forma quando sorride e lui ride ancora di più, ma poi quel gesto viene interpretato in maniera diversa da Blythe che non riesce a non ritornare con la mente a quanto hanno insinuato su Matt.

Gli angoli della bocca si abbassano e gli occhi si focalizzano sulle mani di Matt. Conscio del pensiero di Blythe, il ragazzo si scansa e pone tra di loro una distanza maggiore.

«Non lo sono, se è questo che pensi» gli dice. «Cioè io... lo credo...»

Blythe non si sarebbe aspettato quel tentennamento, ma non fa in tempo a chiedere cosa intenda che Matt continua a parlare.

Attraverso i tuoi occhiWhere stories live. Discover now