20. Troppo per me

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Blythe sta percorrendo il corridoio della scuola alla ricerca del suo amico, Noah. Lo cerca tra gli sguardi divertiti e ancora esaltati per la notte scorsa, tra le risate delle ragazze che riverberano tra le pareti, nei gruppetti di quei ragazzi che, in quella scuola, sono i "normali", coloro che non appartengono a nessuna categoria "figa".

Sbuffa e si passa una mano tra i capelli quando, giusto al centro della scuola, non lo vede da nessuna parte.

La sera prima, quella di quella maledetta festa, non è riuscito a raggiungerlo né a contattarlo in seguito. Noah è scappato e lui, ancora mezzo bagnato, eccitato e sconvolto, non ha avuto la prontezza per corrergli dietro.

Ha passato la notte in bianco, torturandosi i ciuffi della sua chioma, inspirando il medicinale del suo inalatore e sbloccando e bloccando il suo cellulare in attesa della risposta ai suoi troppi messaggi. Nella confusione di quanto successo, gli è anche passato di mente di andare da Daisy. Un SMS di prima mattina della ragazza, però, lo ha tranquillizzato sulla sua condizione fisica.

Daisy gli ha detto di stare tranquillo, che non è obbligato a passare da lei tutte le notti. E, per quanto si senta in colpa per ciò che era successo con Noah, Blythe ha tirato un sospiro di sollievo: almeno lei non è arrabbiata.

Ciò che lo tormenta ancora di più è che tutti, in quella scuola di provincia, stanno parlando di quella scena di cui lui, Allyson e Noah sono stati protagonisti.

Dal punto di vista delle ragazze, la storia è romanticissima: i due ragazzi che si innamorano senza mai dirsi veramente niente, un bacio dolce sotto la luna e al sapore di cloro. Dal punto di vista dei ragazzi, invece, la storia assume dei tratti diversi: lui che se la stava per scopare tra un boccone dell'idromassaggio e l'altro, ma viene bloccato da quello che è il suo vero amante, Noah.

Non vuole nemmeno pensare all'assurdità di certi pensieri e a quanto siano retrogradi e trogloditi; l'amicizia è amicizia e per Blythe è molto importante, soprattutto perché rara per lui.

Passa davanti a un gruppetto di ragazze e loro lo indicano parlottando e ridendo; ma finalmente, davanti al distributore di bevande, Blythe scorge Noah. Lo raggiunge a grandi falcate e quando gli è vicino lo strattona forse con troppa veemenza, perché l'amico si sposta e si pone entrambe le mani sul volto, a proteggersi.

Si rende conto del malinteso e alza le mani in segno di resa.

«Oh... scusa, non pensavo che fossi tu» borbotta Noah. Estrae una lattina di Dottor Pepper e prende il resto dal distributore. «L'aula di inglese e dall'altra parte, terza porta da sinistra.»

Blythe schiude le labbra e resta per qualche secondo interdetto dal fatto che Noah ricordi perfettamente gli orari dei suoi corsi; poi gli stringe il braccio e lo costringe a girarsi così che possano trovarsi faccia a faccia.

Si indica, poi fa lo stesso con Noah e con la sua bocca. L'amico lo conosce così bene che afferra al volo.

«Parlare di cosa?»

Blythe comincia a spiegare le sue motivazioni agitando le braccia, muovendo le mani e cambiando continuamente le espressioni del viso. Noah è in un silenzio strano per la sua persona, lo fissa solo con le labbra socchiuse e lanciando occhiate di sbieco ai suoi compagni che, curiosi, si stanno fermando per osservare Blythe e il suo discorso.

Dall'esterno, sembra che il ragazzo stia urlando, seppur, dalle sue labbra, non venga fuori nessun suono.

«Blythe...» sussurra Noah, lo sguardo ancora ai suoi compagni. «Blythe, non capisco.» Gli blocca le mani e Blythe, solo in quel momento, si rende conto della folla che si è creata intorno a loro.

Attraverso i tuoi occhiWhere stories live. Discover now