3. Maleducazione

819 47 6
                                    

Non avevo più una madre, né un padre, ma riuscivo a sopportare, fin troppo bene si direbbe, la mia situazione.

Alla base potevo camminare tra la gente senza che qualcuno, guardandomi, gridasse "O mio Dio! È un mostro!". Lì tutti si comportavano benissimo con me, e io riuscivo a sentirmi a mio agio. Nessuno dei ragazzi strani aveva mai detto niente della loro casa, o della vita che avevano avuto prima di essere portati lì. Ma la verità è che probabilmente alcuni di loro non avevano neanche qualcosa da ricordare, che li mancasse. Il dottor Hunt mi aveva detto che Dark era stata la prima ad essere portata alla Base. Aveva 3 anni, soffriva di una malattia ereditata e non sarebbe sopravvissuta se Hunt non le avesse iniettato il sangue del Mostro delle Nevi. La cosa più brutta però, è che tutti i nostri parenti erano coscienti della vita che ci sarebbe toccata una volta finito il "trattamento". Erano talmente disperati che invece di farci soffrire fisicamente, avevano preferito farci vivere con queste imperfezioni inumane. Però io non potevo odiare i miei. Loro non erano neanche sicuri che sarei sopravvissuta, non lo era nessuno. Mi ero risvegliata in quel crematorio perché il mio cuore aveva smesso di battere.

Per una notte ero morta.

Mio padre era un pilota, ma quella notte non era di turno. Aveva preferito non vedermi in quello stato, aveva preferito non sapere. Però alla fine ero soltanto stata fortunata. Io ero la numero 616, e di 616 sapevo che soltanto 4 erano sopravvissuti. Adesso 5, ma avevo un dubbio a cui avrei potuto rispondere solo sapendo il numero del nuovo arrivato. Pensai così: era più grande di 616, avrebbe significato che i dottori continuavano a fare esperimenti su ragazzi moribondi. Se invece era meno di 616, c'era ancora la possibilità che questo non stesse accadendo. Non riuscivo a capire se quegli esperimenti erano un bene o un male. Di certo erano una possibilità per chi, come me, Darcy, Ryan e Sam non sarebbero restati in vita senza le "particolari cure" del dottore Hunt, ma se fatti a età fragili, i pazienti non potevano scegliere di morire prima del tempo o di vivere con pinne e code di cane che dovevano anche imparare a controllare. Dette così, queste possibilità non sembrano molto invitanti, giusto? Lo pensavo anch'io.

Erano le 20:55

Sam e Dark erano tornati. Ancora una volta eravamo tutti in salotto, io stavo leggendo un libro, così faceva anche Sam, mentre Ryan guardava la TV e Dark si metteva lo smalto sulle unghie. Qualcuno bussò alla porta e la aprì. Era Hunt, con il sorriso sulle labbra.

«Amici miei, vi presento Mike.» si spostò e dietro di lui apparve un ragazzo più o meno della mia stessa età, capelli neri, occhi verdi, alto, con una valigetta in mano. Noi lasciammo in sospeso le cose che stavamo facendo e lo guardammo. Non sapevo leggere nella mente, ma ero certa che tutti si stavano chiedendo qual'era il suo potere speciale, la cosa più spontanea da chiedersi, per noi.

«Ciao.» mormorò lui. «Allora, qual'è la mia camera?» chiese rivolgendosi al dottore.

«Felici di conoscerti... O no?» disse Ryan guardandomi. Mike era appena entrato nella Casa e già aveva fatto bella figura.

«Non ti interessa sapere i nostri nomi?» chiesi alzandomi in piedi e guardandolo in faccia.

«Oh, lasciami indovinare! Tu sei Montone, lui è Serpente, l'altro è Rossetto e l'altra si chiama Bongo.» Sam aveva le braccia scoperte, si vedevano le scaglie color smeraldo e una volta che Mike parlò, chiamandolo serpente, le nascose al petto. Dark si mise le mani sulle corna, triste, e anche Ryan si alzò in piedi con aria di sfida. Io rimasi impassibile.

«E tu invece? Sembri normalissimo. Eppure si dice che il diavolo non si presenta con le corna, ma con ali da angioletto.» lui deglutì e distolse lo sguardo.

«Basta, Anna!... Mike è stanco, deve riposare. Vieni, ti porto al dormitorio dei maschi.» Hunt andò avanti, e dopo avermi lanciato un ultimo sguardo, lo seguì anche Mike.

«E' maleducato...» sussurrò Dark.

«Uno stronzo!» gridò Ryan fuori di sè.

«E pensare che lui è esattamente come noi...» completò Sam.

«Non dovete prendervela.»

«Ma ti ha chiamato "Montone"!» disse Dark.

«E' stato trasformato da poco. Non riesce ancora ad accettare la nostra vera natura.» replicai io come se stessi pensando a voce alta.

«Non me ne può fregare di meno! Se non cambia il suo atteggiamento rozzo, qui non ci sta! Giuro che brucio il culo a quel maledetto! "Rossetto"?! Ma come osa?!» Se lui è rozzo... Tu cosa diavolo saresti?!  odiavo quando qualcuno gridava, odiavo i rumori forti, e se Ryan continuava a fare così, avrei odiato anche lui.

«Chiudi il becco, Ry!» non erano poche le volte che parlavo in quel modo, ma poche erano le volte in cui parlavo in quel modo a qualcun altro che non fosse lui. Si scaldava troppo, e lo faceva quasi ogni giorno.

«Ok, calmiamoci tutti.» disse Dark.

«Che facciamo?» chiese Sam.

«Tutti a nanna, sono le 22.» replicai andando verso la mia camera.

«Certo, ma se domani non avrà più la faccia, non incolpare me, eh!» disse Ryan.

Dopo averci messo a letto, Darcy disse:

«Ho davvero le corna da bongo?» era ancora tristissima per quella specie di buffa offesa che il nuovo ragazzo le aveva gridato senza che lei gli avesse fatto nulla.

«I bongo sono belli.» dissi anche io sussurrando. «Ne hai mai visto uno?»

«Non so neanche cosa vuol dire "bongo".» com'era piccola e bambina, quella ragazza dalla forza di cento soldati... Si era offesa pur non sapendo cos'è un bongo.

«Io una volta, da piccola, sono andata allo zoo. Ne ho visto uno, ed era stupendo. E poi le sue corna... Una cosa da non credere.» lei si girò su una parte e mi sorrise. Non era più triste.

«Invece le tue corna non sono da montone. Sono molto più graziose.» i nostri letti erano vicinissimi, quindi si alzò e mi diede un bacio sulla guancia, poi si rimise a letto. Ero felice di averle tirato su il morale. 

Paziente Nr. 616Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora