13. Di nuovo insieme Parte 2

409 25 10
                                    

«Lei non morirà.» disse deciso Ryan a pugni stretti.
«Vuoi proteggerla?» chiese Lady Darkness.
«No, la proteggerò.» lei fece un sorrisetto.
«Sii sincero con te stesso, è già un mostro, non credo che la puoi proteggere peggio di così.»
«Vuoi che sia sincero? Ok, penso che tra tutti noi, qui, l'unico mostro sia tu.»
«Oh, credi che non abbia mai sentito la classica frase "un libro non deve essere giudicato dalla copertina"? Prendi me, ad esempio: io volevo solo aiutare Anna, ma sembra proprio che sia affetta da una malatia incurabile.»
«Cioè?» chiesi attenta alle sue parole.
«La stupidità!» gridò mentre il suo viso cambiava totalmente aspetto. Divenne cupa, sinistra. «Non c'è cura per il tuo aspetto, cosa credi accadrà? Il mondo non accetta quelli come noi, Anastasia.»
«Il fatto che non abbia accettato te non significa che non accetterà me, noi. Già, perché io, Denise, non sono sola. Non lo sono mai stata, per me ci sono sempre state persone che mi hanno aiutato ad accettarmi così come sono, perché io ho accettato il loro aiuto. Forse il dottore ha sbagliato a ridarti la vita, forse meritavi davvero di morire, ma lui ha fatto solo ciò che pensava giusto, lo fa sempre.» dissi mentre la mano di Ryan si avvicinava alla mia.
«Bugiarda!» si scagliò su di noi, ma la voce del dottor Hunt la fermò all'improvviso, scoprendo il suo volto spaventato, che in quella posizione faceva sì che Lady Darkness sembri più vecchia, e le tolga il bellissimo luccichio che aveva negli occhi quando sembrava così calma e innocua, ma letale allo stesso tempo. Adesso sembrava solo una donna anziana con il terrore disegnato sul volto e più che esserne impaurita, avevo pietà per lei.
«Denise!» la voce del dottore rieccheggiò nelle mie orecchie come un grido di salvezza. I ragazzi erano già pronti ad intervenire, ma voltarono subito la testa a guardare Hunt arrivare a passo abbastanza lento, come se quello fosse il momento giusto. Per me poteva arrivare anche prima.
«Tu...» mormorò lei fissandolo incredula. «Sei... vecchio.» continuò piano.
«Anche tu.» rispose lui sorridendo e avvicinandosi come se niente fosse. Arrivò accanto a noi, poi si mise davanti a Lady guardandola in tutto il suo splendore. Io e Ryan indietreggiammo, ma restammo comunque vicini a loro.
«Riconosco questi occhi color ambra, ma faccio fatica a capire di chi sia il corpo che ho davanti.»
«Sono io, Denise. Sono Dean.»
«No, non può essere vero. Ho giurato a me stessa di non incontrare mai più l'uomo che mi ha uccisa.»
«Ti sei uccisa da sola, io ho solo cercato di riportarti in vita, senza pretendere che tu tornassi da me. Perdonami se non ci sono riuscito.»
«Hai... hai davvero cercato di salvarmi? Anche dopo averti fatto soffrire?» il suo viso si inondò di lacrime e riusciva a stento a parlare.
«Io ti ho sempre amata, ma ho sbagliato. Siamo umani, e facciamo sbagli stupidi anche quando la cosa giusta è così evidente.» Denise lo guardò negli occhi, poi lo abbracciò teneramente. Io e Ryan ci guardammo nello stesso momento e solo allora ci rendemmo conto di tenerci per mano. Imbarazzati ci ritirammo le mani mentre gli altri dietro di noi cominciarono a gridare dalla felicità. Io pensavo che avremmo dovuto combatterla, ma l'unica cosa di cui Denise aveva bisogno era rincontrare il dottor Hunt.

Stavamo cenando. Eravamo tutti insieme: Mike, Darcy, Sam, Ryan, Celia, Jack, James, Denise, il dottore ed io. Era una scena che mi faceva tornare alla mente le cene di domenica sera quando mamma preparava il suo dolce con le noci e papà invitava i zii a casa nostra. Avevo due cugini gemelli, Charles e Kelly, di un anno più grandi di me, con cui giocavo ogni volta che ci incontravamo. Mentre papà e lo zio Nathan guardavano una partita di basket in tv, la mamma e la zia si scambiavano ricette di dolci, io e i gemelli uscivamo fuori a cercare lucciole in giardino, che noi bambini assomigliavamo sempre a una piccola foresta per i tanti alberi sparsi qua e là. Raramente ne trovavamo qualcuno, ma adoravamo riprovarci lo stesso, senza arrenderci. A volte ci sporcavamo di fango e la mamma si rifiutava di darci da mangiare fino a che non ci saremo lavati. Kelly era molto obbediente, invece io e Charles, per non lavarci, aspettavamo finché la cucina non si eliberava, per poi andare a rubacchiare ciò che si doveva servire poi alla cena.
La cena di questa sera mi era famigliare perché Mike e Ryan continuavano a bisticciare per chi avesse preso il pezzo più grande di carne, James e Jack cercavano di fermarli, il dottore e Denise mangiavano incantati guardandosi negli occhi, Darcy stava imboccando Sam, mentre lui arrossiva e Celia mangiava tantissimo e per una volta sembrava meno formale. Io ero ferma ad osservarli tutti, il mio piatto vuoto e le posate ancora pulite, mi sentivo così bene in quel momento che sarei potuta scoppiare a piangere dalla gioia. Ryan finalmente mi lanciò un'occhiata confusa e mormorò:
«Tu non mangi?»
«Certo...» risposi fissandolo per un breve istante, sempre incantata.
«Sembri felice.» disse lui.
«Ce l'hai fatta, alla fine.» dissi sorridendogli.
«A far cosa? Se intendi che ho fatto amicizia con Mike...»
«A capirmi. Ci sei riuscito.» risposi cominciando a mangiare anche io.

Finita la cena, mentre tutti si stavano alzando, sentì il dovere di chiedere la boccetta a Denise.
«Signora Denise... Mi può dare il sangue di ibrido?»
«Certo Anastasia, prendi.» mi allungò la boccetta presa da una tasca, ma prima di lasciarla disse: «Ti ringrazio.» io le sorrisi, poi presi il siero. «Mi puoi fare un favore? Butta quella cosa, distruggila se necessario.»
«Perché?»
«Perché abbiamo già avuto abbastanza guai, non credi?» io capì quello che intendeva. Misi la boccetta in tasca con il pensiero di buttarlo più tardi, e seguì i ragazzi che andavano in salotto.

Paziente Nr. 616Donde viven las historias. Descúbrelo ahora