13. Un Thè

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-Ja-mes.- ringhiò Lily e James fu certo che se ci fosse stato un Cappello Parlante in quel momento, lui sicuramente non sarebbe finito in Grifondoro. Quando la moglie lo chiamava così, separando le sillabe del suo nome e scandendole con apparente calma, lui sapeva benissimo che c’era una sola cosa da fare.
Agire d’astuzia.

-E’ stato il gatto!- esclamò, un sorriso tirato sul volto e una mano che si infilava sotto il mantello nell’eventualità che fosse costretto a difendersi da una fattura di Lily, che in quel momento aveva abbandonato l’aria fintamente tranquilla e sembrava stesse cercando di ucciderlo senza usare la bacchetta.
Incolpare il gatto era una buona tattica: distraeva Lily da qualunque altra accusa, costringendola a lanciarsi in un’arringa in difesa dei diritti della palla di pelo che terminava solo con lo sguardo di scuse di James e una qualche carezza tra quelle che sarebbero dovute essere le orecchie di MrDoutle.
-Lo so che è stato il gatto, razza di idiota! E non farmi urlare perché sennò sveglio Harry e non è proprio il caso, vista la quantità di tempo che ci ho messo per farlo addormentare oggi. Quei dolcetti che ha mandato Sirius sono pericolosi, assolutamente. Hanno il potere di renderlo così euforico e iperattivo che in confronto tu prima di una partita di Quidditch sembreresti una casalinga depressa...- cominciò a lamentarsi Lily, ma James percepì solo alcune delle parole, troppo concentrato nel recepire l’informazione che per una volta era stata davvero colpa del gatto. Sospirò e Lily colse quel suono in un attimo, arrestando la fiumana di parole e riportando lo sguardo sul marito.
-Il fatto che sia colpa del gatto non vuol dire che tu sia innocente!- ringhiò di nuovo e James sollevò le sopracciglia, curioso.
-Tesoro, se è colpa del gatto che colpa posso avere io?- chiese, un sorriso smagliante che doveva coprire la smorfia di acuto divertimento che voleva propagarsi sul suo volto. Lily era diventata tutta rossa e stava torturando la catenella della collana con le dita lunghe e magre, il ritratto della tipica persona che si sta trattenendo con sforzo immane dall’uccidere qualcuno.
-Era sotto la tua responsabilità!- strillò lei, puntandogli un dito contro e scatenando una serie di risatine che si propagarono dal petto di James lungo tutto il braccio della ragazza.
-Ma io ero al lavoro!- si difese tra una risata e l’altra. Il terrore iniziale era sparito, soppiantato da un profondo divertimento. Certo, non avrebbe potuto definireadorabile quella versione isterica della moglie, però non poteva fare altro che guardare ammirato con quale forza d’animo lei portasse avanti quella causa evidentemente persa in partenza.
-Era tuo il compito di chiudere le finestre!- replicò lei, piccata e James sospirò, avvicinandosi a lei e posandole una mano sul braccio.
-Ti devo ricordare chi ha insegnato al gatto ad aprire le finestre da solo?- ribattè lui e Lily arrossì di nuovo, gonfiando le guancia e aprendo e chiudendo la bocca davanti all’espressione vittoriosa del marito. James le sorrise e la strinse in un abbraccio, posandole le labbra sulla testa e sentendola sbuffare mentre tentava di spingerlo via.
Il bello delle loro litigate era che nessuno dei due era mai totalmente serio: erano troppo abituati a vivere in una simbiosi quasi totale per trovare davvero qualcosa che facesse completamente infuriare l’altro.

-Dunque, che cosa ha combinato la palla di lardo...pardon, pelo, stavolta?- chiese James staccandosi dalla moglie e guardandola mentre sbuffava nel sentire il modo in cui lui apostrofava MrDoutle. Si rendeva conto lei stessa che era grasso, ma sentirlo dire da altri era come rendere la cosa sgradevolmente reale e lei ne aveva paura. Aveva paura di avere una conferma dei propri timori –e magari fossero stati relativi solo alla linea del gatto- e talvolta si sentiva come uno di quei bambini che si mettono le mani sulle orecchie pur di non udire i rimproveri dei genitori. James conosceva questo lato di lei e talvolta ci scherzava su, per alleggerire la tensione e per aiutarla, perché sapeva che spesso la paura risiede proprio nella paura stessa di aver paura.
-MrDoutle non è....-
-Grasso? Lily, quel gatto a stento passa per la porta!- la interruppe lui, alzando gli occhi al cielo. Lily aveva un’espressione combattiva stampata in faccia e lo guardava cercando di incendiarlo con gli occhi.
-Oh, non diciamo sciocchezze! Semplicemente, ha un pelo molto lungo!-
-Intanto sono io che mi occuperò di dare da mangiare ad Harry...-
-Ma se non sai nemmeno dargli un po’ di latte dal biberon!- si lamentò Lily e James scosse le spalle, sconfitto dall’argomento della moglie che, a differenza degli altri, aveva un fondamento reale.
-Comunque sia... il gatto è scappato dalla finestra nella casa della nostra vicina e ha rovinato un paio di libri di grande valore...- continuò Lily, scrutando minacciosa James, che non aveva la minima idea del perché lei lo stesse incolpando con così tanta veemenza.
-Tesoro, siamo in un villaggio di maghi, le cose si riaggiustano facilmente...- sospirò lui e Lily, che stava per diventare isterica a livelli indicibili, aprì la bocca come un pesce irritato e la richiuse subito dopo, aggrottando la fronte e stringendo i denti.

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