3.

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– Julia, svegliati! Vieni a vedere!

Senza neanche rendermene conto, caddi giù dal letto sbattendo rumorosamente la testa contro lo spigolo del comodino.

– Julia, che aspetti? Corri! – dopo qualche istante, realizzai che era mia sorella Carla a chiamarmi.

Mi infilai un vecchio paio di pantofole e corsi al piano inferiore. Carla teneva il viso pigiato contro una finestra macchiata di vernice bianca, mentre Michael era di spalle in fondo agli scalini, oltre la veranda di legno ammuffito. Tutti i bambini osservavano silenziosamente la scena, seduti sulle scale che portavano al piano superiore.

– Cosa succede? – chiesi assonnata, sfregandomi gli occhi.

– Vieni a vedere. – rispose Michael.

Oltrepassai la soglia e, ancora prima di scendere gli scalini, mi accorsi che anche tutto il vicinato era fuori di casa. Il viale brulicava di gente come non era mai successo prima. Bisbigliavano qualcosa; perfino dall'Oltretomba -il quartiere più povero- mi arrivò il chiacchiericcio sommesso delle tante bocche affamate che sussurravano eccitate. Abbassai gli occhi: il mio cuore perse un battito e le orecchie iniziarono a fischiare.

La strada era ricoperta da un tappeto di volantini. Erano dappertutto, incollati ai secchioni dell'immondizia, tra i rami spogli degli alberi e persino nelle fessure dei tombini di rame.

– La libertà è potere. – lesse Michael ad altra voce – Cosa significa? – chiese, voltandosi.

– Michael, lascia quel volantino e torna dentro. – ordinai.

Carla ci raggiunse e ne raccolse uno a sua volta. I capelli corvini le nascosero il viso quando si piegò in avanti.

– Pronto a combattere? – concluse la frase –Cosa vuol dire? Ci sarà un'altra guerra? – piagnucolò.

– Ragazzi, non costringetemi a trascinar...

Prima che potessi finire la frase, sbucò dall'angolo un enorme carro armato nero. Dalla botola sul tettuccio comparve un Correttore con in mano un megafono. Portava sulla testa un casco metallico con una visiera elettronica, la vedevo illuminarsi di scritte verdi ogni volta che l'uomo posizionava lo sguardo su un cittadino.

– Tornate in casa. Non raccoglieteli e tornare in casa. – ordinò.

Quasi tutti si sbrigarono ad obbedire, rientrando frettolosamente nelle proprie abitazioni traballanti. Qualcun altro , come Michael, continuò a trattenere imperterrito gli occhi sulle pericolosissime frasi.

– Tornate in casa. È un ordine. – ripetè il Correttore, estraendo la lucida pistola nera e puntandola nella nostra direzione.

Prima che decidesse di premere il grilletto, afferrai mio fratello per la manica del pigiama e lo trascinai in casa. Mi voltai e scoprii la signora Geltrude e il signor Malacaj proprio davanti a noi.

– Avrebbero dovuto fucilarti. – disse Geltrude rivolta a Michael, mostrandogli un ghigno rabbioso – Una bocca in meno da sfamare.

– Non è un problema per me procurare cibo anche per lui. – puntualizzai.

La vecchia mi guardò truce, mentre suo marito si sfilava lentamente la cintura dai passanti dei pantaloni. Avrei voluto poter fare qualcosa, fermarlo o intromettermi. Ma non potevo muovere un dito, altrimenti i due terribili anziani avrebbero fatto ricadere le conseguenze su tutti gli altri bambini. Rimasi, mio malgrado, immobile a guardare.

– Caro ragazzo, credevo che avessi imparato ad essere più obbediente. – disse lui, prima di sferrare il primo di una lunga serie di colpi sulla schiena di Michael.

NECTARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora