19.

1.6K 111 16
                                    

Mi avevano rinchiusa in una cella buia e logora. Nei sotterranei umidi del Palazzo di Giustizia, il freddo era talmente intenso da penetrare nelle ossa.

Passai tre giorni interi lì sotto, nascosta al resto della vita. Un Correttore mi portava regolarmente pane e acqua, ma non osava rispondere alle mie insistenti domande.

E ora?

Cosa sarebbe successo?
Sarei diventata una Dissolta. Mi avrebbero lasciata andare o mi avrebbero trattenuta ancora per il mio Nettare?

Sentii dei passi avvicinarsi e capii subito, dal suono dei tacchetti di cuoio che battevano contro il pavimento di pietra, che non era un Correttore.

– Che grande, immenso dispiacere. – esordì il presidente Keller – Davvero un gran peccato. E dire che avevo scommesso su di lei. – disse, puntandomi addosso la luce di una torcia elettrica.

Il bagliore improvviso mi costrinse a chiudere gli occhi per il dolore.

Tutte le volte che mi ero immaginata l'incontro con Keller, mi ero vista accucciata in un angolo per nascondermi a lui e al suo potere.

Invece ero in piedi, al centro della cella con la testa alta. Non avevo paura e la cosa mi preoccupò.

– Cosa succederà ora? – chiesi con fermezza. La voce non mi tremò neanche un attimo.

– Vediamo... – finse di pensare – subirai la pubblica gogna, verrai bollata come Dissolta e poi tornerai a compiere il tuo dovere nei laboratori.

– Cosa dirà la gente quando scoprirà che il loro presidente tiene come soldato una Dissolta? – chiesi sprezzante.

Il presidente, trattenendo un sorriso, prese a camminare su e giù davanti alle sbarre della mia cella, intanto che cercava le parole adatte per spiegarmi le sue intenzioni.

– Non dirà nulla.

– Ne è davvero così convinto?

– Certo, perché non lo sapranno. – ghignò –Vedi, dopo la pubblica gogna io ti condannerò a morte. In fin dei conti, rimandarti nei laboratori è realmente una sentenza di morte. Giusto?

Avrei voluto urlare, ma se avessi ceduto davanti agli occhi di quell'uomo, non me lo sarei mai riuscito a perdonare. Non potevo dargli quella soddisfazione.

– Come funzionerà... la mia pubblica gogna? – chiesi incerta.

Quello, forse, era ciò che più mi spaventava. Non avrei gestito l'umiliazione di essere spogliata davanti alla città intera.

– Signorina Wax, mi ha forse preso per un mostro? – disse mantenendo il suo glaciale sorriso soddisfatto – Gli uomini d'onore come me, non spogliano le donne in pubblico.

Per un istante mi sentii sollevata. Poi la rabbia rimontò feroce nel mio petto.

– Lei non ha onore, signor Keller. – risposi, evitando appositamente di chiamarlo "presidente" – Il suo governo si basa unicamente sulla paura.

– È esattamente questo il punto! – ribatté divertito. Nei suoi occhi intravidi una strana scintilla, come se godesse nell'essere sfidato – Qual è il modo più efficace affinché un popolo ti segua e ti rispetti?

– È paura, non rispetto.

– È la medesima cosa: l'uno è conseguenza dell'altra e viceversa. Vuoi convincere la gente a fare qualcosa o anche a credere in qualcosa? Usa la paura.

– Questo sistema non durerà in eterno. — ribattei con forza.

– Oh, cara. Dura da sempre, invece. Dall'alba dei tempi. — rispose compiaciuto.

– Ma non funziona con tutti, non è vero presidente? – dissi, pungendolo sul vivo.

La mascella di Keller si contrasse in una smorfia dura, ma subito si costrinse ad assumere un atteggiamento divertito. Non mi avrebbe mai dato la soddisfazione.

– A quel punto interviene il potere, signorina Wax. Buona permanenza. – concluse indicando le mura della mia cella, prima di sparire lontano dai sotterranei.

NECTARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora