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La vegetazione era sempre più fitta ad ogni passo. I folti arbusti quasi ci impedivano il passaggio, mentre le palme da olio filtravano i potenti raggi di sole che, altrimenti, ci avrebbero ustionato.

Kasius era avvolto in un turbante di lino di un verde vivo, simile a quello della flora che ci circondava; tremava con una foglia intanto che si guardava freneticamente attorno con sospetto. La sua pelle chiara era coperta da un velo di sudore, la bocca carnosa gli era diventata rossa a furia di mordersi le labbra per l'agitazione e i capelli dorati gli coprivano gli occhi carichi di terrore.

– Kasius! Alla tua destra! – allertò Carter indicando un grande serpente verde smeraldo, sbucato da dietro una roccia ricoperta di muschio.

Le sue squame brillavano di una luce inquietante e dalle due zanne, che spuntavano dalle sibilanti fauci spalancate, colava un liquido verdastro: non potei fare a meno che pensare al Nettare.

Kasius sfilò con agilità un pugnale dalla sua cintura e lo lanciò con un movimento esperto del polso; la lama andò a conficcarsi al centro della testa del serpente fino ad inchiodarlo al tronco di un sempreverde.

Il ragazzo mantenne una calma sorprendente ma, non appena la lingua biforcuta dell'animale smise di soffiare, lanciò un gridolino impaurito. Sembrava come se avesse due diverse e ben distinte personalità.

Keller gli metterebbe volentieri addosso le sue luride mani, nella frenesia di scoprire quali segreti nasconde il suo cervello mi dissi. Mi stupii di quel pensiero.

– Mira da maestro. – commentò Samshara, sfoderando un sorriso soddisfatto.

Riprendemmo il cammino nel silenzio più totale, accompagnati unicamente dal garrire dei pappagalli dai colori sgargianti.

Decidemmo di accamparci in una minuscola radura solo quando calò la notte. Accendemmo un falò e, dopo aver scaldato e ingurgitato una piccola porzione di zuppa in scatola, ci rifugiammo nei nostri sacchi a pelo lasciando Samshara al primo turno di guardia.

Dopo qualche istante che mi fui stesa, Carter si intrufolò accanto a me sotto la coperta imbottita.

– Cosa hai? – mi chiese in un sussurro, portandomi un riccio ribelle dietro l'orecchio rimastomi.

– Cosa? – farfugliai.

– Sei strana, sembri persa nei tuoi pensieri. – insisté – Dimmi che succede. – mi incoraggiò con un sorriso.

Quando apparvero quelle sue meravigliose fossette agli angoli della bocca, sentii uno strano formicolio al basso ventre; arrossii violentemente.

Se ne doveva essere accorto, perché di punto in bianco mi ricoprì di affettuosi baci che scivolarono dalla bocca, sul collo, fino ad arrivare alla scollatura della mia maglietta nera aderente.

– Non è il caso, Samshara ci guarda. – lo respinsi, cercando di trattenere una risata.

– Quindi? Non stiamo facendo nulla. – rispose con innocenza.

Riprese a sfiorarmi il collo con le sue morbide labbra, a quel punto mi costrinsi ad allontanarlo con una mano.

– Dimmi che succede. – riprese, cercando di nascondere la frustrazione provocata dal mio rifiuto.

– Non lo so. – ammisi – Solo... mi sento in trappola, riesci a capirmi?

– Per via di Keller? O di Dorian? – pronunciò il nome del fratello con un certo ribrezzo.

– No, no, non per loro. O meglio, anche. Ma per quelle alte mura di pietra. – confessai – Una volta fuggita da Beehive ho creduto che non avrei mai incontrato più nessun muro a bloccarmi la strada, mi sono permessa di sentirmi...libera. Ma ora, ecco, ora non mi ci sento più.

– Oh... – sospirò Carter sorpreso.

– Lo so, è una sciocchezza. Lascia perdere. – mi affrettai a dire, intanto che mi voltavo dalla parte opposta, dandogli le spalle.

– No, affatto! Non è sciocco. – mi rassicurò con entusiasmo – Mi sento così anche io! Solo... solo non è il momento giusto per pensarci. Dobbiamo risolvere questo casino senza farci sopraffare da qualcosa di ancora più grande di noi.

– È questo il problema: il fatto che esiste qualcosa di ancora più grande, qualcosa per il quale sono ancora più impotente. Mi capisci?

– Certo, pienamente. – riconobbe.

– Non pensiamoci ora. – tagliai corto – Dobbiamo riposare.

Sistemai la testa sul cuscino e chiusi gli occhi.

– Buona notte. – sussurrò Carter ad un centimetro dal mio collo.

Prima di riuscire a rispondere, caddi in un sonno profondo.

**********

– Ragazzi? C'è... c'è qualcuno! – la voce stridula di Kasius mi strappò dal sonno.

Scattai in piedi insieme agli altri miei compagni. Afferrai l'impugnatura della pistola e la sfilai dalla cintura.

Da dietro una serie di folti arbusti, sbucarono tre figure nere incappucciate. Una di queste abbassò il copricapo lasciando scoperta la sua testa nera. La prima cosa che notai fu l'occhio tatuato al centro della fronte spaziosa.

– Ciao sorellina. – salutò Asad con un ghigno.

NECTARWhere stories live. Discover now