54.

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Correvo tenendo il passo del resto della squadra. Il freddo pungente aveva paralizzato le mie paure: ora sentivo solo l'adrenalina scorrermi nelle vene, riscaldandomi dall'interno.

A poche centinaia di metri dalla città, rallentammo il passo. Le mura erano alte e possenti, più di quanto mi ricordassi. Mi immobilizzai qualche istante a contemplarle, come se le vedessi per la prima volta. Il mio sguardo percorse le increspature e i depositi di sabbia fino ad arrivare alla cresta, dove notai decine e decine di Correttori di guardia. Indossavano la solita armatura d'acciaio verniciata di bianco, la pistola nella fondina e il mitra sotto braccio. Erano appostati a circa un paio di metri l'uno dall'altro e chiacchieravano animatamente tra di loro.

Carter si portò un dito davanti alla bocca intimandomi di fare silenzio, poi con un cenno della mano mi incoraggiò a seguirlo.

Percorremmo il perimetro delle mura nel buio più pesto e, grazie alle tute nere che indossavamo, riuscimmo a non farci notare dalle guardie che a due centinaia di metri da noi restavano impassibili come corvi sulla cima della fortificazione.

Raggiungemmo il punto parallelo al varco tra le mura e aguzzammo la vista in cerca dell'apertura del tunnel.

– Ehi! – bisbigliò Michael, indicando qualcosa davanti a lui.

Quando lo raggiungemmo, notammo un piccolo lembo di terra muoversi freneticamente.

Qualcuno sta scavando!

Mi inginocchiai a terra, seguita dai miei compagni e cominciai a scavare.

Poco tempo dopo, le nostre mani si incontrarono con quelle del Ribelle che apriva la fila.

– Siamo noi, siamo Ribelli! – sussurrò Samshara – Siamo venuti a prendervi.

Dallo scavo nel terreno, riuscivo a vedere solo una porzione del viso dell'uomo. Per poco non cacciai un grido di gioia.

Elia!

– Aiutatemi ad allargare il passaggio! – rispose bisbigliando.

Una volta finito avevo tutte le unghie spezzate, ma non riuscii a sentirne il dolore neanche un attimo, nemmeno quando iniziarono a sanguinare.

Strisciammo nella galleria uno dietro all'altro. I gomiti e le ginocchia iniziarono ben presto a protestare, ma nessuno di noi si lasciò sfuggire il benché minimo lamento.

Le pareti del cunicolo erano rinforzate con dei pali e della calce per evitarne il crollo. Ogni dieci metri incontravamo una lanterna nella quale brillava una piccola fiammella, la nostra unica fonte di luce.

– Elia! – sussurrai.

Il Ribelle strisciava davanti a me con forza e decisione, sembrava quasi che non sentisse la stanchezza.

– Elia! – riprovai.

– Dopo. Rimandiamo a dopo le feste! – sussurrò tanto piano che riuscii a sentirlo io soltanto.

È vivo. È vivo!

Impiegammo una ventina di minuti abbondanti per sbucate alla fine della galleria e arrampicarci lungo la scala a pioli che ci condusse al seminterrato di Elia. Allora era lui il Ribelle che aveva contattato Piros!

Una volta tutti nuovamente in piedi, non resistetti e buttai le braccia intorno al collo del mio istruttore.

– Ero certo che ce l'avresti fatta. – gioì – So di Thiago, è stato terribile. Lili?

La mia espressione tornò carica di tutto il tormento che viveva annidato nel mio petto.

– Vieni qui. – disse lui, riuscendo a decifrarmi. Mi perse le spalle e mi strinse in un nuovo abbraccio.

NECTARWhere stories live. Discover now