42.

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Quando mi sbatterono nella cella, non riuscii ad opporre la minima resistenza. Nella mia testa il viso di Carter si sovrapponeva a quello di Dorian, dove si plasmavano, si modificavano fino ad annullarsi.

Perché non me lo ha detto? Continuavo disperatamente a chiedermi.

Mille domane mi frullavano per testa, ma non avevo neanche una risposta da darmi. Era tutto confuso, perfino la mia presenza in quella cella non aveva senso. Perché mi avevano portata lì? Perché non mi avevano semplicemente uccisa? Che mi volessero usare nello stesso modo in cui usavano i bambini? Ma i bambini erano veramente ancora vivi? Chi era Carter?

La mia cella era grande abbastanza da potermi sdraiare a terra senza dover piegare le gambe, aveva le pareti di ferro a formare un cubo metallico e una minuscola porta di vetro blindato. Ad un angolo c'era un piccolo water e un lavandino.

Io non posso restare qui.

Venni colta dalla rabbia. Iniziai a colpire la porta con calci e pugni dimenandomi come un animale ma, come c'era da aspettarsi, tutti i passanti si limitarono a deridermi senza muovere un dito.

Maledetti Assaltatori, maledetto Keller! Maledetti tutti quanti!

Continuai a sfogare tutta la mi rabbia fino a quando non entrò una delle guardie degli Assaltatori. Mi spinse con violenza contro una parete e mi assestò uno schiaffo in pieno viso. Caddi a terra tenendomi la bocca. Sputai sangue e saliva e quando alzai lo sguardo carico di furia, vidi l'Assaltatore ridere. Mi alzai, pronta a battermi. Ogni colpo non riusciva ad andare a termine, l'uomo prevedeva ogni mio movimento ed io ero troppo debole per poterlo scalfire in qualche modo. Caddi a terra presa dallo sconforto.

– Julia, è così che ti chiami? – la voce di Dorian apparve da dietro la porta della mia cella.

Indossava un elegante abito nero e una camicia rosso sangue. Non potei fare a meno di pensare a Carter. Cercai nei lineamenti di quel ragazzo qualcosa che mi riportasse lui, anche solo uno sguardo. Ma non trovai nulla. Erano identici, ma erano completamente diversi.

Si accucciò davanti a me e mi pulì il sangue all'angolo della bocca – Ho detto mille volte a questi scimmioni che le donne non si toccano. Ma che vuoi fare, sono fatti così! – disse, sfoderando il ghigno più crudele che avessi mai visto, perfino peggiore di quello di Keller.

Si alzò di nuovo in piedi e mi ordinò con un gesto della mano di fare altrettanto.
Mi studiò attentamente, come si studia una creatura sconosciuta.

– Cosa cerchi, Julia? – mi chiese, il suo tono di voce era calmo e vellutato.

– I miei fratelli. – ringhiai.

– Certo, lo posso capire. Sono qui. – disse indicando l'intero luogo in cui ci trovavamo – Ma vedi, non posso proprio permettere di lasciarvi andare via.

– Non ho bisogno che tu lo permetta. Li tirerò fuori di qui, Carter verrà a salvarci.

– È una sfida? Bene, adoro le sfide. – disse avvicinando il suo viso al mio.

Mi repelleva. Avrei voluto graffiargli quella sua pelle quasi trasparente.

– Per quanto riguarda il mio caro fratello, non ci contare troppo. Però ti ho portato un regalo, vuoi vederlo?

Dorian fece un cenno ai suoi tirapiedi e uno di questi scomparve dalla cella. Avevo il cuore in gola ma rimasi impassibile. Non mi sarei mai potuta permettere di mostrare anche un briciolo di paura davanti a lui.

La guardia tornò trascinandosi dietro qualcuno legato ad una spessa corda d'acciaio.
Era una ragazza minuta, spaventata, splendenti occhi azzurri e lunghi capelli biondi.

Lili.

Scattai, pronta a riprovare ad attaccare quegli uomini, pronta ad ucciderli. Lo stesso assaltatore di prima mi afferrò per i capelli e mi lanciò contro il muro.

– Julia, aspetta! Non vuoi prima sentire tutta la storia? – chiese Dorian allargando le braccia.

Sputai a terra in segno di disgusto per lui, per i suoi uomini e per tutto ciò che rappresentavano. Come Keller, non avevano altro che la paura dalla loro parte.

– Te la racconterò comunque: quando il vostro gruppetto ha avuto la geniale idea di dividersi, non potevo fare altro che approfittarne. Abbiamo rapito la tua bella amica e ucciso quella stupida di Samshara.

Il mio cuore si fermò. Avrei voluto cavargli quei suoi crudeli occhi bianchi.

Lili teneva la testa bassa, copiose lacrime le scorrevano lungo le sue guance ancora rosa e piene.

– Lili... Lili parlami! Stai bene? – dissi buttandomi in ginocchio davanti a lei.

Lei cadde sulle sue gambe e ci ritrovammo di nuovo viso a viso, cuore a cuore. Dovevo proteggerla da loro, da tutti quanti.

– Quando abbiamo portato qui la tua amica, abbiamo però scoperto qualcosa di davvero interessante. – disse Dorian con gusto – Ricordati Julia: la fiducia è qualcosa che si paga a caro prezzo.

Che vuol dire?

Lili alzò la testa e mi sfoderò un sorriso a trentadue denti, uno di quei sorrisi che mettono la pelle d'oca. Le sue guance erano ancora bagnate di lacrime, ma i suoi occhi erano duri e crudeli. Mi si gelò il sangue nelle vene e mi allontanai di scatto.

– Cosa le avete fatto! – urlai.

Lili si liberò dalla corda che la teneva legata, si alzò in piedi e si avvicinò a me. Mi sentii morire.

– Vorresti dire cosa tu hai fatto a me. – sibilò.

Indietreggiai fino a sbattere le spalle contro la parete fredda come il ghiaccio, fredda come gli occhi di Lili.

– Non capisco...

– "Non capisco" – ripetè, facendomi il verso – Mio fratello è morto per colpa tua. Liam, quell'idiota che credevo di amare, è morto per colpa tua! – gridò a due centimetri dalla mia faccia.

– Liam non è morto! – ribattei –Lili tu non sei questo! Torna in te, cosa penserebbe Thiago se ti vedesse in questo stato?

A quelle parole, il viso di Lili si contrasse in una smorfia di dolore mista a rabbia: – Tu non sai chi sono io! E non sai chi era Thiago. – Tuonò.

Dorian si interpose tra noi, allontanando delicatamente Lili con il palmo della mano.

– Ragazze! Ma vi sembra forse il modo di comportarsi? – ci rimproverò sorridendo benevolo – Non dovremmo litigare! Dovremmo festeggiare l'inizio di un nuovo amore!

Il ragazzo albino prese il viso di Lili tra le mani e la baciò con trasporto. Lili ricambiò appassionatamente quel bacio che mi fece salire i conati di vomito.

– Mi fate schifo. – dissi.

Lili si allontanò da Dorian e si avvicinò nuovamente a me: – Ti porteremo via tutto quello che hai. Quando non avrai più nulla, ti tortureremo fino a quando non saremo stanchi di te. – sibilò a denti stretti.

I due uscirono dalla cella e gli altri Assaltatori li seguirono.

Carter, dove sei?

NECTARWhere stories live. Discover now