12.

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Non avevo avuto la possibilità di avvertire nessuno. I miei fratelli avrebbero capito tutto quando non mi avrebbero vista tornare a casa. E così anche i membri del Circolo.

Cosa faccio ora? Cosa devo fare?

Chi si sarebbe occupato di procurare cibo per la mia famiglia? Chi si sarebbe occupato di Claudia, Georg e di tutti gli altri bambini della casa? Chi si sarebbe occupato di Michael, ora che era un Dissolto? Confidavo che Carter accudisse la mia famiglia al meglio che poteva, ma non ero certa che lo avrebbe fatto. In fondo, per lui eravamo ancora perfetti estranei.

Subito dopo il risultato, venni scortata in una sala d'attesa insieme ad altri due ragazzi. Probabilmente erano gli unici che, come me, avevano superato la Valutazione. Erano fratello e sorella, o meglio, erano gemelli. Il ragazzo si chiamava Thiago e sua sorella si faceva chiamare Lili, nonostante il suo vero nome fosse Elizabeth. Era chiaro come il sole che abitassero nei quartieri di lusso, entrambi vantavano curati capelli biondi, unghie sistemate,  abiti eleganti e una pelle perfetta dalla quale non spuntava neanche un osso: segno che non avevano mai patito la fame. Affianco a loro mi sentii quasi a disagio.

Ci lasciarono soli, seduti su delle scomode sedie di plastica. Dovevamo attendere l'arrivo del presidente Keller, che ci avrebbe accolti come nuovi membri del corpo militare di Beehive.

Thiago non sembrava spaventato, al contrario di Lili che, nascosta sotto le sue lunghe ciocche bionde, continuava a singhiozzare rumorosamente.

Erano passate delle ore, forse il tempo per finire di esaminare tutti gli altri ragazzi, e finalmente arrivò il presidente Keller seguito da due Correttori.

– Quale onore, ragazzi miei! – esordì – È un piacere incontrarvi!

Noi bofonchiammo qualcosa simile ad un "grazie", evitando accuratamente di guardarlo negli occhi. Nonostante il nostro scarso entusiasmo, il presidente mantenne la sua aurea di eccitazione.

– Non piangere, cara. Diventare dei soldati è un grande onore! – disse rivolto a Lili.

– S-si, un grande onore, signore. – rispose lei intimorita.

Il presidente, ci osservò attentamente uno per uno con atteggiamento di superiorità. Mi infastidii.

– Bene, bando alle ciance, è ora che veniate scortati nel dormitorio dei neo-promossi. –disse unendo le mani davanti al petto – Ah, un avvertimento: non tentate di uscire dal Palazzo senza il mio diretto consenso. – Ci strizzò l'occhio e uscì elegantemente dalla sala.

I due Correttori ci precedettero lungo altri corridoi bianchi, tutti perfettamente identici. Salimmo e scendemmo scale, entrammo in un ascensore che ci fece piombare giù di qualche altro piano e infine percorremmo un lungo passaggio di roccia. Non ci misi molto a capire che ci trovavamo sotto terra e presto mi sentii come intrappolata. Lungo l'ultimo tratto del percorso, le luci a neon appese al basso soffitto continuavano a sfarfallare o a saltare del tutto, lasciandoci diversi secondi immersi nel buio più pesto. Durante il tragitto, avevo ripetuto a mente ogni svolta e ogni scala, ma ben presto persi la cognizione dello spazio. Capii che, probabilmente, era proprio quello lo scopo della scelta del luogo in cui stavano per rintanarci. Arrivammo alla sala centrale e con stupore la trovammo deserta. Mi chiesi dove fossero tutti gli altri soldati arruolati negli anni, era impossibile che fossero tutti in avanscoperta. Una sensazione terribile mi attanagliò lo stomaco e mi forzai con tutta me stessa per ignorarla.

La sala aveva una forma esagonale dove ad ogni lato, delle porte anch'esse della medesima forma, erano chiuse con una serie di lucchetti uno sopra l'altro. Tutte le porte tranne una: la nostra stanza. Sembrava di stare in un enorme alveare. Schivammo i vari tavoli, sedie e poltrone della sala ed entrammo nel nostro dormitorio. Le pareti erano bianche, così come il pavimento, le strutture del letto, le coperte e tutti i vari accessori. Eravamo sotto terra, di finestre non ce n'era neanche l'ombra. I Correttori se ne andarono, chiudendo a chiave la porta che dalla sala centrale affacciava al corridoio d'ingresso.

Sui nostri letti erano piegate delle divise color verde smeraldo -o meglio, verde bile-, con sopra poggiato un bigliettino che recitava:

Benvenuto nell'alleanza! Pronto a combattere?

NECTARWhere stories live. Discover now