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Beatrice
Chiamai Giuseppe nel primo pomeriggio.
Lui e mio fratello non erano più coinquilini da oltre un anno.
Anche loro, come me e Veronica, avevano deciso di vivere assieme alle rispettive fidanzate.
Avevo già conosciuto la ragazza di Mattia, quando, a giugno, entrambi tornammo in Friuli per il compleanno di nostra madre. Lui portò Anna ed io, nonostante non fossimo ancora ufficialmente una coppia, Chiesa.
I miei genitori non risparmiarono le battute e si divertirono a riempirmi le orecchie con continui paragoni tra "Federico I" e "Federico II".
Perlomeno ebbero la decenza di non farlo in sua presenza. Al tempo, ci eravamo lasciati solo da pochi mesi e la ferita era, come giusto che fosse, ancora aperta.
Mia nonna fu entusiasta di conoscere l'attaccante.
Grazie a lei, aprii gli occhi sui miei veri sentimenti per lui.
'Quando sei con lui, sei un'altra...si vede dal sorriso' aveva commentato tra una telenovela e l'altra. 'Sembri felice ed era da un pò che non lo eri più, o sbaglio?'
'Non ci siamo viste molto ultimamente' le feci notare.
'Tesoro, il nonno ed io capiamo quando sei triste anche attraverso la cornetta del telefono...non devi avere paura di essere felice con qualcun altro'.
'Comunque non stiamo insieme'.
'Per adesso'.
Sapevo già di provare qualcosa per Federico ma non avevo mai visto le cose in quel modo.
Lui era in grado di farmi smettere di pensare e forse era la cosa migliore che potesse succedermi.
Il mio cuore batteva ancora per Bernardeschi e non avrei potuto negarlo, ma quando ero insieme a Chiesa, era come se decidesse di acquietarsi e di seguire un ritmo diverso.
Un ritmo tutto suo.
Qualcosa che non avevo mai provato prima.
Quella sera parlammo a lungo e finii per dargli un bacio sulla veranda.
'Volevo essere io a farlo per primo' sorrise e mi strinse tra le sua braccia.
Da allora fummo inseparabili.
Giuseppe invece era fidanzato con Cristina da quasi sei mesi e fremevo dalla voglia di vederla. Sapere che avesse smaltito la cotta per me, fu una delle cose più belle.
Raggiunsi il bar e, dopo una veloce occhiata, riconobbi immediatamente i suoi riccioli bruni.
Era già seduto ad un tavolo, circondato da una decina di fogli e foglietti. Era talmente preso dalle sue cose che non si accorse di me, neppure quando occupai la poltroncina davanti alla sua.
'Hai bisogno di aiuto?'
'Bea!Oh, scusa...sto impazzendo con questa roba' rise, indicando l'orologio elettronico che portava al polso.
'Che cosa dovrebbe fare?'
'Dal momento che le istruzioni sono solo in arabo o in mandarino, non ne ho la più pallida idea'.
'Regalo di Cristina?'
'Sì...in teoria conta i passi' spiegò divertito.
'Ma tu stai sempre sul divano'.
'Lo so...poteva optare per un videogioco'.
'Penso che sia un modo carino per dirti di muoverti un pò'
'Ora possiamo salutarci come si deve?'
Gli andai vicino e ci sciogliemmo in un abbraccio.
'Mi eri mancata'.
'Anche tu'.
Ordinai un caffè e due fette di torta al cioccolato.
Da sempre, lo stress, oltre ad un fastidiosissimo tic all'occhio destro, mi portava a mangiare più del dovuto.
'Allora, cosa c'è che non va?' chiese Beppe serio.
'Perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?'
'Sei molto affamata'.
'Non ho pranzato' mentii, rigirando la tazzina tra le dita.
'E come spieghi il tuo occhio ballerino?'
'E va bene, hai vinto' ammisi, sbuffando.
'Problemi con Federico?'
'No, insomma...no' esitai. Avevo tutte le intenzioni di raccontargli di Bernardeschi, ma mi resi conto di non sapere proprio da dove cominciare.
'Posso provare ad indovinare?'
'Vai'.
'Si tratta di Federico ma non di Chiesa'.
Rimasi in silenzio, lasciandogli intuire che avesse ragione.
'L'hai rivisto?' domandò curioso.
'Ieri. Come l'hai capito?'
'Si capisce dai tuoi occhi. Quando si tratta di lui cambiano'.
'È stato così...' mi interruppi, cercando il giusto aggettivo per descrivere il nostro incontro.
'Bello?Strano?Volevi dargli un pugno?'
'Non lo so neanche io. Una parte di me pensa una cosa, mentre le altre mille non hanno ancora elaborato il tutto e litigano tra di loro per cercare di mettersi d'accordo'.
'Personalità multipla?'
'Sono seria'.
'Era con la sua ragazza?'
'Sì. Come lo sai?'chiesi, sempre più convinta che il mio migliore amico fosse un indovino.
'Quella bionda con l'aria da snob?'
Annuii e lui fece una smorfia. 'Bea...non girarti' mi ordinò allarmato, suscitando in me sia divertimento che preoccupazione.
Non domandai neppure il motivo e mi voltai ugualmente.
Notai Bernardeschi entrare disinvolto dalla porta girevole, mano nella mano con Anita.
'Ottimo' pensai. Una città intera e lui...capitava proprio dove c'ero io.
'Fai finta di niente!'
Cercammo di passare inosservati ed iniziammo a parlare a voce bassa dell'ultimo film uscito nelle sale.
Federico però riconobbe Giuseppe e, di conseguenza, si accorse anche di me.
'Ei' salutò, togliendosi gli occhiali da sole ed appoggiandosi al nostro tavolo.
Mi chiesi perché li portasse, dal momento che il cielo era piuttosto nuvoloso.
'Ciao' dissi, lasciandomi sfuggire un sorriso.
Non lo avrei voluto vedere. Non dopo così poco tempo.
Che avrei dovuto dirgli?
'Sai ti ho pensato tutta la notte ma non provo più nulla per te. Forse. No, sicuramente. Io amo Chiesa e tu sei solo un ricordo lontano, però vorrei tanto abbracciarti e riuscire guardarti negli occhi senza tremare'.
Mi avrebbe presa per pazza.
Mi sentivo pazza.
Inoltre, dubitai che il mio pensiero lo avesse anche solo minimamente sfiorato.
La sua ragazza interruppe la quiete, raggiungendoci come un treno.
'Beatrice!Che piacere!'
'Anita!' esclamai.
'È Alessia' mi corresse lei. Ero davvero convinta che si chiamasse Anita. Al massimo Antonella o Alina, ma di certo non Alessia.
'Bea è una schiappa con i nomi' intervenne il mio migliore amico in mio soccorso ed a Federico scappò una risata.
Lui mi guardò ed ebbi come la sensazione che volesse dire qualcosa.
Non riuscii a sopportare il contatto visivo e mi ritrovai a fissare un punto indistinto alle sue spalle.
'Ci sediamo?' chiese la bionda, indicando un tavolo.
'Ehm...sì. Ci vediamo in giro!' borbottò poco convinto il mio ex, andando ad occupare un posto a circa quattro metri dal nostro.
'Vuoi che andiamo via?'
'No...io ti stavo per dire che l'ho visto e...zero!'
'Zero?E le altre mille parti?'
'L'ho completamente dimenticato'.
'Sicura?'
'Sì. Come sta Cristina?' chiesi, cambiando volontariamente l'argomento della conversazione.
Giuseppe cominciò a raccontarmi del famoso ed altrettanto imbarazzate incontro con i genitori di lei, finché, tra una risata e l'altra, non fui distratta dal beep del cellulare.
Strabuzzai gli occhi un paio di volte dopo aver letto 'Federico B.' sullo schermo.
'Stai bene?' recitava il messaggio.
'Perché dovrei stare male?' digitai in fretta.
'Due fette di torta al cioccolato le prendi solo quando c'è qualcosa che non va'.
Perché mi stava scrivendo?Eravamo nella stessa sala, a meno di quindici passi l'uno dall'altro.
Mi bastò alzare di poco lo sguardo per incontrare il suo, ma lo distolsi dopo neanche mezzo secondo.
'Non c'è niente che non vada'.
'Sicura?'
Avrei voluto dirgli di no. Avrei voluto buttare il telefono e gridarglielo.
Gridargli che era colpa sua se non stavo bene.
Non di Chiesa o dell'infruttuosa ricerca di un lavoro e neppure del riscaldamento globale.
Era colpa sua.
Federico era la causa del casino che popolava la mia testa, perché, nonostante cercassi di rifiutare l'idea, rivederlo era stato come tornare a respirare dopo una lunga apnea.
Però lui non era mio ed era un dato di fatto.
Soffocai tutte le parole desiderose di uscire dalla mia bocca e finii il mio caffè.
'Sai parlare svedese?' chiese Giuseppe, passandomi le istruzioni.
'Non credo sia svedese' dissi, ridendo.

Back to you | Federico BernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora