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Beatrice
Il campionato era in fase di sosta e le qualificazioni per il mondiale del 2022 in Qatar erano dietro l'angolo.
'Ci divertiremo un sacco!' esclamò Veronica, riferendosi all'imminente viaggio a Roma.
La nazionale italiana avrebbe sfidato proprio quella argentina allo stadio Olimpico.
La mia ex coinquilina ed io avevamo deciso di seguire i nostri fidanzati ed, ovviamente, tifare per loro.
Chiesa era diventato un titolare irremovibile nell'undici di Mancini, proprio come Bernardeschi.
Sapere che ci sarebbe stato anche lui, era, inevitabilmente, fonte di agitazione.
Veronica era elettrizzata, mentre io ero l'esatto opposto. I miei muscoli si irrigidivano solo a pensarci.
Ad incrementare il mio nervosismo, si aggiunse il fatto che, con noi due, ci sarebbe stata anche la sorella del mio ex.
Era passata solo una settimana dal mio incontro al parco con Federico e dal nostro patto di amicizia.
Da allora non avevo più avuto occasione di rivederlo.
L'ultima volta che avevo incrociato i suoi occhi risaliva a qualche giorno prima, ma soltanto dalla tribuna dell'Allianz, con una marea di persone a separarci.
A dire il vero, non ero neanche sicura che lui mi avesse vista.
Bernardeschi continuava a mandarmi la buonanotte ogni sera.
Spesso lo precedevo ed, in quei casi, mi piaceva immaginare che la cosa lo facesse sorridere, proprio come facevo io quando ricevevo un suo messaggio.
Non capivo neppure io che cosa mi prendesse ogni volta che si trattava di lui.
Quando c'era Bernardeschi di mezzo, ero felice.
'Non ho capito perché viene anche questa Gaia con noi' commentò Veronica, continuando a tirare fuori cose dall'armadio.
'Perché vuole vedere giocare il fratello ed è da sola. Noi siamo là quindi...'.
'Non ti crea imbarazzo?'
'Perché dovrebbe?'
'È pur sempre la sorella di Federico'.
'Abbiamo un buon rapporto'.
Lei non obbiettò e riprese a selezionare camicette.
'Ma quante cose ti vuoi portare?'
'Il minimo indispensabile' affermò, cercando di nascondere con il corpo la pila di vestiti che aveva appena appoggiato sul letto.
'Stiamo via solo sei giorni' risi, dandole una pacca sulla spalla.
'Sì...ma tu resti in Italia. Che ne so io di che tempo fa in Portogallo?'
L'Albiceleste avrebbe affrontato, proprio come l'Italia, anche la nazionale di Cristiano.
A differenza dei primi però, gli Azzurri avrebbero disputato entrambe le sfide a Roma, mentre Veronica avrebbe dovuto seguire Paulo fino a Lisbona.
'Di sicuro non avrai bisogno di cinque gonne nere'.
'E va bene. Solo quattro' sbuffò. 'Sei tu che porti poca roba comunque'.
Non replicai, essendo consapevole che, il preparare le valigie, non era mai stato il mio forte.
'Hai portato almeno un vestito da sera?' chiese seria.
'Per cosa?'
'Magari Federico ti vuole portare fuori a cena'.
'Perché Bernardeschi dovrebbe portarmi fuori?' chiesi istintivamente.
'Parlavo di Chiesa'.
'Stavo scherzando' mentii, senza convincerla neanche un pò.
Non sapevo perché avessi pensato subito a lui.
Era una delle tante domande alle quali non trovavo una risposta.
Lui era sempre nella mia testa e non ero in grado di spiegarne il motivo.
Ci faceva dei giri immensi, tirando fuori tutti i ricordi che trovava lungo il suo cammino, e, ogni volta che credevo se ne fosse andato definitivamente, tornava indietro e ricominciava.
Una volta avrei sperato che lo facesse anche nella vita reale.
Lo avrei lasciato entrare ed uscire dalla mia vita a suo gradimento. Mi sarebbe bastato sapere che alla fine sarebbe rimasto con me.
Tutto avrebbe preso una piega diversa se lui non se ne fosse andato o se fosse tornato al momento giusto.
Mi chiesi se lui sapesse di essere un punto fisso tra le mie preoccupazioni e le tante cose da ricordare.
Fare la lavatrice. Bernardeschi. Chiamare mamma. Bernardeschi. Cercare di non impazzire. Federico di nuovo.
Forse la sua presenza era soltanto una delle vie che il mio cervello aveva intrapreso, affinché mi rendessi conto che, dentro di me, non era ancora finita.
Un modo perché aprissi gli occhi di fronte ai miei sentimenti, contenuti in un cassetto troppo piccolo per le loro dimensioni.
Dentro di me eravamo ancora Federico e Beatrice, e, nonostante il mio rifiuto categorico di accettare la cosa, sapevo anche io che era così.
Veronica mi prese la mano e mi fece sedere sul letto.
'C'è qualcosa che devi dirmi?'
'No' ripetei. 'Stavamo parlando di Gaia e ho fatto confusione'.
'In ogni caso...se fossi in te, porterei il vestito verde'.
'Sembro un cactus con quello'.
'Un bel cactus' commentò lei, per poi scoppiare a ridere.

Federico
Quell'abito le calzava a pennello. Entrò a piccoli passi nella stanza, fermandosi di tanto in tanto, in modo da lasciare in giro il suo profumo di rose.
Si sedette accanto a me, accavallando le gambe.
Cominciai ad accarezzarle i capelli, avvolgendo le mie dita nei suoi boccoli color miele.
Il suo viso si tinse di rosso ma lei non si scompose, mantenendo un'eleganza quasi statuaria.
Mi permise di abbassarle la zip del vestito, che si sfilò di dosso in pochi secondi.
Le lasciai una scia di baci sulla pelle. Era rosea e morbida e pensai che sapesse di casa.
Mi tolse la camicia ed iniziò a tracciare con i polpastrelli le linee dei miei tatuaggi, facendomi venire i brividi ad ogni singolo tocco.
Le misi una mano sulla guancia e l'avvicinai a me, al punto da riuscire a sentire il suo respiro caldo farsi sempre più affannoso.
Cercai di baciarla ma lei si ritrasse.
'Non puoi' mi sussurrò all'orecchio. 'Non puoi più farlo'.
'Perché?' chiesi spaesato, sia dal suo rifiuto, che dall'azzurro penetrante delle sue iridi.
'È troppo tardi'.
Cercai di parlare ma lei mi zittì, appoggiando il suo indice sulle mie labbra.
'Ti prego' quasi la supplicai.
'Devo andare'.
'No!Resta!'
'Eri tu che dovevi restare' mormorò, per poi coprirmi gli occhi con le dita. Non appena fui in grado di riaprirli, non la trovai più al mio fianco.
Mi risvegliai sull'aereo, accanto a Giorgio.
'Siamo appena atterrati' mi informò, vedendomi sveglio.
Sognare Beatrice era diventato l'unico modo efficace per averla con me, senza averla veramente.
Lei non era mia e persino al mio inconscio piaceva prendersi gioco di me, cercando di illudermi del contrario.
Era come andarci vicino ma mai abbastanza.
Come se la vita ci provasse gusto a disfare ciò che creavo con la fantasia, per farmi capire quanto insignificanti potessero essere i surrogati che mi inventavo per sentirmi meglio.
Quella dei sogni non era lei ed io lo sapevo, ma era tutto ciò che mi restava.
Durante il viaggio in pullman fino all'hotel, ricevetti un messaggio da mia sorella.
Scoprii che Gaia sarebbe venuta a Roma per vedere entrambe le partite, insieme a Veronica ed a Beatrice.
Sarebbero arrivate il giorno successivo ed avrebbero alloggiato nel nostro stesso albergo.
L'idea mi rese felice, ma allo stesso tempo teso.
Gaia era al corrente di quello che provavo per Bea e, l'ultima cosa che avrei voluto, era che le scappasse qualcosa di bocca.
Ma, conoscendo lei e conoscendo me, era di gran lunga più probabile che a spiattellare tutto sarei stato io.
Ogni volta che rivedevo Bea, nei sogni o nella realtà, non ci capivo più niente ed andavo in confusione totale.
Quando ero con lei, il resto non contava più.
Starle vicino per sei giorni non sarebbe stato facile.
Cominciai persino a maturare l'idea di mantenere le distanze, o almeno cercare di farlo, per evitare di rovinare a tutti il viaggio.
L'obbiettivo per quei giorni, sarebbe stato quello di convincersi che lei non contasse più niente ed accontentarsi del resto.
Ma che me ne sarei fatto del resto se la felicità aveva la forma dei suoi occhi?

Back to you | Federico BernardeschiWhere stories live. Discover now