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Federico
Non rispose al mio ultimo messaggio. Mi sentii un cretino anche solo per averle scritto e per aver pensato che avremmo potuto parlare un pò.
Vederla così fu peggio di una pugnalata allo stomaco. Era lei ed allo stesso tempo non lo era.
Mi chiesi che effetto le avesse fatto incontrarmi di nuovo. Io, rivedendo i suoi occhi, mi ero rincoglionito e basta, ma lei non lo sarebbe mai venuta a sapere.
Dopo una ventina di minuti si alzò ed andò via insieme a Giuseppe. La seguii con lo sguardo e lei, dopo essersene resa conto, accennò un saluto.
'Mi stai ascoltando?' domandò scocciata Alessia.
'Sì, certo' mentii.
'Allora tu che ne pensi?'
'Di cosa?'
'Ci staranno tutti i miei vestiti nella tua cabina armadio?'
'Perché dovresti mettere le tue cose nella mia cabina armadio?'
'Forse è il caso di prendere un appartamento più grande...oppure potrei...no, questa è decisamente l'idea migliore!' blaterò, senza rispondere alla mia domanda.
'Ma cosa stai dicendo?'
'È da un'ora che stiamo progettando il trasferimento' mi fece notare con aria seccata.
Trasferimento?I suoi vestiti nel mio guardaroba?Una casa nuova?
Mi chiesi che problemi la affliggessero.
'Fammi capire una cosa. Tu...vorresti convivere?'
'Mi sembra ovvio'.
'Non se ne parla' asserii deciso, spegnendo la sua euforia.
L'ultima persona con la quale avevo convissuto era Beatrice e, onestamente, nessuno avrebbe retto il confronto.
'Vuoi lasciarmi?'
'Non ho detto questo'.
'Perché no allora?'
Perché?Sarebbe stata una cosa normale, a pensarci. Alessia ed io non stavamo insieme da tanto, ma neppure da poco ed una tale decisione non sarebbe stata difficile da prendere per me.
Non prima della festa a casa di Dybala.
Non prima di rivedere Beatrice.
'Devo pensarci' dissi e chiusi là la faccenda.
Lei non fece il minimo sforzo per nascondere il suo risentimento, ma, oltre ai bronci ed ai sospiri, non fece ulteriori storie e mi diede un bacio quando la lasciai per andare agli allenamenti, ai quali arrivai puntualmente in ritardo.
Raggiunsi gli spogliatoi della Continassa in fretta e furia, desideroso di parlare con Paulo e Cristiano.
'Ciao a tutti!' salutai, credendo di trovare la squadra al completo.
A cambiarsi però era rimasto soltanto Chiesa, che mi sorrise amichevolmente.
'Sono già che corrono' spiegò lui, sfilandosi la camicia.
'Come va?' domandai, cercando di fare conversazione.
'Alle grande e tu?'
'Anche per me' mormorai poco convinto.
'Mi passi la maglia bianca per favore?' chiese, indicando l'indumento appoggiato accanto a me.
Gliela lanciai e non potei fare a meno di notare un'inequivocabile macchia, a metà tra il rossastro ed il violaceo, sul lato sinistro del suo collo.
Un brivido mi attraversò la schiena, ma cercai di comportarmi normalmente e, soprattutto, di non pensare a Beatrice ed alla sua relazione con il mio compagno di squadra.
Non doveva importarmi.
A lei non interessava nulla di me ed Alessia, al punto da non ricordare neppure il suo nome, mentre io sentivo un buco nello stomaco che non se ne voleva proprio andare.
La cosa peggiore era che, quella sensazione di vuoto, me l'ero creata da solo.
Io lo sapevo già da prima che, senza di lei, nulla avrebbe avuto senso, ma auto-convincersi del contrario, mi era sembrata la scelta migliore.
Credevo che, dopo un pò, avrei smesso di amarla, invece col tempo finii soltanto per amarla di più.
Mi ero raccontato un'altra verità ed avevo cercato un pezzo di lei in ogni ragazza che mi si era presentata davanti.
Bea però era unica e di noi mi restavano solamente i ricordi.
Istintivamente tirai fuori il cellulare e selezionai il suo contatto.
'Sono contento che tu stia bene' scrissi, ma, lì per lì, non mi sembrò abbastanza.
'Sono contento che tu stia bene. Io per niente. Ho un caos in testa e vorrei soltanto parlarti' aggiunsi e premetti invio, prima di potermene pentire.

Beatrice
'...e vorrei soltanto parlarti' lessi ad alta voce, perché neppure io riuscivo a crederci.
'Me lo sarei aspettata' commentò Veronica, stravaccata comodamente sul puff.
'Io no!'
'Bea...'.
'Non ci capisco più un cazzo' dissi esasperata.
'Devi parlare con lui. Parlare non significa tornare insieme'.
Usai delle ciocche di capelli per coprirmi gli occhi e sprofondai nel divano.
'Tu stai con Chiesa e pure lui è impegnato. Probabilmente la situazione non è pesante solo per te e vuole chiarire le cose lasciate in sospeso'.
'Sono troppe cose' puntualizzai amara.
'Potreste essere amici!' esclamò ed io scoppiai a ridere senza volerlo.
Quello che aveva detto la mia ex coinquilina era vero.
Si sarebbero risolte molte cose.
Io avrei potuto vivere tranquillamente la mia relazione e lui la sua.
La verità era che non riuscivo in alcun modo ad immaginare me e Federico solamente come due amici.
Forse un pò perché eravamo sempre stati qualcosa di più, ma anche perché io non volevo un'amicizia da lui.
Non che volessi amore...quello no.
Non sapevo che cosa volevo.
Non sapevo che sentimento provavo.
Sapevo solo che ce n'era tanto. A bizzeffe. Da riempirci l'Allianz.
Però avevo già deciso cosa fare e non sarei tornata indietro.
'La soluzione è non vederlo più!' decretai.
'E come pensi di fare?Vivete nella stessa città, avete amicizie in comune e nel caso non te lo ricordassi: il tuo ragazzo gioca nella sua stessa squadra'.
'Tutto vero, ma anche tutto trascurabile' ribattei convinta.
'Tu sei matta' rise Veronica, tirandomi un cuscino.
Avevo già letto da qualche parte quanto nocivo potesse essere andare controcuore, ma non avevo nulla da temere.
Sapevo che, prima o poi, tutte le ferite si sarebbero cicatrizzate.

Back to you | Federico BernardeschiDonde viven las historias. Descúbrelo ahora