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La vita di Jisung era frustrante, almeno dal suo punto di vista

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La vita di Jisung era frustrante, almeno dal suo punto di vista.
Di sicuro la causa di tanta frustrazione per il ragazzo non era altro che se medesimo.
A scuola andava bene, non era lo studente più brillante della classe, ma non si lamentava dei suoi risultati.
Con la sua famiglia aveva un buon rapporto, forse un po' freddino, ma di sicuro si volevano bene.
La sua passione per la musica e i videogiochi lo distraeva sufficientemente dagli impegni.

L'unica cosa che gli pesava, anche molto a dir la verità, era il suo aspetto.
Era la cosa che più odiava di se stesso.
Non si ricordava nemmeno il giorno in cui aveva iniziato a dar peso a cosa la gente potesse pensare di lui, il giorno in cui per la prima volta si era sentito davvero brutto.

Ciò non aveva fatto altro che scaturire un'immensità di insicurezze nel ragazzo: si copriva il più possibile, con l'aiuto di felponi, mascherine e cappelli, evitava le persone, parlava lo stretto necessario, a volte non parlava nemmeno.

Aveva un solo amico, l'unico che era riuscito a rompere quel guscio di insicurezze e a farlo sentire a proprio agio in sua compagnia anche senza mascherina e berretto di lana.

Quel ragazzo si chiamava Changbin e, per la sfortuna di Jisung, si trovavano in due classi separate.
Si erano conosciuti per sbaglio, nei corridoi della scuola durante l'intervallo.
Jisung stava prendendo uno snack alle macchinette, canticchiando sotto voce la parte rap della sua canzone preferita, Changbin, in coda dietro al ragazzo, lo aveva sentito e aveva iniziato a rappare insieme a lui.

Jisung aveva sorriso e da quel momento avevano iniziato a conoscersi l'un l'altro piano piano, incontrandosi anche fuori da scuola.
La loro amicizia si era man mano rafforzata, entrambi erano stati in grado di accettare tutto dell'altro.
Escludendo Changbin, però, Jisung era solo, e in classe si annoiava a morte.

Seduto nel banco nell'angolo in fondo a destra alla sua classe, il ragazzo guardò fuori dalla finestra.
Se dapprima si era concentrato sul panorama visibile da lì, in seguito si era accorto del suo riflesso nel vetro e aveva distolto lo sguardo.
La vista del suo viso lo disgustava e il fatto che in classe fosse proibito indossare mascherine, cappelli o anche solo tenere in testa il cappuccio della felpa, non aiutava per nulla.

Quando la campanella suonò, una volta che il professore ebbe esonerato la classe, si nascose puntualmente dietro agli accessori che gli facevano da scudo, preparò la cartella e uscì dalla classe a passo spedito, non diminuendo il suo passo fino a quando fu arrivato a casa, una decina di minuti dopo.

Aprì la porta e la richiuse alle sue spalle.
Appoggiò la sua schiena su di essa e si lasciò scivolare fino a terra, sedendosi abbracciando le proprie ginocchia.
Iniziò a piangere.
Ogni giornata era soltanto un accumulo di stress immenso per lui, un interminabile scorrimento di secondi in cui la sua paranoia lo mangiava vivo.

Una volta che si fu calmato, si alzò in piedi e raggiungendo il salotto, rimosse mascherina e beanie, buttandoli sgarbatamente sul divano.
Guardò il suo viso nello specchio appeso al muro della stanza, gli occhi gonfi e arrossati, i capelli spettinati e il naso gocciolante.
Fece una smorfia e si diresse in cucina, si preparò un pranzo veloce e lavò i piatti.
In seguito terminò tutti i compiti assegnati e le cose da studiare quanto più velocemente possibile, come faceva ogni giorno. Il resto del tempo lo passò a dormire sfinito sul divano.

Arcade -Minsung- [✔]Where stories live. Discover now