Capitolo 4

117 30 14
                                    

«Eril, Eril!» Larry mi evoca ripetutamente alla sua presenza, mentre il mio sguardo rimane bloccato sull'uomo a terra. La sua voce arriva all'orecchio in modo soffocata e lontana, pur avendolo ad un passo di distanza.

«Ei, ti senti bene?» Tende la mano accarezzandomi i capelli dal davanti fino alla nuca. Appena sento il suo gesto confortante, sposto subito lo sguardo su di lui.

«Larry.» Mi avvicino e lo stringo presso a me. In quanto al momento ogni viso familiare mi porta sollievo.
Senza esitare troppo, ricambia e mi avvolge con le sue braccia tenendomi la testa su di sé.
I miei muscoli tesi si rilassano, anche se ancora sotto shock. Restiamo lì per più di due minuti.

«Sono qui, tranquilla.» Me lo ripete ancora e ancora, verificando e assicurandosi che mi senta al sicuro. L'atmosfera sembra tranquillizzarsi, ma Larry si stacca e mi parla.

«Come ti senti?» Mi guarda preoccupato.

«Bene...» Mento torturando le maniche del mio maglione.

«Vuoi che ti accompagno a prendere un autobus o un taxi?» Cerca di leggermi.

«No...No.» Guardo in basso.

«Puoi accompagnarmi in un posto?
Mi sento soffocare, vorrei cambiare aria...»
Sollevo il capo e lo scruto con le mie palpebre ormai arrossite insieme alla punta del mio naso.

«Certo.» Poggia la mano due volte più grande del mio sulla mia spalla. Seguo la sua mossa esaminandolo con gli occhi.

«Pongo le mie scuse, mi è venuto d'impulso.» Toglie la mano.

«Dove vorresti andare?» Mi domanda.

«Vieni, te lo dico mentre andiamo.» Studio i suoi occhi per qualche secondo per poi prenderlo per il braccio.
Sento tutto capovolgersi in un solo secondo, come se ci fossimo catapultati in un'altra frequenza di tempo. mezz'ora prima eravamo distanziati da un muro costruito da me.
Ora come posso respingerlo, mi ha salvata la pelle. 

Ma lui mi ferma.

«Andiamo con la mia moto.» Mi prende la mano trascinandomi con sé in una corsa.
Sotto le lampade gialle dei pali, nel mezzo della serata buia corriamo a perdi fiato. Il vento ci passa bruscamente fra i capelli asciugando altresì le lacrime bagnate sul mio viso.
Guardandolo, penso a quanto sia la prima volta che presto per davvero attenzione ai sui tratti, sembra più bello. Non me ne ero accorta.

Mi guarda ed enuncia con il respiro affannato; «Siamo quasi arrivati.»
Rallentiamo i passi nel tempo in cui scorgiamo la sua moto nel parcheggio dietro al campus. La moto è molto bella, nera con delle strisce bianche. Larry sale confidente per primo e attende che faccia lo stesso.

«Però, non sono mai salita su una moto...Come si fa?» La mia voce suona molto bassa e spezzata.

Mi guarda con tenerezze e mi tende la mano. Esito per qualche secondo ma la prendo. Mi passa un casco e cominciamo a partire.
Mi sento quasi bene, più di prima.
Disgraziatamente l'accaduto è ancora molto fresca e non riesco a non ripensarci.
I ricordi mi portano sul posto e mi viene ancora da piangere.
Ogni volta che mi sento in quel modo stringo la presa su di lui, e penso che se ne accorga, infatti poggia la sua mano sulla mia.

Dopo un quarto d'ora siamo arrivati, in un luogo dove si vede tutta la città da lontano pieno di lucine colorate.

«Eril, qua è bellissimo.» Si siede su una panchina ormai arrugginita.
Mi siedo vicino a lui e rimaniamo in silenzio.

«Come hai fatto a trovarmi?» Interrompo l'attimo.

«Beh...Quando uscivi dall'edificio ti era caduto un ciondolo dalla tasca del giubbotto, e allora decisi di correrti dietro e consegnartelo.
Ma ad un tratto ti persi di vista, ma ti sentì gridare e lì per lì mi sono precipitato sul posto.»

«Ho perso un battito...» Si gratta la fronte.

Lo fisso per qualche istante, un po' sorpresa da l'ultima frase. Lo ha detto come se stesse parlando di una persona a lui caro.

«Scusa ho perso il ciondolo.» Si morde la guancia nella bocca.
Scuoto la testa comunicandogli il mio disinteresse per l'oggetto.

«Sai, quando ti avevo vista in classe il giorno che ho tardato, non era la prima volta.»
Mi guarda leggermente sorridente.
Mi giro accigliata.

«In realtà ti ho vista più di una volta.»

«La prima volta era nella biblioteca di libri antiquariati.
Quando ti ho guardata eri così spensierata ed eri anche...» Si ferma e toglie lo sguardo dal mio e guarda la città.

«Molto bella.» Si rigira verso di me.
Non sono abituata a sentirlo dire dal sesso opposto, i ragazzi sono sempre stati intimiditi dal mio carattere a volte difensivo.
Non ho mai sentito una persona dirmelo così apertamente.

«Grazie.»

«Che ci facevi in una biblioteca di libri antiquariati?» Gli sorrido.
Probabilmente il primo sorriso che faccio sta sera.

«C'è ancora molto che devi sapere di me. Quello che vedi in classe è solo una piccolissima parte di me.»

«Venivi sempre lì e io lavoro lì facendo dei turni di sera. Mi incuriosivi parecchio, anche perché non ho mai visto una giovane ragazza entrare in quel negozio. Vengono solo adulti e anziani.» Fa una smorfia facendomi ghignare.

Stiamo un po' lì a conversare
finché non sento il bisogno estremo di andare a casa.

«Ti dispiacerebbe portarmi tu a casa? Ho paura. Non è mia intenzione disturbarti, davvero, ma...» Mi tengo nervosamente le mani e controllo nei d'intorni.

«Si, non preoccuparti.» Mi rassicura.

Così ci sbrighiamo e ci avviamo verso casa mia.
Una volta arrivati parcheggia la sua moto e mi saluta con la mano mentre suono il campanello di casa.

«Grazie, Larry.» Mi rigiro nella sua direzione.

«Se hai bisogno di me scrivimi.»
Mi fa un occhiolino, dopo di ché parte.

Mia mamma mi apre la porta e mi guarda preoccupata.

«Eril...cos'è successo? Hai gli occhi rossi. Hai pianto?!» Mi prende la mano.

Mi precipito su di lei e la stringo forte.

Mi passi a prendere?Where stories live. Discover now