Capitolo 13

83 10 3
                                    

Dopo tutto il trambusto, un enorme quantità di dubbi mi risalgono per la mente.

«Mi chiedo se ho mai conusciuto abbastanza Larry in questi mesi...non sarà mai che sia un ricercato? Ah ma no! Che sto dicendo. Forse sarà meglio chiamarlo.» Metto una mano dietro al collo.

Digito di con fretta e chiamo il numero di Larry. Con impazienza aspetto.
Dopo cinque chiamate senza risposta, mi arrendo.

«Che faccio?» Aggrappo i capelli in soprappensiero.

Mi salta in mente un idea.

"Per quanto la mia curiosità sovrani la mia paura, ho bisogno di sapere."

Prendo la giacca di mio padre appeso alla porta, la prima che ho visto.
Me lo metto con fretta ed in fine mi copro la testa con il cappuccio.

"È due volte più grande di me ma non c'è tempo!" Prendo le chiavi ed esco di fretta nella notte ormai quasi del tutto buia.
Prendo il taxi e mi dirigo alla biblioteca di libri antiquariati.

«Grazie mille, tenga il resto.» Mi riferisco al tassista saltando letteralmente fuori dalla macchina come un tarzan.

«E-EH SIGNORINA...ne mancano cinque!» Il tassista urla senza ottenere nessun risultato.

«Ma cos'ha questa gente? Che strano.» Ormai lontana osservo confusa il tassista che sembra essere piutosto lunatico.
Mi avvicino al negozio chiuso. Sbircio dalla porta d'ingresso fatto di vetro, ma non c'è segno di nessun essere vivente. Mi giro con delusione, pronta ad andarmene.

«Ormai sei un ospite abituale qua. Non è forse vero?» Qualcuno mi appare da dietro.

Mi giro lentamente e mi ritrovo di fronte Larry.
Per vederlo meglio cerco di levarmi il grosso cappuccio, ma le maniche lunghe della giacca me lo impediscono.

«Lascia che ti aiuti.» Emette un ghigno mentre prende entrambe le maniche e me le ripiega.

«Ecco fatto. E questa giacca?»

«Qui chi fa le domande, sono io.» Affermo.

«Assolutamente, si signorina.» Scherza.

«No...davvero, Larry nascondi delle cose.»
Larry abbassa la testa.

«Cosa vuoi dire?» La sua espressione si fa serio.

«Voglio dire che dei uomini erano pronti a buttare giù la mia porta di casa, giusto per trovare un certo tizio che loro chiamano,
il moccioso.» Mi avvicino di un passo.

Larry indietreggia e si mette le mani tra I capelli mossi frustrato.

«Se ti hanno toccata io li uccido.» Socchiude i pugni guardando in cielo, cercando di mantenere il controllo.

Guardo il suo viso farsi sempre più serio.

«Larry...»Mi preocupo.

«Ti hanno toccata?» Mi fissa dritto negli occhi senza battere ciglio.

«No...avevo chiamato la polizia, sono scappati via.» Prendo la zip del giaccone.

«Mi dispiace Eril. E...Menomale che stai bene.» Mi abbraccia calorosamente.
Ricambio l'abraccio, più confusa di prima.

«Mi puoi dire che succede?» Riprovo per la seconda volta.

Larry guarda per terra sospirando. Lo prendo per il viso dolcemente e lo costringo a guardarmi dritto negli occhi.

«Fidati di me.»

«Non...non voglio metterti in mezzo.» Guarda di lato.

«In mezzo a che cosa?» Subentra il silenzio.

Attendo una risposta, ma per multeplici secondi Larry continua a guardare di lato senza dire una parola.

«Non qui.» Mi prende per mano e tira fuori le chiavi della libreria. Apre la porta e accende una lampadina e mi fa entrare.

Appena chiude la porta, si gira e cerca le sue prime parole. Vedendolo in difficoltà, mi avvicino, prendo la sua mano e lo stringo tra le mie.

«La mia vita è complicata Eril.» Ci sediamo.

«Mio padre...per colpa sua io e mia madre siamo costantemente in pericolo.» Si mette le mani in faccia.

«Continua.» Accarezzo il suo braccio confortandolo.

«Ecco...» Abbassa il tono della voce guardandomi come se stesse esitando.

«Mio padre era un trafficante di droghe.» Le sue guance si fanno rosse.

"un...un traf...droghe? cosa?!" urlo nel pensiero, mantenendo un espessione neutrale sul viso per non farlo sentire più male di quanto lo stia già.

«Ehm...wow.» Mi gratto la fronte.

«Però...però io sono diverso, non sono come lui e non lo sarò mai...te lo prometto.» Si fa prendere dal panico.

«Larry, non ne dubito.» Gli passo una mano sulla guancia accenandogli un sorriso.

«Continua.» Mi rimetto composta.

«Un giorno mio padre si stancó del suo lavoro, ma purtroppo non è un lavoro che si può lasciare tranquillamente senza perdere un braccio o senza essere rinchiusi in qualche buco se non si cambia idea. Mio padre invece è scappato. La cosa peggiore che poteva fare. Scappato e scomparso dalle nostre vite.»

Ad un certo punto Larry si acciglia.

«Ma la cosa che mi fa più impazzire è il fatto che sia scappato con i soldi che doveva consegnare al boss del cerchio nero. Cosi si chiamano. Lasciandoci soli e miserabili, con i suoi debiti.» Stringe i pugni di nuovo.

«Ora invece di studiare ed essere uno studente normale, mi tocca fare turni di lavoro in vari posti. E così non sono quasi mai presente al college. Cavolo...» Si intravede frustrazione tra le sue parole.

Dopo averlo ascoltato in silenzio, apro le braccia ampiamente, Larry coglie l'occasione e ricambia l'abbraccio appoggiando la testa su di me, nascondendo il viso tra il mio collo e la mia spalla.

«Lo so è difficile.» Gli tengo leggermente la nuca e lo tanquilizzo.

Mi passi a prendere?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora