Capitolo 10

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«Aspetta non capisco, cosa è ridicolo?» Cerca di comprendere.

«Nulla. È tardi e dovrei andare. Vado, è stato un piacere.» Gli rivolgo un sorrisetto che cerco di reggere per tre secondi.

«Eril! Aspetta un momento!» Mi giro e di spalle trovo Larry correre verso di me.

«Non mi ero mai sbagliata, sei un clown.»
Scalza, comincio a correre altrettanto nel tentativo di scamparlo.

Dopo 2 minuti mi giro per scrutare, ma non si è arreso. Sembra non essere stanco ma a me viene da svenire.

«Cosa fa nel tempo libero, gioca alle Olimpiadi?» Levo i capelli dal viso.

Larry cerca di raggiungermi anche fuori dal college, ma non mi fermo, perdendo il fiato sono determinata a seminarlo. Peccato che inciampo e cado per terra come un sacco di patate, procurando una piccola ferita al ginocchio.

«Eril!» Si preoccupa e si avvicina.

«Ti sei fatto male.» Si sbriga ad inchinarsi per analizzare la ferita.

«Si grazie a te, non vedevi che non volevo essere raggiunta?» Controllo il mio respiro.

Cerco di alzarmi ma cado miserabilmente.

«Ti porto io.» Allunga la mano per toccarmi, con insicurezza.

«Ti avevo quasi permesso di conoscermi, non te lo meritavi. Ma va bene così, ci si sbaglia.» La mia voce torna ad essere fredda pur rimanendo sotto controllo.

«Ti spiego come sono successe realmente le cose.» Si schiarisce la gola contraendo la mascella più volte, con il viso si che fa pallido.

«Non mi sembra di averti chiesto spiegazioni. Rilassati. Non mi interessa, veramente.»

«Se mi permetti di spiegare...»

«No. Puoi tornare dentro.» Gli fisso dritto negli occhi senza battere ciglio.

«Chiamo un taxi.» Tiro fuori il mio cellulare.

«Accidenti...si è spaccato lo schermo.» Mi lamento.

Tolgo lo sguardo dallo schermo luminoso per guardare in alto al cielo, rilasciando pesantemente un sospiro di stanchezza.
Abbasso la testa e guardo Larry.
È tanto pallido e si intravede paura nei suoi occhi lucidi.

«Non starai mica per piangere.» La mia voce suona molto distaccata.

Lui non cambia espressione e continua a guardarmi.

«Almeno...lascia che ti porti a casa.» Interrompe il silenzio a tono basso.

«Non devi provare pena per me.» La mia voce comincia a perdere la sua freddura e si intravede un pizzico di fragilità.

Larry, senza il mio permesso mi prende in braccio e mi porta verso la sua moto nei parcheggi. Per tutto il tragitto mi lamento e cerco di scendere, ma è più forte, e in più la ferita comincia a farsi sentire.

«Ho detto...ho detto di mettermi giù. Quale parola nella frase non ti arriva al cervello?» Comincio a stancarmi di parlare, da quanto non ricevo comunque una risposta. Sento un nodo nella gola, una sensazione di tristezza.

Larry non parla per dei lunghi secondi.

«Non posso. Voglio solo assicurarmi che sei in salvo.» Il tono della sua voce rimane basso.

"Non parlo per non scoppiare in lacrime come una stupida."

Arrivati, mi fa salire. Prima di partire Larry fatica a convincermi. Gli do del lavoro in più mostrando appositamente comportami capricciosi.
Rifiuto di reggermi a lui, pertanto prende entrambe le mie mani nel suo palmo e le stringe attorno alla sua vita.

Arrivati, scende per primo e mi tende la mano.
Guardo di lato con le braccia conserte.

Mi riprende nelle sue braccia portandomi all'ingresso, per poi suonare il campanello.

«Eril...» Apre mia madre, in un vestito da sera.
Picchietto Larry per farmi scendere.

«Non ti preoccupare, sono solo inciampata.» La assicuro.

«Oh povera!» Mi controlla la ferita.

«Caro, grazie per essertene preso cura. Posso sapere il nome dell'eroe?» Si interessa.

«Larry Blossom, signora Levil.» Risponde educatamente.

«Il ragazzo misterioso che ha salvato Eril dall'uomo ubriaco! Non vedevo l'ora di conoscerti. Sei pure un bellissimo ragazzo, Eril è fortunata ad averti sempre alle spalle a proteggerla.» Forma un gran sorriso.

«Non è un lavoro per me Signora Levil.» Mi guarda, ma io incrocio le braccia mostrandogli un'espressione di disapprovazione.

«Oh no, chiamami Ariel, non vorrai mica farmi sentire già vecchia.» Ridacchia.

«Oh caro, sei pallido, ti senti bene?» Posa la mano sulla guancia di Larry.

Mia madre è sempre stata una donna dolce e delicata, sia nel suo modo di parlare che nel suo modo di comunicare fisicamente.

«Non mi dire che segui anche tu quelle stupide diete che i giovani praticano così costantemente.» Mette le mani sulla vita preoccupata.

«No, non si preoccupi anzi mangerei anche le erbe del giardino.» Gli scappa un sorriso.

«Si anche le labbra di Brigit.» Commento sotto i baffi.

Larry sente e mi fissa, ma guardo altrove.

«Tuo padre mi porta ad un appuntamento, però tu sei ferita quindi se hai bisogno di assistenza possiamo annullare.»

«Scherzi? Non è nulla. Posso badare a me stessa, non é che ho cinque anni. Se non andate mi arrabbio...guarda.» Le rivolgo un espressione ironicamente furibondo.

«Ma guardala, che infantile. Va bene, menomale che non è grave. Avanti venite dentro, ho giusto qualche resto della cena di ieri.» Ci spalanca la porta.

«No. Larry se ne stava andando.» Contradico.

Lui indietreggia con le mani in tasca.

«Oh Tesoro, non essere scortese. Su venite.»

Mi passi a prendere?Where stories live. Discover now