Capitolo 12

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Una volta in camera sento la porta del salotto chiudersi.

«Che stanchezza. Ho davvero mal di testa.» Porto le dita tra i capelli. Spengo la luce e accendo la lampadina sul comodino.

«Bzzz..bzzz...» Squilla il cellulare che ho messo in carica. Mi avvicino.

«Dovrei mettere un suono più allegro.» Controllo. Sul telefono appare il nome di Elisa.
Provo a trascinare il dito sullo schermo, ma non funziona più niente.

«Oh no...avevo la garanzia di 3 anni! Uff.» Agito il telefono.

Corro a digitare il numero della mia amica sul vecchio telefono di casa. Non passa molto alla risposta di Elisa, che risponde dopo tre squilli.

«Non so chi ti abbia dato il mio numero ma ora basta, eliminalo.» Si mette subito sulla difensiva.

«Ei birichina...sono io Eril.» Mi acciglio confusa.

«Eril? Ma che...hai il nuovo numero?» Si tranquillizza.

«Il mio cellulare si è rotto, quindi mi tocca usare il caro vecchio telefono allo stile officina.» Osservo il telefono scuotendo la testa da un lato all'altro.

«Comunque, chi pensavi che fossi? Sembravi preoccupata.»

«Ugh, lascia perdere, è tutta una storia lunga. C'è questo ragazzo che mi chiama di continuo, ma non ho idea di chi sia...sarà uno scherzo.»

«Ei, stai attenta. Blocca il numero o anzi meglio, cambialo.» Propongo preoccupata.

Elisa emerge un ghigno.

«Si può sapere dov'è l'ironia?» Domando spazientita.

«Eril, tranquilla è tutto apposto, non serve. Vorresti che buttassi direttamente il cellulare? Dai.» Cerca di prendere la situazione con leggerezza.

"Beh quello era il piano B."

«Mah! Come dici tu.»

«A proposito dove ti eri cacciata? Non ti ho più vista...e guarda un po' sei già a casa.»

«Scusa...è una storia lunga, magari ti racconto quando ci vedremo, ma per farla breve, c'è stato qualche confusione e la situazione mi ha condotta a casa.» Ripenso a prima.

«Felice di sapere che stai bene. Mi dirai tutto un'altra volta, ora devo andare. Ricordi? Ho promesso di accompagnare delle persone, visto che sono l'unica sobria.»

«Spero per loro che i professori non scoprano che hanno indotto dei alcolici nel college, sarebbero seriamente nei guai.» Mi mordo il labbro inferiore scuotendo il capo.

«Esattamente. Lo spero! Sarei...sarebbero nei guai.»
Elisa mi saluta e attacca.

«Ugh. Non dovrebbe prendere così alla leggera questi strani stalker.» Rimetto il telefono apposto.

«Sto esagerando? Dopo l'esperienza che ho avuto con l'ubrico, sono diventata più cauta di quanto lo sono già.» Parlo tra me stessa.

Mi butto sul divano e accendo la televisione.
Decido di mettere un film di Jack Black su Netflix.

«Vediamo...» Scorro tra i film e mi fermo su 'Shallow Hal'.

Clicco e mi metto composta con le mie merendine sulle cosce, ma alla metà del filmato comincio a sentire le palpebre appesantirsi.

All'una di mattina;

*Sogno*

«Eril devo dirti una cosa.»

«Larry, cosa c'è?»

«Prometti di non dirlo a lui?»

«Cosa? A lui chi? Non ti capisco.»

«Eril, so che non lo dirai. Vero?»

«Cosa...Larry?!»

...

Di colpo mi alzo spargendo accidentalmente tutti i popcorn dentro la ciotola.

«Ma che razza di sogno.» Mi guardo attorno.

«Che ore sono?...» Guardo l'orologio che a prima vista sembra sfocato.

«Sono già l'una e mezza!» Spalanco gli occhi sorpresa.

«Non mi sono nemmeno accorta di dormire durante il filmato. Meglio che sistemo qui, è un casino!» Mi gratto la nuca.

Dopo qualche minuto qualcuno bussa alla porta.

«Mamma, papà. Finalmente siete arrivati.» Mi alzo dal divano stiracchiandomi e mi avvicino alla porta barcollando.

Mentre mi strofino gli occhi, sento delle voci.
Non sono i miei genitori. Mi avvicino alla porta e origlio.

«Siete sicuri che avete visto il moccioso uscire da qui?!»

«Ne siamo più che sicuri capo.»

Mi stacco lentamente stupefatta.
Il mio cuore comincia a battere all'impazzata, cosi forte che sono convinta che mi si scoppierà nel petto tra un momento all'altro.
Rimango in silenzio e indietreggio di due passi lenti.

«Se ci sei aprici o sono guai. Sai cosa vogliamo.» Mi risveglia la voce pesante di uno dei uomini dietro la porta d'ingresso.

Le pulsazioni tra le mie vene sono assai furenti che sento un bruciore di ansia e timore nel petto.
Corro a gambe levate al telefono poggiando solamente le punta dei piedi. chiamo la polizia.

«Pronto, ci sono dei uomini davanti a casa mia e non so chi siano. Ho paura che non abbiano buone intenzioni.» Balbetto.

«Va bene, signora prenda un respiro profondo e ci dica il suo indirizzo. Non riaggancia.» Risponde un agente con un tono calmo e deciso.

Dopo qualche minuto, tra bussi alla porta e urli, sento delle sirene suonare fortemente.

«Oh Dio...grazie. Trattenevo il respiro.» Poggio la mano sul petto.

«Signora apra, siamo i poliziotti.» Suonano il campanello.

«Signor agente, perché qui? Eril sta bene?!» Sento i miei genitori lamentarsi dietro la porta di ingresso.

Apro e spalanco la porta.
I miei piombano dentro e mi abbracciano preoccupati.
I poliziotti entrano e fanno un breve controllo dentro la casa, dopo di ché fuori nel giardino.

Ritornano dentro.

«Non c'è nessuno, non vi preoccupiate. Non esitiate a chiamare se si dovesse ricapitare di nuovo questo evento. Di sicuro avranno sentito il suono delle sirene e saranno scappati.» L'agente si sistema l'uniforme.

«Per l'amor del cielo.» Sospira mio padre.

Mi passi a prendere?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora