32. (PARTE TERZA)

36 12 6
                                    

«Vi prego, capitano, non intendo essere irrispettoso

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

«Vi prego, capitano, non intendo essere irrispettoso. Vi chiedo di trovare una soluzione più... assennata.»

«Signor MacMourrog, confido che percepiate la giusta misura del pericolo in cui voi e Casambus versate. Pare che i vostri compagni lo ignorino.»

Avery, dietro il tavolo nella cabina, spostò gli occhi sul greco, che se ne stava impettito e con lo sguardo vacuo che i marinai mettevano su quando non erano d'accordo, fingevano di ignorare le parole ma nella loro mente celere inveivano e inseguivano scappatoie.

Poco prima, durante l'ennesima prova con il fuoco liquido, lui e Bolton avevano dovuto sedare una rissa fra alcuni membri del vecchio equipaggio impegnati a scazzottarsi coi nuovi compagni. Il motivo: la samoana Teulia. Il terrore per la sirena era scemato in fretta di fronte a una questione pratica di possesso: Washburn considerava con ingenuità una prostituta, convinto di poterla prelazionare con qualche regalo, convinto che avrebbe rifiutato chiunque altro o che, almeno, non avrebbe fatto con altri ciò che faceva con lui. Avery conosceva bene i marinai che navigavano con lui da anni, al punto che poteva dire del ragazzo che era un sempliciotto parco di parole e di gesti svelti e ripetitivi, e che la suddetta samoana aveva l'obbligo di soddisfare chiunque si trovasse nella stanza. L'altro, Cunnick, un toro di sei piedi e più, non aveva voluto sentire ragioni, i suoi scellini e i suoi regali valevano come quelli di chiunque altro. Dopo lo sfoggio di filosofia, Cunnick era scivolato sulla strada triviale delle dimensioni, della capacità amatoria e di un gergo sconveniente persino per una nave di Sua Maestà.

Da che era in Marina come allievo, Avery aveva assistito ai più brutali e deplorevoli tentativi dell'equipaggio di fuggire da una vita di lavoro obbligato per un'ora di estasi. Sapeva che i nuovi erano stati arruolati da tradizione: un nugolo di imbarcazioni con capitani, ufficiali e soldati che attraccavano nei porti e prendevano la gente di forza, la percuotevano finché non stramazzava e la portavano ai velieri che necessitavano di uomini. Alcuni si abituavano alla vita in mare, altri non perdevano l'indole di animali terrestri. Fra i due gruppi, costretti in uno spazio ristretto, si formava una faglia e si producevano scontri fra fazioni che nulla avevano da invidiare ai lek di galli combattenti.

Reed non le mandava a dire ed era un buon pugile. Aveva protetto un Washburn sanguinante. Quando Avery aveva udito gli schiamazzi e gli incitamenti a prua, Reed ne aveva sistemati due, fra cui Cunnick, e sotto le nocche aveva un terzo che ruggiva mulinando i piedi. Li aveva divisi aiutato dal nocchiere e gettati fra le braccia degli istigatori. La ciurma gridava e spaventava le sule e i fraticelli. A tumulto placato, Avery aveva chiesto i motivi e fra le ragioni che riguardavano schermaglie amorose aveva udito Reed strillare: «Doherty dice che è colpa del signor MacMourrog se non possiamo scendere a terra. Il mostro ci prenderà, il signor MacMourrog è il faro che punta su di noi. E dice "maledetti fottuti inglesi" che vanno dappertutto a impestare. E io non glielo permetto, nossignore!»

Avery aveva replicato: «Prendete nota, signor Blight. Mettete ai ferri Reed, Washburn, Cunnick e questi altri due stesi», risparmiando la punizione agli incitatori. Tuttavia, le parole di Reed gli erano rimaste incastrate dentro.

MacMourrog oscillò sulle gambe di muscoli allenati alle asperità di Mull of Galloway e attese che la mente del capitano tornasse. «Non sarei dovuto andare in Grecia» piagnucolò. «Non pagavo l'affitto. Signore, cosa ho fatto!»

«Non potevate sapere cosa vi avrebbe riservato il destino. Adesso conosciamo il presente e il futuro prossimo, molto prossimo. La Sirena Alata o il mostro, come la chiama il ponte inferiore, verrà a prendervi come ha preso Sullivan e un morto sulla coscienza mi basta e avanza.» Pensò: Due, due morti, Lusia e Sullivan. Per la mia precipitosità. «Ci ho pensato a lungo, non ho dormito quando avrei dovuto farlo per cavarvi dai guai, guai che non vi siete cercati, preciso. L'unico modo è ingannare l'occhio del predatore come si usa in Marina, pregando che ci caschi.»

«Noi non siamo navi, signore. Le navi camuffate mantengono la dignità. Non potrei più guardarvi, né voi né gli altri, e ci pensate a cosa dirà l'equipaggio se mi comprometto in quella maniera?»

«Non mi guarderete più, non guarderete niente se vi cavano gli occhi e vi sbudellano. Volete essere aperto e frugato come un coniglio, signor MacMourrog? Perché, se lo volete, potete preparare il baule con gli oggetti da spartire a vostro padre, a vostra madre e ai vostri fratelli e sorelle, cugini parenti e amici. A proposito, lo trovereste volgare se vi chiedessi il sestante in ottone con la scatola di legno? È un gran bello strumento.»

MacMourrog si sentì senza scappatoia. Rimase immobile nella posa della deferenza ma gli uscirono due lacrime.

«Suvvia, vi dò la mia parola che frusterò quarantotto volte chiunque oserà ridere o gettare commenti su di voi. E vi resta comunque l'autorità di denunciare lo spiritoso al Tribunale Militare. I nostri marinai non vogliono finire appesi alla varea del pennone. Ho l'impressione che siano bravi nel mantenere il silenzio.»

«D'accordo» si arrese MacMourrog.

«E voi, Casambus?»

«Con tutto il rispetto, non voglio morire. Travestito o meno non mi importa. Mio fratello disse una volta che la vergogna si può sopportare. L'eternità no, se non sei sicuro di dove finirai. E io non sono sicuro di finire in cielo, signore.»

Di Pesce e di UccelloWhere stories live. Discover now