54. (PARTE TERZA)

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La notte prima del giorno stabilito, Kozlov uscì

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La notte prima del giorno stabilito, Kozlov uscì. Non voleva dormire un sonno costretto dal liquore o da un medicamento. Non ricordava dove avesse ficcato le foglie essiccate della medicina e il portapillole della Sirena, e comunque non avrebbe preso nulla, una personale etichetta intransigente glielo impediva.

Suo fratello non aveva mai combattuto con nessuno, ma gli aveva insegnato che era meglio affrontare i duelli da sobri, assonnati magari, non sporchi dell'ennesima debolezza. L'ira che conduceva due gentiluomini a impugnare le armi uno contro l'altro era sufficiente a mostrare agli occhi del mondo la piccolezza dell'essere umano.

Fece un giro intorno alla casa, aspirò nelle narici la frescura delle piante e la fragranza soda dei fiori, e si allontanò verso la ironshore. Provava il desiderio di guardare che ora fosse e se lo impedì.

Ascoltò un movimento nell'acqua e si mise a cercare chi l'avesse prodotto. Vide il bagliore e si fermò.

La Sirena lo raggiunse. Nuotava nel modo in cui sarebbe avanzata una natante. Nei pressi della riva sollevò gli occhi sull'ufficiale, che le rivolse un saluto cortese. «Vi cercavo.»

Kozlov non chiese il motivo, si limitò a osservarla.

«Devo restituirvi il Buran

Kozlov avvertì che il vento delle steppe lo accerchiava e vide la camicia scuotersi. Pensò alle tempeste di neve dove non si distingueva nulla, come durante un pianto a dirotto. In una pausa in cui il calore della notte serena impregnò l'aria, l'Aliseo gli alitò sul viso e lo spinse premendogli nelle grinze del corpo e degli abiti il peso famigliare.

Kozlov ebbe la stessa sensazione di cadere contro un pavimento di marmo e s'impose di restare in piedi. Quando la brezza tiepida si dissolse, sorrise. «Vi ringrazio.»

Il vuoto – eccettuato il buco dentro l'anima – era svanito.

«Il Vento mi ha riferito cosa accadrà domani mattina.»

Kozlov girò il viso di modo che lei non vedesse il movimento delle sopracciglia. Dopo il primo tremore rilassò la mascella. La Sirena aveva il potere, che lui stesso le conferiva, di entrare nel buco dentro l'anima e suscitargli la gelosia.

Kozlov non voleva pensare ma i pensieri si formavano: Siete in ansia per il capitano, non volete che muoia, mi chiederete se ne siamo sicuri, se non possiamo sottrarci, mi minaccerete di non ucciderlo altrimenti penserete voi a punire la mia azione. Dipinse di nero la mente, fissò la ironshore umida senza alcuna traccia di neve o poltiglia nevosa, e gli tornò la voce anonima dell'ufficiale. «Non avete mai assistito a un duello?»

Lei scosse la testa.

«Mi stupisce che nella storia turbolenta dell'isola non siano annoverati.» Dopo un breve attimo, Kozlov aggiunse: «È un atto di codardia sottrarsi se l'altro non ha accettato le scuse. Il duello è disciplinato da regole che risalgono a molto tempo fa. Noi uomini siamo schiavi non solo dei nostri simili, ma di leggi che abbiamo promulgato pensando che facessero il nostro bene.»

«Vorreste spiegarmi meglio?»

«Signora dei Caraibi, se fosse possibile non vorrei.»

Il Vento fissò la Sirena, incuriosito dalla reazione. Provava simpatia per l'ufficiale, ma non avrebbe tollerato un comportamento irrispettoso verso la divinità dei Caraibi. La risposta di Kozlov avanzava sul filo.

«E cosa vorreste fare?»

«In quest'ultima notte? Cosa vorrei fare?» Kozlov scostò gli occhi dal viso di lei e li poggiò sul mare. Assaporava la pace confortante di una notte senza doveri. «Vorrei restare qui. Nient'altro.»

La Sirena capì che l'ufficiale provava lo stesso sentimento della vecchia prostituta. Pensò a cosa potesse resistere all'avvenire e non trovò la risposta. Allora cercò la semplice contemplazione di ciò che vedeva Kozlov e di ciò che aveva visto la prostituta. Sorrise. «Resterò un po' anch'io» disse.

Di Pesce e di UccelloWhere stories live. Discover now