01. A nessuno piacciono i ratti

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«Bentornata signorina Martin»

Faccio un cenno di saluto alla signora Taboltt, la vecchia arpia che gestisce l'orfanotrofio. «Buongiorno», rispondo a mezza voce.

«Vedo che anche oggi non manca di farci visita», commenta, composta commesso solito.

«No signora Taboltt, non potrei mai» La donna annuisce poco interessata.

«Salutami Griffin»

«Certo» borbotto, scappando velocemente dall'arpia. Quando inizia a parlare del preside Griffin non riesco più a fermarla.

Sono ormai diversi anni che vengo qui, passo il tempo in compagnia dei bambini e porto i soldi che raccolgo nel fine settimana.

L'orfanotrofio, comunemente chiamato il Doons, è ben nascosto fra fronde alte e nuvole pesanti. Non è molto lontano dalla mia cittadina, solo qualche autobus mi separa dalla struttura.

Sono le sette, è ora di cena, e probabilmente sono tutti in sala pranzo. Mi trascino all'interno della grigia struttura, sistemando alla ben e meglio la gonna nera.

Scosto con lentezza la vecchia porta cigolante dell'ingresso, e m'intrufolo dentro. Pur essendo pieno di vita e bambini, l'orfanotrofio mi è sempre sembrato grigio e, terribilmente triste.

Camminando per il corridoio che conduce alla sala pranzo, rimango incantata dalle numerose foto appese sotto la scala, le ho viste mille volte, ma apprezzo sempre la loro vista.

Non conosco la data d'apertura della struttura ma, dalle numerose cornici appese, si aggira intorno ai cinquant'anni fa. Racchiudono tutte una foto dei bambini che, ogni anno, hanno alloggiato nella casa.. Mi sorprendo sempre dello spropositato numero di ragazzi abbandonati, o senza famiglia.

Non ho mai capito perché certe madri lascino, abbandonino sangue del loro sangue per strada. Le storie di molti dei ragazzi qui dentro sono terribili.

Non tutti abbiamo la fortuna di vivere in una casa nostra, con dei genitori che ci amano, una famiglia, magari un cane... Venire qui mi ricorda sempre dell'immensa fortuna che ho.

Scosto lo sguardo dalle foto e riprendo a camminare, trascino i sandali neri sulla moquette logora fino alla prima porta, la piccola sala da pranzo. Al centro un lungo tavolo ospita tutti i ragazzi.

«Kath!».

Un coro di finalmente urlati a bocca piena si leva dal tavolo.

«Ho avuto molto da fare ultimamente» sussurro in giustifica con un sorriso mentre abbraccio la piccola peste che mi è saltata addosso.

«Mi sei mancata! Ho tantissime cose da raccontarti. Lo sai che la signora Taboltt mi ha messo in punizione?» borbotta accigliata la piccola testa piena di ricci «Non è colpa mia se a Emily non piacciono i ratti».

«A nessuno piacciono i ratti, Tommy» Risponde imbronciata Emily, una ragazzina bionda di dodici anni, la più fifona del gruppo.

Ridacchio, scostando di poco Tommy. Lui mi osserva di rimando con un sorriso furbo. Fra tutti i bambini, Tommy è sempre stato quello più legato a me. Ha appena otto anni, ed ha un bizzarro senso dell'umorismo, simile per certi versi al mio.

«Sorellona hai cambiato di nuovo colore dei capelli.. blu mi piacevano di più». Osserva, passando le piccole dita fra le ciocche fucsia, i suoi occhietti nocciola percorrono tutta la lunghezza dei miei capelli.

Alle sue spalle, Emily mi guarda per un po' e fa una smorfia divertita. «Hai decisamente bisogno di una consulente di moda»

«Non mi serve, ho te». Vado da lei e le poso una bacio sulla fronte, lei alza gli occhi al cielo ma, ridacchia divertita.

Come il cielo a mezzanotte Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin