Are you still mine?; Charles Leclerc

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[One-shot per
LeylaEmerson.
Spero ti piaccia💞]


Io e Charles ci eravamo lasciati da diversi anni, quando avevo scoperto che mi tradiva con una delle mie migliori amiche. Ci ero davvero rimasta male, poiché, nonostante i lavori impegnativi di entrambi, avevo sempre cercato di non trascurarlo. Soprattutto visto che lavoravamo nello stesso ambiente. Io ero la PR di Max e per questo motivo trascorrevo molto tempo con lui, a volte ero costretta a viaggiare anche per l'Europa in sua compagnia, quando aveva delle interviste importanti o qualsiasi altra cosa riguardasse la sua immagine. Svolgevo il ruolo di manager, senza esserlo effettivamente. Ciò, però, non andava molto a genio a Charles, che aveva sempre guardato Max di sott'occhio. Una volta avevamo litigato perché affermava che trascorressi più tempo con l'olandese che con lui. Io cercavo sempre di fargli comprendere che la situazione fosse differente e che anche lui avesse sempre alle calcagna la sua addetta stampa, ma che non mi fossi mai lamentata. Orgoglioso qual era, non voleva prestarmi attenzione ed a volte succedeva che uscisse di casa e si presentasse solamente la mattina dopo nella nostra cucina, come se nulla fosse accaduto. Inizialmente avevo lasciato perdere, anche quando lo chiamavo per avvisarlo che avrei ritardato a causa del lavoro e lui mi liquidava sempre, con una sbrigatività che non gli apparteneva. Avevo compreso che qualcosa tra di noi fosse cambiato, ma speravo che con il tempo potesse tornare tutto alla normalità. Lui, però, aveva già trovato un ripiego. Un modo per ammazzare il tempo durante la mia assenza. E probabilmente ne sarei rimasta all'oscuro, se Max, quel giorno, non si fosse sentito male e mi avesse permesso di tornare a casa prima. Quando vidi Charles e Claire, quella che doveva essere la mia migliore amica, insieme, sul nostro letto a baciarsi, sentii il mondo cadermi addosso. Loro non si resero conto della mia presenza fino a quando non composi il numero dell'olandese e gli chiesi se potesse ospitarmi, almeno per quella notte. Non avevo molte conoscenze lì a Monaco, d'altronde mi ero dovuta trasferire dall'Olanda per essere più vicina al mio datore di lavoro. E, poi, non trascorrevo neanche molto tempo a casa, visto che viaggiavo continuamente. Charles cercò di scusarsi, ma io ero troppo arrabbiata con lui, per potergli dare retta. Avrei potuto accettare di essere lasciata, a causa del mio lavoro, ma il tradimento non lo concepivo e non l'avrei mai fatto. Non credevo di meritare quello. Max, per fortuna, in quel periodo mi fu molto vicino, mi ospitò per quasi un mese nella sua casa e nel suo motorhome durante i viaggi, partivamo sempre insieme per le gare. A noi, poi, si aggiunse anche la sua fidanzata, con cui strinsi un bel rapporto. Almeno lei capiva che il mio fosse semplicemente un lavoro e che non avessi alcuna intenzione di rubargli il fidanzato.
Erano trascorsi quasi quattro anni da quel giorno, io ero rimasta la PR di Max, che nel frattempo era diventato campione del mondo. Ero orgogliosa di lui, riconoscevo il suo valore. Ma non era l'unico ad esserlo diventato. Anche Charles era riuscito a vincere il mondiale ed aveva iniziato a cambiare ragazza ogni fine settimana. L'olandese, invece, era ancora fidanzato con Dilara, che era davvero una buona amica. In quegli anni avevamo legato talmente tanto che le avevo raccontato la mia storia con Charles. Quando scoprì ciò che mi aveva fatto, rimase scioccata al punto da non volerlo nemmeno guardare nello schermo e da intimare ogni volta a Max di buttarlo fuori. Sembrava fosse lei la tradita. In un certo senso, mi faceva piacere questo suo affetto nei miei confronti, ma mai e poi mai avrei voluto che si facesse male. Soprattutto a causa dell'olandese. Si era comportato in modo indegno con me, ma non gli avrei mai augurato di soffrire. D'altronde rimaneva il ragazzo che avevo amato di più al mondo e forse lo era ancora.
«Leyla!». Max non faceva altro che chiamarmi. Prima delle gare era sempre ansioso.
«Max, credo tu debba calmarti». Gli poggiai una mano sulla spalla e gli sorrisi. «Vedrai che andrà tutto bene. Possibile che tu sia campione del mondo ed abbia ancora ansia da prestazione?».  Scosse la testa sconsolato.
«Voglio sempre dimostrare il mio valore, far comprendere di essere un vero campione del mondo».  
«Maxie, sei primo nella classifica, nessuno pensa che tu abbia vinto il titolo immeritatamente!».  Lui tornò a guardarmi.
«Charles...».  Sospirò. A quel nome rabbrividii, ma per fortuna lui non se ne rese conto.
«Non gli sei mai andato a genio e poi siete rivali in pista, è chiaro che lo dica. Ma ciò non sminuisce il duro lavoro che hai fatto per arrivare dove sei ora».  Gli scrollai le spalle, per fargli alzare il volto. «Chi vuoi che lo sappia meglio di me? Vivo con te, praticamente!».  Mi sorrise debolmente. «Ora esci di qui, vai in pista e vinci, come sai fare tu».  Mi abbracciò, prese il suo casco ed entrò in macchina. Andai a sedermi vicino a Dilara su uno sgabello.
«La vostra amicizia è incredibile, lui si fida molto di te e della tua opinione».  Annuii.
«Siamo entrambi olandesi, ci conosciamo da molto tempo. E poi trascorriamo molte ore insieme per il mio lavoro, quindi è diventato come un fratello per me ed immagino che i sentimenti siano gli stessi». Lei mi sorrise.
«Sì, immagino di sì». Poi entrambe tacemmo, perché il Gran Premio iniziò. Max partiva in prima posizione, in prima fila con Charles. Christian mi passò un paio di cuffie, per poter parlare con l'olandese nel caso in cui non desse retta agli ordini di scuderia. Dava ascolto solo a me. Vidi il monegasco avvicinarsi pericolosamente a Max, che cercava in tutti i modi di tenerlo dietro, ma purtroppo, a differenza del giorno precedente, la monoposto non aveva un grande passo. Non avrebbe mai potuto sopportare il passo di Charles, che era nettamente più veloce del suo. Faceva giri veloci su giri veloci. Max, però, non demordeva, lo vedevo spingere ogni tanto di più sull'acceleratore, quanto bastasse per evitare che Charles gli stesse alle calcagna. Almeno nelle curve poteva recuperare un po' sulla Ferrari, che era formidabile nei rettilinei. Erano il suo punto di forza. Ad un tratto giunse un team radio, in cui Max affermava di aver visto Charles fare una manovra molto pericolosa. Neanche il tempo di dirlo che, alzando il volto verso lo schermo, vidi la sua monoposto levarsi in aria ed iniziare a girare su se stessa. Fece un volo di probabilmente tre metri, per poi cadere, senza toccare con le gomme a terra. Vi era la zona del sedile rivolta verso terra e, a quanto avevo capito, nessun team radio era giunto dal monegasco, che potesse confermare che stesse bene. Avevo iniziato a sudare freddo ed ero talmente agitata, che scoppiai a piangere. Dilara iniziò ad accarezzarmi i miei lunghi capelli castani, obbligandomi a fissare i miei occhi verdi nei suoi azzurri.
«Vedrai che andrà tutto per il meglio».  Mi strinse a sé.
«Non voglio finisca così». Singhiozzai. «Non voglio che finiamo così!».  Alzai leggermente la voce, ma non ne uscì altro che un lamento. Sembrava quasi avessero trapassato il mio petto con una lama affilata e mi avessero pugnalato per un centinaio di volte. Rimasi in posizione fatale, tra le braccia di Dilara, fino a quando qualcuno non si avvicinò a noi.
«Cosa diamine è successo? Perché non lo tirano fuori?».  Gridava Max e ciò non faceva altro se non peggiorare il mio stato.
«Ha perso il controllo della macchina, è volato, letteralmente». Rispose Dilara. «E tu perché sei qui?». Continuò.
«Hanno sospeso la gara. È stato un incidente pericoloso, temono...».  Non terminò la sua frase, perché vide che avevo alzato il volto ed era pieno di lacrime. Cercò di confortarmi, ma io mi alzai ed iniziai a correre verso i box della Ferrari, il più velocemente possibile. Avevo bisogno di trovare qualcuno, qualcuno che mi dicesse le sue condizioni. Vidi un meccanico e mi avvicinai.
«Come sta? È vivo, vero?».  Parlai io, cercando di mantenere la calma.
«Non riescono ad estrarre il suo corpo dalla macchina e lui non ha ancora fatto alcun team radio. Non possiamo far altro che sperare».  Non ero un granché soddisfatta della risposta, ma certamente non avrei ottenuto nessun'altra informazione da lui. Dovevo solamente aspettare che lo portassero all'ospedale. Max mi venne incontro con il fiatone.
«Dove diamine eri andata? Pensavo volessi farti ammazzare». Mi abbracciò ed io mi strinsi a lui.
«Ho paura, Max. Davvero tanta». Tornai a piangere.
«Anche io, Leyla. Anche io». Rimanemmo in quella posizione per un'unità di tempo indeterminata, fino a quando non sentimmo urlare lo stesso meccanico a cui avevo chiesto informazioni.
«È vivo!».  Disse lui ed io non potetti far altro se non iniziare a sorridere. «Sta andando in ospedale».  
«Accompagnami, ti prego». Chiesi a Max e lui annuì. Andammo a riprendere Dilara ed insieme ci dirigemmo all'ospedale in cui lo avrebbero condotto. Una volta giunti lì, l'olandese dovette litigare con la guardia per convincerlo che fosse un pilota e che conoscesse il ragazzo che era stato trasportato lì. Quando, finalmente, l'uomo si decise a farci entrare, chiesi subito delle informazioni sulla camera in cui avrei potuto trovarlo. Non mi importava di chi ci fosse intorno a me, volevo solamente vederlo. Prendemmo l'ascensore ed arrivammo al piano che mi era stato riferito. Non vi erano molte persone, quindi potetti sedermi su una sedia ed attesi che qualche medico uscisse, per potergli chiedere di visitarlo. Dilara e Max si sedettero accanto a me e rimanemmo in silenzio fino a quando una giovane infermiera, che era appena uscita dalla sua stanza, non chiese chi fosse la Leyla che il paziente tanto richiedeva. Prontamente mi alzai.
«Sono io». Riferii e lei mi fece cenno di entrare. Volsi lo sguardo ai due che mi avevano accompagnata, che mi sorridevano teneramente. Cercai di farmi coraggio e, dopo aver tirato un sospiro, aprii la porta ed entrai nella stanza, completamente bianca.
«Non voglio parlare...». Si fermò, quando voltò completamente il capo verso di me e notò chi avesse di fronte. Abbozzò un leggero sorriso, ma potevo scorgere la sorpresa nei suoi occhi.
«Ciao Charles». Proferii e lui mi fece cenno di avvicinarmi.
«Ciao Leyla».  Aveva il capo fasciato ed un braccio e le gambe ingessate. Sarebbe potuta andargli molto peggio. «Non pensavo di vederti, qui».  
«Potrei dire la stessa cosa di te».  Rise, ma ben presto il suo sorriso si trasformò in un'espressione di dolore. «Mi hai fatto prendere un colpo. Pensavo di perderti, per sempre». Iniziò a guardarmi serio.
«Come puoi preoccuparti ancora di me, dopo quello che ti ho fatto?». Chiese lui, a voce bassa.
«Perché io continuo ad amarti, Charles». Sorrise dolcemente.
«Anche io, Leyla. Non ho mai smesso. Purtroppo ti rendi conto dell'importanza di una persona, solo dopo averla persa. È che vederti così tanto tempo con Max mi ha fatto impazzire ed io sapevo da diverso tempo di interessare alla tua migliore amica. Il mio intento era solamente quello di farti ingelosire, non di tradirti, ma non so cosa sia successo, non lo ricordo neanche, siamo finiti per baciarci. Ma nella mia mente c'eri sempre e solamente tu. Dopo che mi avevi lasciato, non riuscivo ad avere nessuna relazione con nessun'altra donna che non fossi tu. È per questo che cercavo sempre di portarmi dietro ragazze che assomigliassero, anche solo vagamente, a te. Tu sei il mio pensiero fisso, quella a cui penso non appena mi sveglio e mi rendo conto che non sei più al mio fianco e quella a cui penso prima di andare a dormire, nella speranza di poterti baciare ancora una volta e darci un'altra possibilità».  Posai le mie labbra sulle sue, sorprendendolo. Forse non avrei dovuto farlo, visto il dolore che mi aveva fatto patire, ma era da troppo tempo che ne sentivo la necessità. Pose la mano non dolorante sulla mia guancia ed iniziò ad accarezzarla leggermente con il pollice. Sorrisi a quel gesto. Ci staccammo dopo poco tempo, Charles stava soffrendo davvero molto.
«Posso aiutarti in qualche modo?».  Lui annuì.
«Rimani qui, ti prego».  Acconsentii.
«Permettimi solamente di avvisare Max di tornare in albergo con Dilara».  
«C'è anche lui?». Domandò lui.
«Ci sono anche loro, sì. Mi hanno accompagnato fin qui». Specificai io e mi avvicinai alla porta. La aprii e Max e Dilara saltarono in piedi alla mia vista. «Vuole che rimanga qui, potete andare in albergo, non preoccupatevi».  Cercarono più volte una conferma, poi mi diedero ascolto. Max mi lasciò un bacio sulla fronte, mentre Dilara mi abbracciò ed io ricambiai. Mi salutarono ed io rientrai nella camera.
Quella sera io e Charles riscoprimmo il valore dell'amore, quello capace di farti sentire i brividi lungo la schiena, di renderti felice e triste nello stesso identico secondo, quello che rimane al tuo fianco anche nei momenti di difficoltà. Lui aveva finalmente compreso i suoi errori ed io ero pronta a compiere quel passo che in passato avevo tanto rifiutato.

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«Charles, hai una conferenza, sbrigati!».  Urlai io e vidi il mio fidanzato spuntare dal bagno con ancora i capelli bagnati.
«Come faceva Max a sopportarti?».  Ridacchiò lui, per poi lasciarmi un leggero bacio sulle labbra.
«Perché mai dovresti sopportarmi? Sono la migliore PR del mondo!». Gli sorrisi.
Alla fine avevo scelto di abbandonare il ruolo di addetta stampa di Max, accettando quella proposta, di diversi anni prima, di Charles di diventare la sua PR. In passato avevo anch'io commesso degli errori, tra questi, quello di aver pensato maggiormente al mio lavoro che al mio ragazzo e non volevo più commetterli.  Amavo Charles più di qualsiasi altra cosa al mondo, era la mia vita, la mia gioia, il motivo per cui mi alzavo ogni mattina. A volte era anche causa della mia sofferenza, ma ogni sorriso che lui mi rivolgeva era capace di farmi sentire meglio. Poteva avere i suoi difetti, come li hanno tutti, ma io amavo anche quelli. Amavo tutto di lui e lo avrei fatto per sempre.

One-Shot// Motorsport (SOSPESO)Where stories live. Discover now