Ho bisogno di un tuo abbraccio; Max Verstappen

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One-shot con
contenuti espliciti.

Dedicata a sugar9403

Era così difficile stare con una persona, quando, in realtà, ne amavi un'altra. Guardarla di sfuggita, immaginarla in contesti non sempre opportuni, desiderarla. Sperare che qualsiasi sorriso ti rivolga sia causato da te, che i sentimenti siano ricambiati. Voler scappare per una sola notte folle ed il giorno dopo sentire ancora il sapore delle sue labbra, il tocco delle sue mani e le parole d'amore proibite scambiate. La continua paura di essere scoperti, per poi nascondersi e baciarsi mentre si ride. Avvolgersi dopo aver fatto l'amore, per poi rifarlo, perché, si sa, non è mai abbastanza. Tutto ciò, però, poteva rimanere solo un desiderio. Io ero fidanzata con Charles e non mi sarei mai dovuta innamorare di Max. Non del suo più grande avversario. Eppure era così bello quando mi rivolgeva quel sorrisetto di sfida, quasi potesse leggere i miei pensieri, oppure si allenava e si notavano i muscoli in tensione sotto alla maglietta. Ed i suoi occhi azzurri. I suoi occhi erano un qualcosa di spettacolare. Erano azzurri come il mare, quello in cui ti tuffi e da cui non vuoi e non puoi uscire più, o come il colore del cielo in un pomeriggio d'estate. Erano freddi ed al contempo, in un ossimoro, infondevano calore e sicurezza. Le sue pupille, invece, sembravano quasi sparire in quell'azzurro così intenso. Evitavo di guardarli, perché, quando ciò avveniva, perdevo le staffe e non smettevo di pensare a lui. Più di quanto già normalmente accadesse. Lo desideravo e, da quanto avevo compreso, era lo stesso anche per lui. Faceva di tutto per rimanere, anche per pochi istanti, da solo con me ed il mio fidanzato non sospettava nulla. Si fidava di me ed io mi sentivo così sbagliata, così ingiusta e falsa. Eppure non l'avevo mai tradito, o almeno non nei fatti. Volevo porre fine a tutto, andare da Charles e dirgli di chiudere la nostra relazione, perché non provavo più nulla, ma poi ripensavo a ciò che lui aveva fatto per me e mollavo tutto. Mi aveva aiutato nei momenti di difficoltà, quando ero sul punto di crollare definitivamente, lasciarlo sarebbe stata una dimostrazione di ingratitudine. Rimanere con lui, però, significava illudere entrambi e non so quale delle due opzioni fosse la peggiore. I primi tempi cercai di convincermi che fosse solo un capriccio, che fosse solo il profumo di proibito che mi attirava, eppure, più tempo trascorreva e più entravo in contatto con Max, più comprendevo di non aver mai provato nulla del genere, per nessuno. Non era solo attrazione fisica, non più, era un qualcosa di superiore. Mi travolgeva completamente, sia dal punto di vista passionale che da quello spirituale. Era una storia degna di essere trascritta ed essendo io una scrittrice non mi lasciai sfuggire questa occasione. Se, da un lato, io non potevo avere Max, la mia protagonista, invece, poteva avere il finale che desideravo per me stessa. Iniziai così ad abbozzare quello che sarebbe stato, in assoluto, il mio capolavoro. Charles volle leggerlo per primo e quando lo fece, rimase sorpreso.
«È stupendo, Gaia. E poi la storia è struggente e commovente, lo penso davvero». Gli sorrisi.
«Ti ringrazio, Charles. È molto importante per me il tuo giudizio, lo sai». Mi lasciò un leggero bacio sulle labbra.
«L'unica cosa che non ho compreso è perché tu abbia scelto dei nomi così particolari per i tuoi protagonisti: Gioia e Milio». Mi guardò stranito. «Non li ho mai sentiti, davvero esiste Milio come nome?». Ridacchiai.
«Sì, Charles, esiste. Li ho scelti perché mi piacevano, non vi è un motivo ben preciso». Annuì, non molto convinto, ma sapevo che non avrebbe indagato. In caso contrario, avrebbe compreso facilmente il motivo di quella mia scelta. Erano stati i significati dei nomi a spingermi a sceglierli. «Ho inviato la bozza ad una casa editrice e vogliono pubblicare il libro». Mi strinse a sé.
«È una grandissima notizia! Allora c'è da festeggiare». Tutto quel suo entusiasmo mi distruggeva sempre di più e mi faceva sentire sempre più in colpa. Andò a prendere lo spumante con due calici. Andai a sedermi sul divano e coprii il mio volto con le mani. Cosa diamine stavo facendo? Cosa pensavo di ottenere in quel modo? «Ehi, è successo qualcosa?». Tornò in salotto. Scossi il capo.
«Ho solo un po' di mal di testa, non è nulla». Menzogne, menzogne, menzogne. Ero ormai diventata bravissima a mentire, facevo quello praticamente sempre.
«Vuoi riposarti un po'?». Annuii.
«Credo mi farebbe bene». Posò la bottiglia sul tavolino e si avvicinò a me, che mi ero alzata. Mi afferrò il volto con le mani e, dopo avermi accarezzato le guance, mi baciò. Inizialmente non ricambiai, irrigidita, poi mi lasciai andare. Mi prese per le gambe e mi sollevò, incamminandosi verso la sua camera da letto. Perché doveva essere sempre così dolce e premuroso? Ciò non mi aiutava affatto.
«Domani ti accompagno a casa, ora non credo sia affatto il caso. Ti dispiace rimanere qui?». Scossi la testa.
«No, va bene così». Mi sorrise. Si sdraiò sul letto e mi fece stendere al suo fianco, appoggiando la sua testa sul mio petto. Iniziai ad accarezzargli i capelli.
«Quando sarà la presentazione?». Mi domandò ad un tratto.
«Tra due settimane». Risposi prontamente e lui spalancò gli occhi.
«Diamine, tra due settimane devo partire per delle interviste per circa una quindicina di giorni». Era dispiaciuto, lo si comprendeva dai suoi occhi.
«Non preoccuparti, Charles, è lavoro anche il tuo». Lo rassicurai.
«Sì, ma è la tua presentazione ed io volevo esserci. Tu ci sei sempre per me e sembra quasi che io non mi interessi della tua carriera».
«Non pensarlo minimamente, tu fai davvero moltissimo per me. Rimedieremo». Sorrisi. Gli lasciai un bacio sulla fronte.
«Sì, rimedieremo».

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