Antonio Giovinazzi

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lucreziasstories

«Quando ero piccolo sono caduto in una fontana» afferma Antonio dall'altra parte dello schermo, mangiucchio qualche arachide e poi rispondo:«Falso»

«In realtà è vero, sono caduto nella fontana di Trevi» ride lui mentre io spalanco gli occhi e in poco tempo mi ritrovo piegata in due a ridere.

Io e Antonio ci siamo conosciuti nel periodo natalizio, lavoravo in un negozio di giocattoli e quel giorno toccava a me chiudere.

Stavo mettendo le ultime cose in ordine prima di andare a casa, quando Antonio è entrato in negozio tutto trafelato, con la neve tra i capelli e le guance rosse dal freddo.

All'inizio ero restia dal cedere alle sue preghiere sull'aspettare a chiudere ma alla fine non ho resistito, perché sapevo che se gli avessi negato di comprare quel giocattolo, un povero bambino avrebbe trascorso la giornata di Natale con un'espressione triste sul viso; e a nessuno piace vedere un bambino triste.

Poi, dopo avergli dato il regalo, ho provato ad accendere la macchina che però aveva deciso di lasciarmi a piedi; mentre aspettavo che la mia amica Greta venisse a prendermi, mi sono rifugiata al The Bakery ,un bar molto noto e spesso pieno.

Inutile dire che sono capitata allo stesso tavolo di Antonio credendo che fosse vuoto e alla fine ci siamo ritrovati a parlare, poco tempo dopo abbiamo iniziato a frequentarci.

Antonio è una persona meravigliosa, sempre con il sorriso sulle labbra e la battuta pronta, in questo periodo di quarantena ognuno di noi è confinato nelle proprie regioni.

Io mi trovo nel mio appartamento a Milano dove conviviamo da un mesetto, mentre lui è nella casa dei suoi genitori in Puglia; ogni sera facciamo una videochiamata, i suoi genitori passano a salutarmi e si accertano che io stia bene, per quanto riguarda me e Antonio chiacchieriamo e molto spesso ci ritroviamo a fare qualche gioco di società.

Un paio di giorni fa abbiamo giocato a indovina chi, ieri abbiamo optato per battaglia navale mentre per oggi è il turno di "Vero o falso", ci raccontiamo qualcosa di noi e l'altro deve capire se sta raccontando una cosa successa realmente o una bugia.

«In prima elementare ho recitato nel ruolo della fata Turchina» dico e Antonio rimane per un attimo a riflettere, dopo averci pensato per un po' il pilota afferma:«Falso»

«Vero» lo correggo e lui spalanca gli occhi, accusandomi di star dicendo una bugia perché non sono stata onesta e confabulando sul fatto che io non sono capace di recitare.

«Forse non so recitare ora, ma quando ero piccola ero bravissima. Dovevi vedermi» ridacchio e poco dopo mastico un paio di noccioline.

Odio questo lockdown, odio il fatto di non poter essere li con lui.

Odio non poterlo abbracciare, non poter sentire il suo profumo che mi inebria le narici e odio non poter sentire la sua risata che risuona tra le mura di casa nostra quando faccio una battuta.

Odio non poter giocare con i suoi capelli quando siamo abbracciati a guardare una serie tv, odio non poterlo baciare. I suoi baci mi mandano in estasi, non ne ho mai abbastanza.

«Mi manchi» bisbiglio allo schermo mentre tra di noi alleggia del silenzio, Antonio sorride dall'altra parte e afferma:«Anche tu mi manchi. Mi manca sentirti canticchiare le canzoni dei Queen la mattina quando prepari il caffè, mi manca quando discutiamo sul modo in cui pronunciamo alcune parole. Mi manca il tuo corpo accanto al mio, mi manca abbracciarti mentre dormi. Mi manca tutto di te T/N, ma ti giuro che non appena tutto questo finisce ti porto in un posto fantastico e facciamo tutto quello che vuoi»

Sorrido e se possibile il sorriso di Antonio diventa grande quanto quello di Daniel Ricciardo, rimaniamo a parlare ancora per un po', finché la madre di Antonio non lo richiama urlando e dicendogli che è pronta la cena.

«Devo andare, mamma ha cucinato la pasta alle cime di rapa. Quando torno te ne preparo una pentola di dimensioni industriali. Ti amo» mi saluta Antonio e io mormoro un ti amo tra le mie risate.

Una volta chiusa la chiamata, mi alzo in silenzio dalla sedia e mi dirigo in cucina per preparare qualcosa ma mi accorgo di avere il frigorifero quasi vuoto; rimane solo una porzione di prosciutto crudo e dell'acqua, prendo un pacchetto di cracker e mangio quella che non posso nemmeno definire cena.

******

«T/N! Ma ti vuoi muovere o devo venire a prenderti io?» ridacchia Antonio mentre io affanno nel raggiungerlo, giuro che se la prossima volta non mi avvisa di portare un paio di scarpe comode lo faccio dormire sul pavimento.

«Mio caro, vieni a prendermi. Credo di avere le vesciche ai piedi!» affermo e nel frattempo il pilota torna indietro e mi prende per mano mentre continuiamo nella salita sulla collinetta.

Il lockdown è finito i primi di settembre e non appena ne ho avuto l'occasione, ho preso il primo treno Frecciarossa e sono venuta in Puglia per fare una sorpresa ad Antonio.

Quando sono arrivata il pilota non era in casa e i suoi genitori mi hanno accolta dicendo che sarebbe arrivato poco dopo, ho atteso in salotto e non appena l'ho rivisto gli sono saltata addosso.

E finalmente, dopo essere stati distanti per sei mesi, ho potuto baciarlo; mi era mancato farlo. In quel momento, stretta tra le sue braccia e inebriata dal suo profumo, mi sono sentita a casa.

Una volta arrivati in cima alla collinetta, aiuto Antonio a stendere la coperta e preparo l'essenziale per goderci un pic-nic solo per noi due.

Mi siedo accanto ad Antonio e appoggio la testa sulla sua spalla, lui mi pone un braccio attorno alla vita e mi tira un po' più vicina a lui.

Mi era mancato stare così con Antonio, poter sentire il suo cuore che batte allo stesso ritmo del mio e inspirare il suo profumo.

Mangiamo i nostri panini in silenzio, mentre rimaniamo a osservare il mare; una volta che ho concluso il mio tramezzino, Antonio mi lascia un bacio sulla tempia e afferma:«Io ti amo, vero o falso?»

«Vero» dico sorridendo e baciandolo come non ho potuto fare per un po'.

Survive to drive || OSWhere stories live. Discover now