Il finto folle

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-Che ci fate qui?- Ero riuscita a fermare in tempo la mia mano, intenta a bussare alla porta di quella vecchia casa.
-Cosa ci fai tu qui?- Seguono infiniti secondi di silenzio, la scuola non avrebbe contattato persone esterne quindi come hanno fatto a sapere di questo caso? Una lampadina si illumina nella mia mente, seppur voglia ancora sperare di sbagliarmi.
-Chi vi ha dato questo indirizzo?- -Una ragazza, Alyce...- Risponde John, prima che possa dire il suo cognome, poco rilevante, io e mio padre Sherlock ci lanciamo un'occhiata che intuiamo all'istante, è proprio questo che ha iniziato a farci precipitare verso la Paddington Academy.
Noah e mio padre John restano indietro essendo gli unici a non aver ancora capito cosa stava succedendo, si guardano sperando che uno dei due spieghi all'altro la situazione, ma capiscono in fretta che è meglio scoprirlo seguendo noi.

Appena arriviamo tutti a destinazione notiamo un dettaglio che fino a prima non c'era, un grosso graffio sul vetro della porta d'ingresso, chiaramente un segno che sta ad indicare che la minaccia è giunta.
-John vai sul retro!- Esclama mio padre mentre entra con me all'interno della scuola, apparentemente deserta. Questo senso di solitudine viene scacciato da una serie di urli, poi un ultimo che riesce a zittire tutti.

Alyce era una complice, non la colpevole. Ha guadagnato tempo dandoci un indirizzo falso così che il suo amico si intrufolasse nella scuola indisturbato. Di chi si tratta è ancora sconosciuto.

Ci avviciniamo lentamente così da poter udire la conversazione del colpevole con le sue vittime.
Dal suo tono chiunque direbbe che si tratta di un pazzo, ma non noi. Agisce da folle perché sa che la follia terrorizza le persone comuni, è stato troppo perfetto nel non lasciare prove stanotte e quasi mi viene da pensare che si sia fatto aiutare da qualcun'altro per hackerare le telecamere di sicurezza.
Il ragazzo, di una ventina d'anni, agita un pugnale davanti le insegnanti. Sono tutte accucciate a terra, tranne la preside che tiene le mani di fronte a sé, facendo capire al ragazzo che aveva intenzione di parlare pacificamente.
-Pensa che parlando mio fratello potrà tornare in vita?!- Urla e, fintemente, inizia a tremargli la mano con la quale tiene il coltello.

-Fratello? Lui non aveva fratelli. Chi diavolo sei tu?- Dico avvicinandomi, con mio padre avevamo già concordato che mi sarei occupata io di questo caso e lui ripose fiducia in me.
-Non ti hanno parlato di me?- Ridacchia. La sala insegnanti è uguale a come l'avevo lasciata stamattina, questo rende la scena più paurosa per le professoresse, ma non per Sheryl Watson.

Nella sua cartella non compare, immagino che il padre abbia trovato una nuova compagna e lui sia suo figlio.

-Perché venire dopo cinque anni a cercare vendetta?- Gli chiedo mentre avanzo di un paio di passi.
-Un tuo caro amico mi ha fatto riflettere...- Lascia la frase in sospeso e poggia la lama del pugnale sulla mia guancia. -...in questa scuola ci sono tante cose che non vanno, sono qui per sistemarle.-
-Io. Non ho. Amici.- Scandisco bene le parole, avvicinandomi al suo viso.

-Tu sei una di quelle cose.-

Prima che lui si potesse rendere conto di quello che stava accadendo, la mia mano è finita sul suo polso e quest'ultimo dietro la sua schiena. Il pugnale è finito a terra, mentre il mio coltellino che tenevo dentro uno degli stivali è poggiato pericolosamente sul suo collo.
-Ti manda Moriarty?- Sussurro sperando che mio padre non mi abbia sentita.
-Questo è solo l'inizio.-
Mentre ciò stava avvenendo la preside si era affrettata a chiamare rinforzi, anche se ormai non aveva via di scampo.

Ha usato questo ragazzo come un messaggero, non era pronto a combattere quindi gli ha affidato questa missione recentemente.

I rinforzi non tardano ad arrivare e dopo dieci minuti il ragazzo è già seduto dentro la macchina della polizia.
Greg mi si avvicina e mi da un cerotto da mettere sulla guancia.
-Sei come tuo padre, cerca di non metterti nei guai.- Mi raccomanda, purtroppo sapendo già che mi era entrato da un orecchio e uscito da un altro.
Appena noto che tutti sono distratti, rientro nel luogo dove sono avvenuti i fatti. Come mi aspettavo, Kyle era seduto sul suo banco nonostante la classe fosse vuota e buia.
-Le tue manie di protagonismo. Bella l'idea di sfruttare un suo trauma per mandarmi un messaggio.- Dico poggiandomi sullo stipite della porta e guardandolo mentre si avvicina.
-Uscirà di prigione con i soldi che gli ho promesso, alla gente interessa solo questo Sheryl.- Poggia il pollice sul mio graffio.
Non so spiegare il motivo, ma per un momento non ho sentito l'ossigeno arrivare ai miei polmoni. In qualche modo il mio nemico riusciva sempre a confondermi, rimanendo così un passo avanti a me.
Per quanto ci possa riflettere la mia mente non è in grado di prevedere le sue mosse, nemmeno riesco a capire cosa ha mangiato a pranzo, devo ancora rimanere sulla difensiva.
Questi pensieri mi fanno ricordare quella sera in cui i miei padri mi raccontarono questa vicenda. Sherlock aveva lo sguardo perso, nonostante gli anni trascorsi non ha ancora accettato di essersi sentito una nullità.
Per questo non gli dirò di Kyle, non mi affiderebbe mai il caso e questo non posso permetterlo.

Senza dirci altro, io e Moriarty ci allontaniamo e in un attimo mi trovo davanti la scuola.
Ora manca la macchina della polizia, non posso fare altro che pensare a come lo farà uscire di prigione, o forse non risulterà mai colpevole grazie ad una minaccia, come fece ai tempi suo padre.

Daughter of a genius | ✒Where stories live. Discover now