19. Se esce testa

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Il sangue mi stava ribollendo nelle vene come lava incandescente.
Sentii il bisogno di allontanarmi da quella cazzo di palestra il più velocemente possibile, ficcandomi le cazzo di mani in tasca ed inspirando veleno al posto di ossigeno.

Tamaki Senpai dei miei cazzo di coglioni.

Sentii ogni centimetro del mio corpo fremere dalla rabbia, la vista offuscata. In quel momento ebbi la voglia di far saltare in aria l'intera scuola.
Mi allontanai a passo spedito, diretto verso la pineta, rimboccandomi le maniche della fottuta camicia nera.

Avevo la mente troppo offuscata per pensare alle motivazioni di quella rabbia incontrollabile che prese irrimediabilmente possesso di me.
L'unica cosa che in quel momento avevo in mente, era la schifosissima mano di Eijiro piazzata sul braccio di quell'avanzo, e nulla più.

Il mio passo accelerò frenetico verso la pineta. Avrei buttato giù ogni singolo, dannatissimo albero.

La nitroglicerina era oramai un odore perpetuo nelle mie narici, e non riuscii a percepire altro.

Tamaki.

Quel cazzo di fottuto, merdoso Tamaki.

Sentii un leggero ticchettio alle mie spalle, ma lo ignorai bellamente, un po' come tutto quello che non fosse rabbia pura proveniente dal centro del mio stomaco.

"E porca paletta!" sentii cinguettare nervosamente sempre dalle retrovie, ma questa volta mi voltai prontamente, come un cane rabbioso pronto ad azzannare la preda.

Un'imprecazione, una garanzia.

Nel bel mezzo della via c'era la cazzo di Kirby, intenta a sfilarsi la seconda scarpa con il tacco a spillo, bella come l'avevo lasciata alla festa, solo un po' più sudata.
Aveva i piedi scalzi a contatto col terreno, e correva goffa verso di me tentando di tenere il vestito pomposo alzato da terra.

"Bakugo-kun! Aspetta, diamine!" urlò ancora, costringendomi ad arrestare la mia camminata verso la distruzione completa della pineta della scuola.

"Non è il momento, faccia tonda." ringhiai cupo, riprendendo a passo spedito verso la mia unica e familiare valvola di sfogo: la violenza assoluta.

"Invece è proprio questo il momento!" squittì quella ancora, piovendo miracolosamente di fronte a me. Aveva attivato il cazzo di fastidiosissimo quirk.

Aveva il fiatone, le guance arrossate, e lo sguardo accigliato, quello che metteva su ogni volta si preoccupasse per qualcuno.

Razza di illusa.

"Ho detto che non è il momento." ribadii secco, scandendo per bene ogni parola.

Se non si fosse levata di mezzo l'avrei asfaltata con la prima delle potenti esplosioni che mi stavano ustionando le mani in quel momento.

"E io ho detto che è proprio questo il momento!" continuò lei, impettita e dura come il cazzo di muro.

I miei nervi non ressero la risposta.
Mi avvicinai pericolosamente al suo volto, con un vortice di rabbia in crescendo al centro del mio cervello, e lo sguardo assottigliato tipico dell'ultimo, ultimissimo, avvertimento.

"Uraraka, levati immediatamente da qui, altrimenti ti ammazzo".

Vidi il suo mento cedere in preda a frenetici tremolii.
Le sue guance tonde si arrossarono ancora di più, e giurai che per qualche secondo avesse addirittura smesso di respirare.

Hai esagerato, Katsuki.

Quella piccola testa di cazzo però non indietreggiò. Rimase nella stessa identica posizione, e mi piantò gli iridi accusatori addosso, lanciando sul mio umore incendiato qualcosa che somigliò irrimediabilmente ad una secchiata d'acqua gelata.

A voce bassa - Kiribaku/BakushimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora