29. Morse

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Quando aprii gli occhi quella cazzo di mattina, successe ciò che mai e poi mai mi sarei aspettato.

Io.
Il petto caldo di Capelli di Merda.
Le sue braccia forti strette su di me.
La sveglia sul comodino.

Ed entrambe le maledette lancette sul numero 8.

"PORCA TROIA, KIRISHIMA!" sbraitai schizzando fuori dal letto come un grillo impazzito.

Il Rosso, svegliato di soprassalto con i capelli arruffati ed il terrore dipinto negli occhi, mi imitò.

"DOV'È?! DOV'È IL RAGNO?" rispose più rincoglionito di un tubo.

Ero sveglio da nemmeno un fottuto minuto ed avevo già esaurito tutta la mia cazzo di pazienza.

"NON C'È NESSUN CAZZO DI RAGNO, TESTA DI MERDA, SIAMO IN RITARDO PER LE LEZIONI!" urlai al limite della sopportazione, ficcandomi addosso la divisa, noncurante dello sguardo spaesato e malizioso del Rosso puntato su di me.

Quel cretino stava ancora dormendo.

"Lezione? Quale lez.. Oh cazzo!"

Da quel momento in poi, fu il panico più totale.

Aizawa ci avrebbe sicuramente ammazzati.

Vidi Kirishima destreggiarsi abilmente in quella situazione, mentre io stavo annegando nel panico più totale.

Non era mai successo.
Non a me.

Io ero Katsuki Bakugo, e vivevo con un orologio svizzero piantato nel culo.

"COME CAZZO È POTUTO ACCADERE?!" urlai calciando con prepotenza l'anta mezza aperta dell'armadio per richiuderla.

Quando mi voltai, vidi il Rosso seduto con le chiappe sul mio letto, intento a contemplare il pavimento ad occhi chiusi.

Io ero già pronto, e quel mentecatto si stava riaddormentando in piedi.

Le mie corde vocali mi avrebbero abbandonato quel giorno, era una certezza più che un presentimento.

"DANNATO COGLIONE, COSA CAZZO STAI FACENDO?!"

Quello balzò in aria per la seconda volta, rivolgendomi un luminoso sorriso che spense parte della mia ira funesta.

Si passò una mano tra i capelli imbarazzato, aprendo la fogna per parlare ma tenendo gli occhi chiusi.

"Baku.. Se non mangio io non funziono!" esclamò con la bocca ancora impastata di sonno.

"DANNAZIONE!" urlai fuori dai gangheri, infilandomi le scarpe ed aprendo la porta.

"Hai quindici secondi per raggiungere la cucina. Ti aspetto lì. Se fai tardi ti ammazzo con le mie mani. E poi ti ammazzo di nuovo per sicurezza".

Pronunciate tali parole, mi fiondai incazzato come un cinghiale a preparare il caffè.

Perché non ero andato a lezione senza di lui?

Perché diamine mi ostinavo a vivere come se fossi stato la sua cazzo di madre?

Il fottuto ritardatario impiegò ben più di quindici secondi a portare le chiappe in cucina, ma me lo feci andar bene comunque.

Dopo che mangiò ed assunse le medicine, lo trascinai con la stessa foga di un maratoneta in aula, la cui cattedra era ovviamente nelle mani della mummia di merda.

Entrammo di soppiatto mentre il bastardo era intento a scrivere velocemente alla lavagna.
Parlò senza nemmeno voltarsi, sparando le sue parole fulminee come proiettili.

A voce bassa - Kiribaku/BakushimaWhere stories live. Discover now