27. Cuor di Cacao

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Rimasi al fianco di Capelli di Merda ogni notte per una manciata di giorni. Il mio cazzo di culo aveva oramai preso la forma del fottuto sgabello, ma non osai lamentarmi.

Era quello il mio unico posto. Nessun altro luogo sarebbe andato bene.

Avrei voluto vedere Kirishima tornare come quello di un tempo, in piedi sulle sue cazzo di gambe.

Dal canto suo, il Rosso, mise tutto sé stesso per non far pesare a nessuno tutta quella situazione di merda.
Sorrideva, scherzava, e non lasciò trapelare nemmeno un velo di tristezza, di sconforto. Niente di niente.

Immobilizzato ad un letto, ed incapace di confessarmi quanto cazzo stesse soffrendo.

Nemmeno io avrei potuto capirlo per davvero. Mi limitai a rimanere al suo fianco, e a stringere le sue dannatissime mani ogni qualvolta ne avesse avuto bisogno.

Ero stato un pessimo amico, e giurai ad entrambi che non sarei scappato mai più.

Avevo intenzione di mantenere quella dannata promessa.

Era sabato mattina, quando lasciai la stanza di Kirishima, diretto verso casa mia.

Capelli di Merda riposava ancora. Aveva trascorso tutta la cazzo di notte a raccontarmi per l'ennesima volta il suo fottuto incontro con Crimson Riot.

Se non altro qualcosa di buono l'avevo combinato.
Se fossi stato ancora un membro della UA, rubare il telefono ad All Might per spararmi gli emeriti cazzi miei mi sarebbe costato una punizione esemplare.
Ma non era più un mio fottuto problema.

E a me andava davvero bene così.

Non riuscii a decifrare con chiarezza tutti i miei sentimenti. In seguito agli ultimi avvenimenti ero davvero allo stremo delle forze, ed avevo forse bisogno di un po' di tempo per ricaricare le batterie e riordinare i pensieri e gli obiettivi futuri.

Prima di concedermi una sana dormita ristoratrice, avrei però dovuto portare via le mie cose dal cazzo di dormitorio, anticipando così la chiamata di quel bastardo di Aizawa.

Fui sorpreso di ritrovarlo ad un palmo dal mio viso, una volta fuori dall'ospedale, con una busta bianca e completamente anonima in mano.

"Buongiorno, Bakugo." sussurrò scrutandomi.

Alzai le spalle trovo, con il dente ancora avvelenato e una rabbia incontrollabile che iniziò a gorgogliare dal fondo del mio stomaco.

Non aveva senso prendersela con quel pezzo di merda. Il dado era oramai tratto. Le lezioni sarebbero finalmente ricominciate il lunedì seguente, dopo la lunga pausa dovuta all'incidente, ed io non sarei più stato parte della sezione A.

Sbuffai irritato, superando il sensei e continuando a camminare svelto verso la fermata dell'autobus.

La voce della mummia alle mie spalle mise fine alla mia marcia furibonda.

"Bakugo, fermati".

L'uomo mi raggiunse lento, porgendomi la busta bianca ed inarcando un sopracciglio.

"Che cazzo di roba è?"

"Il linguaggio, Bakugo".

Sbuffai ancora, senza più pormi domande ed accettando il sacchetto anonimo.
Quando lo aprii, fui sorpreso di estrarre, lavata e stirata, la mia felpa della UA, quella che avevo scaraventato per terra il giorno dell'incidente di Kirishkma.

Alzai interrogativo lo sguardo verso Aizawa.

"Non deve ricapitare mai più, lo hai capito, Bakugo?" sussurrò.

A voce bassa - Kiribaku/BakushimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora